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L’attrice-mito Meryl Streep spegne settanta candeline

LOS ANGELES. Meryl Streep, l’attrice più premiata e osannata della sua generazione festeggia oggi – 22 giugno – il traguardo dei settanta anni: una carriera straordinaria che, dal sogno iniziale di sfondare nel mondo della lirica, l’ha vista diventare una delle icone più famose del grande schermo. I riconoscimenti sono stati solo la logica conseguenza delle sue sensazionali interpretazioni: Meryl Streep detiene il record di 31 candidature ai Golden Globe (9 vittorie) e ai Premi Oscar, 21 in totale, più di ogni altro attore o attrice nella storia. Nessuno come lei. La serie infinita di candidature agli Oscar parte con “Il Cacciatore” (1978), il suo secondo film in assoluto che già le vale la nomination come miglior attrice non protagonista.

“Meryl è un orologio. Qualsiasi ruolo è in grado di interpretarlo come una macchina” diceva il compagno di lavoro e fidanzato dell’epoca John Cazale. Già si intuisce il modus operandi di Meryl Streep, interprete diligente al limite del maniacale. L’anno dopo viene premiata con l’Oscar per la sua interpretazione in “Kramer contro Kramer” al fianco di Dustin Hoffman. Nel 1981 la rivista Rolling Stone la soprannomina “Signora della recitazione” per il suo perfezionismo, anche nei diversi accenti da utilizzare. Le servono cinque mesi per imparare il polacco, il tedesco e rivivere il campo di concentramento per il film “La scelta di Sophie”, che le vale il secondo Oscar, stavolta da attrice protagonista. Poi l’acquisizione dell’accento inglese ne “La donna del tenente francese”, segue quello danese di Karen Blixen de “La mia Africa”, infine quello australiano della mamma che afferma di avere visto un dingo entrare nella tenda e portare via sua figlia (“Un grido nella notte”).

Viso ovale, naso lungo e sottile, occhi penetranti: una bellezza anticonvenzionale che ha sempre caratterizzato ogni suo ruolo. Non tutti sanno, è stata lei stessa a raccontarlo, che nel 1975 fu rifiutata da Dino De Laurentiis per la parte di protagonista nel film King Kong: il produttore l’aveva giudicata troppo brutta. Ma il suo carattere serio, rispettabile e lontano dal gossip le permette di fare tutto. Dal tema della tossicodipendenza in “Cartoline dall’inferno” a quello della malattia del cancro in “La voce dell’amore”, dalla hippie quasi sessantenne in “Mamma mia” all’imponente presenza della cuoca Julia Child in “Julie & Julia”: le sue doti camaleontiche la fanno diventare pian piano tra le attrici più amate dal pubblico. Nel corso degli anni è l’operaia di un impianto nucleare che denuncia le pessime condizioni di lavoro nel biografico “Silkwood” (1983) di Mike Nichols, la tranquilla ed affettuosa moglie e madre con il ricordo di un grande amore nell’intenso “I ponti di Madison County” (1995) di (e con) Clint Eastwood, l’insegnante di violino ne “La musica del cuore” (1998) di Wes Craven. Entrati nel nuovo secolo, è con “Il diavolo veste Prada” che diventa popolarissima: col personaggio di Miranda Priestly, Meryl diventa un gigante mainstream.

Meryl Streep e Tom Hanks

Il suo perfezionismo tecnico paga ancora nel ruolo della capa disumana da cui emergono tracce di insoddisfazione e, forse, anche un cuore. Dopo la popolarità, torna a vincere a 29 anni di distanza l’Oscar con “The Iron Lady”, il film sulla vita di Margaret Thatcher, in uno dei ruoli che più le si addicono: la donna severa di facciata che nasconde una profonda sensibilità. L’ultima candidatura arriva con “The Post”, in cui Meryl Streep interpreta Katherine Graham, la prima editrice donna del Washington Post. Ora l’ennesima sfida: la serie tv “Big Little Lies 2” nel ruolo della suocera di Nicole Kidman. A 70 anni, bisogna ancora capire cosa Meryl Streep non sappia interpretare. E scusate, se è poco!

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