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Papa Francesco in Iraq: si avvera il sogno di Giovanni Paolo II

Domani il Papa si recherà in visita per tre giorni in Iraq e porterà la sua solidarietà a quelle popolazioni. A questo pontefice tocca il compito di realizzare un sogno che fu di un suo predecessore: Giovanni Paolo II.

Karol Józef Wojtyła non solo desiderò visitare la Mesopotamia, ma usò tutte le risorse diplomatiche per porre le premesse di un evento che oggi finalmente, suscitando tante aspettative per il futuro, viene realizzato.

Il pontefice “venuto da lontano”, che aveva sempre seguito le vicende irachene con molta attenzione e con grande sofferenza, vedeva in questi territori un’area strategica per la pace.

Questo pontefice non solo va ricordato per una sua precisa e categorica condanna della guerra – avendo sostenuto con coraggio meritevole di attenzione che non esistono guerre giuste e guerre ingiuste – ma va ricordato anche per una sua visione molto importante che lo portava a dichiarare che la pace nella Mesopotamia è garanzia della pace nel Mediterraneo.

Senza la pace nella zona tra il Tigri e l’Eufrate non può esistere la pace nel Mare Nostrum. La visione del Papa polacco, ovviamente con gli opportuni adeguamenti temporali, è anche quella di Francesco che finalmente riesce ad attuare, perché ci sono ora le condizioni storiche, il sogno del suo predecessore.

La premessa culturale di Papa Francesco

Ho già espresso in qualche altra circostanza quanto sto per scrivere, ma desidero ripeterlo perché a mio avviso rappresenta la chiave di lettura del pensiero di Bergoglio: la sua idea di fratellanza.

Viviamo in un periodo che ancora proclama, seguendo la filosofia dell’Illuminismo, i tre valori fondamentali dell’individuo – forse meglio del cittadino – legati alla Rivoluzione Francese: libertà, uguaglianza e fraternità. Si tratta di tre valori che rappresentano obiettivi da raggiungere.

Per Papa Francesco il terzo valore, la fratellanza, non è un obiettivo da realizzare; è invece la caratteristica di ogni persona, è la componente dell’uomo, che lo deve guidare nella sua azione quotidiana. Non bisogna lavorare insieme per diventare fratelli, dobbiamo lavorare insieme perché si è fratelli.

Non solo, per Francesco questa fratellanza – e preferisco questo termine perché lo ritengo più preciso rispetto alla parola fraternità – permette di cogliere, di accettare e di valutare in termini positivi anche le differenze tra le persone.

Partendo pertanto da questa premessa, è possibile dare un significato sostanzialmente corretto al viaggio del Papa e cogliere fino in fondo il carattere specifico del suo gesto, eliminando, tra le altre cose, anche qualche critica mossa, non sempre in buona fede, al pontefice che in questa sua missione ha voluto vedere un’opera di proselitismo, in altre parole un intervento per aumentare il numero di fedeli cristiani.

Sostenere questo significa invece non cogliere il vero significato che viene anche dal richiamo che il vescovo di Roma ha voluto fare citando Abramo, che proprio da Ur trae le sue origini diventando il capostipite di tre popoli, non di tre religioni, come spesso si sostiene. Dal Patriarca hanno ereditato la fede, che è il vero bene comune.

In altre parole hanno come punto di riferimento la fede di chi ha creduto nell’ordine dato da Dio. Francesco, quindi, si propone di portare la fede fraterna, accettando e rispettando le differenze, con la convinzione però che una collaborazione può essere utile a costruire una società nuova in una terra martoriata come quella dell’Iraq, di una società basata sulla cooperazione, sul rispetto della vita, sull’attenzione per l’ambiente con un ulteriore preciso obiettivo: raggiungere la pace e la stabilità, porre fine a disaccordi, ai conflitti e alle guerre assurde.

Papa Francesco
Mosul attende Papa Francesco (Twitter Don Lazzara)

Il primo obiettivo del viaggio

Da un punto di vista generale si può subito affermare che la presenza del papa in Iraq è un atto di solidarietà per i cristiani di queste terre. Sono una minoranza e molte volte sono una minoranza minacciata proprio per la loro religione.

Nel passato molti cristiani iracheni sono stati costretti a fuggire dalla loro patria in conseguenza di minacce religiose oppure a terribili azioni di violenza perpetrate dall’ISIS. Questi cristiani si sono creati un’altra vita in territori più ospitali dell’Occidente e non pensano più al ritorno.

Le poche centinaia di migliaia di cristiani rimasti, certamente, possono trovare nella presenza del Papa in Iraq la prova di essere figli della Chiesa e partecipi quindi della comunità dei fedeli. Francesco va in queste aree proprio per dare forte segnale e dire ai credenti dell’Iraq che non sono soli.

