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Il business dell’obsolescenza programmata

Il valore dei beni contro il potere del consumismo. Ancora proviamo sconcerto quando un qualsiasi elettrodomestico smette di funzionare.

Ancora proviamo sconcerto quando un qualsiasi elettrodomestico smette di funzionare. Viviamo la situazione come un vero e proprio abbandono e vista la nostra dipendenza da troppi oggetti divenuti indispensabili per vivere – tutti, senza alcuna esclusione – ci ritroviamo spaesati ed in preda a situazioni di ansia ingiustificabili.

Ma come siamo arrivati a questo? Semplice: vivendo. Perché se la nostra lavatrice ha un guasto ed ha più di 6/7 anni ci hanno insegnato che è più conveniente comprarne una nuova. Nella realtà dei fatti non è così ma lo sfrenato consumismo vuole e ci impone di acquistarne un’altra. I pezzi di ricambio, come ad esempio la scheda madre da cui dipende la maggior parte dei nostri elettrodomestici, costa un occhio della testa ed aggiustare, compresa l’uscita del tecnico specializzato, non conviene. Così dicono gli esperti e noi siamo obbligati a crederci.

Questo cosa significa? Che se hai fatto un trasloco ed hai acquistato elettrodomestici nuovi più di 5 anni fa, hai un effettivo capitale a rischio: può succedere infatti, da un momento all’altro che si rompano tutti, si spera non contemporaneamente e a quel punto il danno economico si rivela consistente. Il tecnico in questione ci tranquillizza dicendo che a differenza di una volta comprare un elettrodomestico importante come un frigorifero o una lavastoviglie costa meno ed i nuovi ritrovati consumano minor energia, quindi ci convinciamo quasi che sia conveniente.

Ma la verità non è questa

Come ogni situazione odierna, tutto ha origine nel tempo. Fu il 1924, quando venne costituito il cosiddetto cartello Phoebus, cioè un accordo annunciato tra i produttori di lampadine elettriche, che decise, al fine di incrementarne la produzione, di accorciare la vita delle stesse a mille ore, decretando così il tempo massimo della loro durata.Nessuno si scandalizzò, ai tempi, ma come sempre tutto è degenerato, quindi ci ritroviamo oggi a dover sopportare e supportare economicamente i produttori di qualsivoglia bene di cui, purtroppo, necessitiamo, in nome del consumismo più forsennato.

Per questo motivo nessun produttore si vergogna ad ammettere che il bene prodotto dalla sua fabbrica è stato progettato per durare un tot di anni, che sembra accorciarsi sempre più.


D’altro canto possiamo non pensare ai danni ambientali che sorgono da questa pratica? L’aumento dei rifiuti diventa insostenibile ed ecco perché ad oggi, nel nostro Paese esistono in Parlamento ben tre proposte di legge che dovrebbero tutelare noi consumatori, garantendoci un utilizzo dei beni che passa dai 2 ai 5 anni, per arrivare a 10 anni se si tratta di prodotti di grandi dimensioni. Inoltre il costo dei ricambi deve essere proporzionato a quello della vendita e le riparazioni devono avere costi accessibili per poterci permettere di aggiustare, prima di buttare.

In Italia siamo in ritardo come sempre, ma l’importante, si sa, è cominciare.

Cristina Baron

Nata a Brescia, a 18 anni mi sono trasferita a Londra per un periodo. Al ritorno ho conseguito a Milano la laurea in Scienze Politiche con indirizzo internazionale pubblicistico. Vivo a Torino da 30 anni ed ho un figlio. Mi sono sempre occupata di scrittura anche ricoprendo ruoli imprenditoriali. Ho scritto e pubblicato due romanzi e ne ho altri nel cassetto. Il mio lavoro, la mia vita sono da sempre accompagnati da incessante curiosità ed inguaribile passione.

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