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Folla a Torino per le frecce tricolori: stress test involontario o assurda imprudenza?

Ieri le Frecce Tricolore hanno dato ufficialmente inizio al programma di esibizioni nei cieli di 21 città, dal 25 al 29 maggio, iniziativa che sancisce l’inizio delle celebrazioni per il 74esimo anniversario della nascita della Repubblica italiana e che culminerà con la Festa della Repubblica, celebrata come ogni anno dal 1946 ad oggi, il 2 giugno.

La Pattuglia acrobatica nazionale (PAN) ha attraversato e continuerà a sorvolare i cieli di 20 capoluoghi di regione e i loro principali luoghi luoghi simbolo, con l’aggiunta di due tappe particolari: Loreto, in occasione della tappa di Ancona prevista per venerdì mattina, dove ha sede l’omonimo santuario della Madonna protettrice dell’Arma Azzurra e Codogno, il cui passaggio è avvenuto ieri, prima zona rossa dell’emergenza Coronavirus. Mentre il 2 giugno l’evento culminerà con il passaggio sui cieli della capitale.

torino frecce tricolori

Grazie a questo percorso nel giro di 5 giorni le Frecce Tricolori abbracceranno simbolicamente tutto il Paese in segno di unità, solidarietà, speranza e ripresa. Un messaggio rivolto soprattutto nei confronti di chi ha affrontato e sta affrontando la lotta contro il Covid-19.

Un appello simbolico che purtroppo è arrivato distorto ad alcune persone, sopratutto ai torinesi che ieri pomeriggio si sono riversati tra via Po, piazza Vittorio Veneto, Ponte Vittorio Emanuele II e sulle scalinate Gran Madre, chiesa tra le più famose in città. Un’orda di persone che hanno letteralmente preso d’assalto la zona a ridosso dei Murazzi e del fiume Po, neanche si trattasse della celebrazione di San Giovanni Battista, patrono di Torino.

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Molti sono rimasti basiti dall’atteggiamento sprezzante del pericolo, e sopratutto delle norme di distanziamento sociale varate dal governo, senza considerare le numerose immagini che ritraevano molte persone con mascherine abbassate se non addirittura indossate intorno al braccio quasi si trattasse di una fascia da capitano.

È un dato di fatto che indossare i panni dello sceriffo e condannare aspramente l’accaduto non piaccia a nessuno, sopratutto risulta urticante a chi è stato protagonista della mancanza o colori i quali non vedono in questa situazione un possibile pericolo. In alcuni casi bisognerebbe fare lo sforzo di trovare il risvolto positivo di un fatto ormai accaduto e dal quale non si può più tornare indietro (a meno che non si possieda la DeLorean DMC-12 di “Ritorno al futuro“).

Ha tentato l’impresa di trovare il lato positivo della vicenda Roberto Testi, presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’Unità di Crisi della Regione Piemonte, che ha affermato: “Torino ieri, con il formarsi di assembramenti spontanei in centro per assistere alle Frecce Tricolori ha fatto una sorta di stress test involontario, se fra 15 giorni non assisteremo ad un forte aumento dei contagi sarà un buon segnale, vorrà dire che il virus circola meno o qualcosa del genere. Sarebbe davvero di buon auspicio anche in previsione delle prossime future riaperture dell’autunno“.

Ma la domanda che mi sorge spontanea è un’altra: tra 15 giorni, 1 mese, 6 mesi, 1 anno, riusciremo una benedetta volta a capire che adottare le misure di sicurezza non è un atto che lede la nostra libertà personale ma è un gesto di grande generosità nei confronti di chi è potenzialmente più debole? È un’assurdità pensare di onorare coloro i quali hanno combattuto contro il virus e non ce l’hanno fatta? È un’eresia dimostrare rispetto per chi ha sconfitto il Coronavirus o chi proprio in questo momento sta lottando tra la vita e la morte?

La voglia di riprendere in mano la nostra vita, il desiderio della socialità, del ritorno alla normalità non deve mai essere condannato. Ma l’uso improprio delle proprie facoltà mentali, se se ne ha il pieno possesso e con il massimo rispetto per chi soffre a causa di patologie legate alla sfera psicologica, dovrebbe essere condannato moralmente. Perché gli assembramenti di ieri, a mio avviso una assurda imprudenza, rappresentano l’intento opposto di quello delle Frecce Tricolore. E questo è un dato di fatto.

E dopo questa sparata da sceriffo torinese passo e chiudo.

Carlo Saccomando

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Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

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