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Padre Paolo Dall’Oglio, sei lunghi anni di silenzio dopo il rapimento

ROMA. Il sequestro di padre Paolo Dall’Oglio, avvenuto a Raqqa il 29 luglio del 2013, è stato oggetto di numerose inchieste e ricerche giornalistiche. Tutte accurate, anche appassionate, e convergenti su un fatto testimoniato anche da chi lo accompagnava: Dall’Oglio entrò dopo aver chiesto inutilmente un appuntamento nella sede dell’Isis e di lì in avanti di lui non si seppe più nulla. Non  vi è stata neanche una rivendicazione. Dunque un sequestro, certo, ma a seguito del suo spontaneo ingresso in quella sede, ex palazzo del governatorato di Raqqa. C’è però una coincidenza strana. La sera del 27 luglio del 2013 il suo account twitter venne hackerato.  “Sono sei anni che non siamo riusciti a sapere nulla, è vero che è stato rapito in una zona di guerra ma alcune zone sono state ormai liberate dal novembre 2017”.

Così, Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano scomparso in Siria ormai sei anni fa, con la voce rotta dal pianto, è intervenuta in una conferenza stampa nell’anniversario della sparizione. “Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né vivo, né morto. Si poteva fare molto di più e vorremmo anche capire il giallo della sua valigia ritrovata col portafogli”. Già un anno fa, dopo la liberazione di Raqqah, la famiglia di padre Dall’Oglio aveva fatto appello affinché si potesse indagare nei luoghi della sparizione del loro congiunto. “Nel 2013 – ha detto la sorella Francesca – l’Isis non era ancora nato, forse ci si poteva andare a Raqqah a sapere qualcosa. Ora – ha sottolineato – Raqqah è occupata dai nostri alleati della Nato, ma a noi solo rassicurazioni verbali che si sta lavorando per arrivare a una verità”. “Siamo rientrati in possesso – ha quindi rivelato – dei beni personali di Paolo, una piccola valigia che ha lasciato a Raqqah, solo nel 2018, quando era in possesso degli investigatori in Italia dal luglio 2014. Ci siamo arrivati da soli, bastava che ci dicessero che qualcosa di Paolo c’era in Italia. Che cosa c’era dentro? Il suo zucchetto, il suo portafoglio, qualcosa che ha potuto vedere la sua mamma e i suoi fratelli”. Francesca ha ricordato che Dall’Oglio era un cittadino italiano. Quindi, ha risposto alla domanda se pensa che ci sia un collegamento tra la lettera di papa Francesco al presidente siriano Assad sulla situazione umanitaria di Idlib in cui c’è anche un riferimento al tema dei prigionieri politici, e la vicenda del fratello: “Non sappiamo, la lettera del Papa per noi è un appiglio, una speranza”. Il 19 novembre dello scorso anno, cioè in occasione del compleanno del gesuita romano,  il quotidiano cattolico francese La Croix ha pubblicato una lunga inchiesta durata anni di Jeremy André ed ha scritto che, in modo abbastanza rocambolesco, la valigia con gli effetti personali di Paolo fu fatta giungere all’ambasciata d’Italia a Parigi. Sempre secondo la Croix però la valigia giunse a Roma e venne consegnata a chi di dovere ben quattro anni dopo e tra gli effetti personali del gesuita vi erano i suoi sistemi di comunicazione e scrittura. Questo risvolto ne comprende un altro: è vero che Paolo portava con sé una lettera delle autorità del Kurdistan iracheno per capi dell’Isis? Lo ha affermato il dottor Muhammad al Saleh, che ospitava padre Paolo a Raqqa. La persona che ha portato i suoi effetti personali a Parigi ha detto di aver guardato tra le carte del sacerdote e di non aver trovato traccia di questa missiva, il che può non sorprendere, ma chi ha avuto i suoi effetti personali per quattro anni potrebbe saperne di più. Si parla molto poi della possibilità che il corpo di Paolo sia in qualcuna delle agghiaccianti fosse comuni che da sempre si sa costellare l’area di Raqqa, fosse comuni imputabili indubitabilmente all’Isis. Ma per identificare e dare una degna sepoltura a coloro che si trovano in quelle fossi comuni risulta che in anni sia stato fatto poco o nulla dalla comunità internazionale. 

Giuseppe Muri

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Giuseppe Muri

Giornalista pubblicista dagli Anni Ottanta, si occupa di cronaca e di costume. Ha lavorato per un lungo periodo nelle redazioni di testate locali piemontesi. Appassionato di storia, ha svolto alcune inchieste legate a fatti importanti che hanno caratterizzato il Novecento italiano.

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