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Per il porto canale di Cagliari serve un piano di azione comune

CAGLIARI. Un piano di azione comune per il porto canale di Cagliari in crisi. L’incontro è fissato per lunedì 26 agosto all’assessorato regionale al Lavoro: l’invito a unire le forze è nella lettera di convocazione della riunione inviata dagli assessori al Lavoro, Industria e Trasporti, Alessandra Zedda, Anita Pili e Giorgio Todde, al Comune, Autorità portuale e sindacati. Appuntamento alle 9 in via San Simone: tutto così presto perché il futuro del porto canale è una corsa contro il tempo e i possibili licenziamenti. La prima emergenza è di evitare che con la fine di agosto la Cict, principale terminalista del settore container nello scalo di Macchiareddu, completi la procedura di addio all’occupazione per 210 addetti. L’alternativa è la cassa integrazione. Ma per l’avvio della Cig occorre la risposta positiva della stessa Cict.

L’azienda ha dato la propria disponibilità a un incontro ministeriale per chiarire la sua posizione anche sugli ammortizzatori sociali, soluzione prospettata nell’ultimo incontro al Mise dello scorso 31 luglio. I lavoratori aspettano e protestano: ieri hanno organizzato un sit in davanti al porto, mentre nel frattempo vanno avanti assemblea e presidio dei dipendenti nella sede della Cict.  Per questo l’assemblea dei lavoratori ha deliberato pochi giorni fa il presidio permanente del porto, per richiamare l’attenzione su una vertenza non solo sarda, ma con potenziali risvolti sulla competitività mediterranea dell’intero paese. “I tempi stringono, il Mise deve immediatamente convocare il tavolo perché la priorità è la difesa dei posti di lavoro”, dicono i sindacati. La Regione ha fatto un passo in avanti, proponendo un pre-accordo all’assessorato al Lavoro prima della chiusura definitiva a Roma. Ma non basta. In attesa di sapere quali saranno le mosse della Cict, fanno sapere i sindacati, occorrerebbe dare respiro alla trattativa con la proroga almeno al 30 settembre della dead-line per i licenziamenti. La società per adesso ha manifestato la sua generica disponibilità a riprendere la discussione per la prossima settimana, a Roma. Ecco perché pur nelle difficoltà del momento politico, servirebbe far ripartire subito il tavolo interministeriale di crisi. C’è da capire, ad esempio, quali siano le reali intenzioni del gigante tedesco Contship, casa madre della Cict, nei confronti del Porto Canale di Cagliari: da tempo infatti i sindacati denunciano una strategia di delocalizzazione strisciante a scapito dell’Italia e a favore dei porti industriali del Sud Mediterraneo, soprattutto a Tangeri, dove il grande terminalista europeo ha stabilito la sua nuova base operativa destinata, secondo molti, a sostituire integralmente nel giro di un anno l’hub sardo. È durissima in questo senso la nota del segretario generale della Uiltrasporti Sardegna, William Zonca. Il sindacalista punta il dito contro le recenti dichiarazioni dell’Ad Contship a Tangeri Andrea Cervia, tutt’ora anche Direttore Generale a Cagliari: “Le dichiarazioni di Cervia, secondo con le quali Contship annuncia di continuare a sviluppare il terminal di Tangeri, ritenendolo centrale nel settore del transhipment del mediterraneo, smascherano finalmente le vere intenzioni dell’azienda che continua a sostenere, a giustificazione della crisi di Cagliari, che il transhipment sia un settore in crisi. Contship getta finalmente la spugna sulla propria strategia aziendale, con la quale ha voluto affossare il Porto Canale di Cagliari, provando a dipingere una realtà del mercato di parte, che non rispecchia la verità ma che mira a eliminare un proprio concorrente dal mondo del transhipment. Sarebbe opportuno che si mettesse finalmente termine a questo inaccettabile e manifesto conflitto di interessi con le immediate dimissioni dall’incarico del dottor Cervia a Cagliari e con la fuoriuscita di Contship da Cict”.

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