A tal proposito è stata anche mossa al Pontefice una neppure tanto velata accusa: alcuni movimenti culturali hanno valutato troppo debole l’azione di Francesco, perché avrebbe dovuto prendere posizione per far rientrare questi cristiani fuggiti e si sarebbe dovuto attivare per permettere loro di recuperare i beni lasciati in Iraq.

Tutto questo non è sostanzialmente accettabile e, con forza, è stato anche respinto dai cristiani iracheni che, con le loro autorità religiose, hanno ribadito in modo efficace che il papa in Iraq va non per sostituirsi alle autorità politiche del luogo, ma come messaggero di solidarietà e di pace.

Qualsiasi suo intervento per caldeggiare il rientro degli iracheni fuggitivi o per il recupero dei loro beni sarebbe stata un’azione politica fuori dal contesto di questo viaggio.

Il secondo obiettivo: il dialogo con i mussulmani

Un ulteriore obiettivo, importante come il precedente, è il dialogo con i mussulmani. Guardando il calendario degli incontri, che commenteremo anche più avanti, si nota come Papa Francesco abbia impostato il suo soggiorno in Iraq garantendosi colloqui con le autorità religiose più significative del mondo islamico.

Nell’elenco spicca il colloquio con l’ayatollah Sayyia Ali Al-Husayni Al-Sistani a Najaf. Si tratta di un incontro di grande spessore non solo religioso, ma anche sociale, perché non deve sfuggire l’importanza della religione nel mondo mussulmano.

Non è conosciuto quello che sarà lo schema del dialogo, certamente però sarà una reciproca meditazione sul valore della fede in un solo Dio. Come infatti ho anche anticipato nella parte introduttiva di questo articolo, il legame vero è un legame di fede, è un legame che accomuna i cristiani, mussulmani ed ebrei.

I tre gruppi, infatti, in Abramo hanno il protagonista nel quale si riconoscono, protagonista che ha fiducia nel Dio che lo invita a partire per una nuova terra. Oggi le tre discendenze di Abramo hanno fatto strade diverse, ma si riconoscono nella fede, vero elemento unificante che dimostra la fratellanza.

L’incontro con l’autorevole ayatollah è destinato a lasciare un segno e a generare una serie di conseguenze importanti.

Non si deve, infatti, dimenticare che il precisato capo religioso è figura di tutto riguardo e di tutto rispetto e quindi ascoltata dall’intero mondo islamico. Le sue prese di posizione rappresentano una guida da tenere sempre in considerazione.

Non è detto, perché non esistono certezze in questo ambiente, che alla fine dell’incontro tra Francesco e Al-Sistani venga stilato un documento, ma è già molto importante che si verifichi l’incontro perché da quel momento niente sarà come prima.

Il viaggio di Papa Francesco in Iraq, che rappresenta la prima volta di un pontefice nel Paese martoriato per anni da guerra, terrorismo e conflitti, sarà tutto particolare perché il Pontefice non avrà tradizionali bagni di folla, che di solito lo accompagnano. La pandemia infatti ha bloccato questi momenti.

Emblematico dipinto di alcuni giovani mussulmani sulle barricate adiacenti alla cattedrale siriaca di Bagdad: rappresentato l’abbraccio simbolico tra il minareto di Al-Hadba e il campanile Chiesa domenicana di Nostra Signora dell’Ora a Mossul, simboli della rinascita (Twitter)

Le tappe del viaggio in Iraq

Probabilmente i contatti saranno tramite la televisione. Queste sono comunque le tappe dell’evento che vuole essere – come con acuta osservazione ha detto il direttore della sala stampa del Vaticano– “un’apertura al futuro”.

Dopo aver dedicato la prima giornata al viaggio e dopo aver incontrato a Bagdad, nell’aeroporto internazionale, le autorità civili, vescovi, sacerdoti e religiosi, sabato 6 marzo, ovvero nel secondo giorno della sua presenza irachena, toccherà Najaf, Nassirya e la Piana di Ur.

Per opportuna sottolineatura qualche cenno sulle tre località

Najaf rappresenta una delle più sacre località dell’islam sciita. È stata paragonata per importanza alla Gerusalemme del mondo cristiano. In questa città avverrà lo storico e molto importante incontro con Al-Sistani. Sarà questo il momento della riflessione congiunta destinata certamente a condizionare il futuro delle due religioni.

La seconda città, invece, è Nassirya, sulle sponde dell’Eufrate. L’elemento più forte di questa seconda tappa sarà l’incontro interreligioso con varie testimonianze. Ur richiama Abramo e la sua missione.

Domenica 7 marzo la presenza del pontefice sarà nel Kurdistan iracheno. La città visitata sarà Mosul per la preghiera di suffragio per le vittime della guerra. Dopo la visita a questo significativo luogo, Francesco si sposterà a Quaragosh per la visita della comunità cristiana locale e la recita dell’Angelus.

Prof. Franco Peretti
Cultore di storia della dottrina sociale della Chiesa

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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