• 11 Ottobre 2024
  • LAVORO

Lo scandalo dei tirocini in Italia: non funzionano e sfruttano i lavoratori

L'appello di Oreste Lauria, portavoce dei tirocinanti della Regione Sicilia: "Ci uniamo a tutti i tirocinanti d’Italia nel chiedere al governo misure serie ed efficaci a favore dell’occupazione"

C’è una riforma approvata ben 24 anni fa, il 24 giugno 1997, creata con l’intento di favorire il passaggio dall’istruzione al mondo del lavoro dei giovani e meno giovani in cerca di occupazione, mentre al contrario si è rivelata un semplice mezzo per sfruttare la manodopera a costi irrisori, se non quasi nulli. La riforma in questione fa parte del cosiddetto ‘Pacchetto Treu‘ che per la prima volta in Italia ha regolamentato i tirocini, conosciuti anche come stage.

In sostanza lo stage è un rapporto tra tre soggetti: il tirocinante, l’azienda ospitante ed l’ente promotore. Quest’ultimo deve garantire la presenza di un tutor come responsabile didattico-organizzativo delle attività. Anche le aziende ospitanti sono chiamate ad indicare un responsabile aziendale di riferimento per il tirocinante.

Il numero massimo dei tirocinanti dipende dal numero dei dipendenti assunti nell’azienda: fino a 5 dipendenti si ha la possibilità di richiedere un solo tirocinante, da 6 a 19 dipendenti due tirocinanti e da 20 dipendenti in su fino a un massimo pari al 10% del totale dei dipendenti a tempo indeterminato.

Il problema è che nonostante l’intento della legge fosse quello di agevolare le scelte professionali dello studente e potergli permettere di mettere in pratica tutto ciò che è stato appreso tra i banchi di scuola molti imprenditori hanno utilizzato questo strumento con il solo e unico fine di avere a disposizione lavoratori sottopagati, in alcuni casi non sono stati nemmeno pagati, da sfruttare per un periodo di tempo limitato. E terminato il rapporto con un tirocinante l’azienda può prenderne in carico un altro perpetuando all’infinito un sistema che crea povertà e disuguaglianze.

Il contenimento dei costi delle aziende a discapito dei tirocinanti

Non è un mistero affermare che nel recente passato si siano susseguite una serie di crisi economiche che hanno minato la stabilità dell’economia italiana e mondiale, circostanze che hanno messo in ginocchio numerose aziende operanti in svariati settori economici, non ultima la crisi scaturita a seguito della diffusione della pandemia. È quindi comprensibile che le aziende cerchino un modo per contenere i costi e non dover chiudere i battenti, ma non a discapito di coloro i quali sono alla ricerca di occupazione e che proprio attraverso l’ingresso nel mondo del lavoro potrebbero contribuire a sostenere l’economia nazionale.

Oreste Lauria - Tirocini
Oreste Lauria portavoce dei tirocinanti siciliani ammessi all’Avviso 22 (Facebook)

Oreste Lauria: “Il governo metta in atto misure efficaci per favorire l’occupazione”

A 24 anni dal concepimento della riforma sui tirocini è arrivato il momento che il governo affronti la questione in maniera appropriata e studi delle modifiche che tutelino seriamente gli stagisti. Sulla questione è intervenuto sul nostro quotidiano Oreste Lauria, portavoce degli ammessi al bando ‘Avviso 22‘, ovvero i tirocinanti della Regione Sicilia. “Noi siamo i tirocinanti della regione Sicilia – esordisce Lauria – e ci uniamo a tutti i tirocinanti d’Italia, nel chiedere al governo e alle regioni misure serie ed efficaci a favore dell’occupazione. Ma soprattutto vogliamo rispetto e ricevere i pagamenti che ci spettano nei tempi dovuti”.

Cos’è l’Avviso 22?

L’Avviso 22 del 2018 è un bando emanato dalla Regione Sicilia che attraverso un Fondo sociale europeo da 25 milioni di euro permetteva ai disoccupati siciliani (giovani, adulti e disabili) di poter svolgere tirocini in aziende siciliane. Inoltre sono stati stanziati ulteriori 5 milioni di euro di bonus nel caso in cui le aziende decidessero di assumere i tirocinanti.

Anche questa iniziativa, nonostante gli ottimi presupposti, si è rivelata l’ennesimo flop: in tre anni sono stati ammessi oltre 6mila tirocinanti che avrebbero dovuto percepire un rimborso spese di 500 euro al mese, ma ne sono stati pagati solo 1.300, molti dei quali non hanno nemmeno ricevuto l’intero indennizzo.

Tirocini = lavoratori a costo zero

Sul caso dell’Avviso 22 e più in generale sulla situazione italiana Oreste Lauria denuncia quella che ormai è diventata una consuetudine diffusa in tutto il Paese: “Da più parti, ormai da troppo tempo, arrivano inascoltate le voci dei tanti italiani che hanno deciso di aderire ai tirocini. Da troppo tempo più voci denunciano che questa misura, creata a detta del governo, per favorire l’occupazione giovanile e meno giovanile, nella triste ed evidente realtà si è dimostrata una misura che avvantaggia le aziende che utilizzano personale a costo zero e che hanno facoltà, finito un tirocinio, di liquidare un tirocinante e prenderne in carico un altro.”

Secondo il portavoce dei tirocinanti siciliani il problema più rilevante è che esempi come quello siciliano dimostrano come il tirocinio non funzioni nella maniera in cui è stato concepito: “Oltre ai tanti lati oscuri già citati in questa vicenda, altra cosa inspiegabile il fatto che nessuna azienda abbia assunto alcun tirocinante, nonostante le note di merito emesse per il servizio svolto positivamente e soprattutto il fatto che la Regione Sicilia, attraverso fondi europei, avrebbe garantito a tali aziende un bonus occupazionale di 14.000 € e uno sgravio fiscale garantito per 5 anni”.

“I tirocinanti non chiedono sostegni economici ma che gli venga riconosciuto il pagamento del lavoro svolto”

Invece di creare un’opportunità il bando siciliano ha peggiorato lo stato di povertà, acutizzato dal lockdown iniziato a marzo del 2020: “Ci sono persone che attendono i rimborsi da più di un anno. Troppe scuse e giustificazioni per ritardi che non hanno scuse né giustificazione alcuna, per gente che senza un reddito, ha anticipato sei mesi di spese e si è ritrovata alla fine anche senza nessun contratto”.

I tirocinanti sono allo stremo – conclude Lauria – non chiedono sostegni economici o elemosina ma hanno diritto come lavoratori e soprattutto come esseri umani e ancora come cittadini di una nazione che ha il diritto al lavoro nella sua costituzione, hanno diritto ripeto, al pagamento per il lavoro svolto. Hanno diritto a che questi pagamenti avvengano nei tempi previsti dal bando e che le amministrazioni regionali mettano in campo tutto il personale necessario per completare urgentemente i pagamenti. È necessario e non più procrastinabile”.

Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

Una risposta a “Lo scandalo dei tirocini in Italia: non funzionano e sfruttano i lavoratori”

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