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Ritorneranno in Italia i reperti antichi trafugati nella Penisola

ROMA. Un’iniezione di etica nel mercato dell’arte, dove troppo spesso il bello è stato bersaglio in passato (e non di rado continua ad esserlo) di opachi traffici internazionali, di spoliazioni dei luoghi d’origine, di trafugamenti da un Paese all’altro. E’ il senso dell’operazione, suggellata oggi a Londra dal ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, che si appresta a riportare in Italia grazie a un inedito accordo con Christie’s reperti antichi – d’epoca romana, etrusca, apula o della Magna Grecia – esportati illegalmente dalla Penisola nel corso dei decenni e finiti poi per vie traverse sotto la lente di valutazione della celebre casa d’aste. Prima di essere ritirati dal mercato in extremis.

Un accordo che rappresenta “una prima volta con un’istituzione privata”, come ha sottolineato lo stesso ministro in una cerimonia ospitata oggi dall’ambasciata d’Italia nel Regno Unito durante la quale le opere recuperate sono state mostrate e illustrate alla presenza fra gli altri dell’amministratore delegato di Christie’s, Guillaume Cerutti, del generale Fabrizio Parrulli, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei carabinieri, e dell’ambasciatore Raffaele Trombetta. Si tratta in effetti del frutto di un progetto di collaborazione – portato avanti dal ministero e dai carabinieri con la mediazione di quella che Trombetta ha decritto come un’iniziativa di “diplomazia culturale” – che mira ad essere d’esempio anche per altre case d’asta e operatori vari disposti a dar prova di “un cambiamento di mentalità”. I lotti destinati alla restituzione sono otto (inclusi una maschera etrusca, un capitello marmoreo, vasi attici, piatti di ceramica di Egnazia, una oinochoe in vetro e un bassorilievo romano che da solo avrebbe potuto fruttare sul mercato britannico 50.000 sterline), oltre a una pergamena miniata sottratta all’Archivio centrale di Venezia negli anni ’40. Pezzi rubati, o saccheggiati da tombaroli, e approdati oltremanica dopo una contorta traiettoria ricostruita con pazienza dal nucleo del generale Parrulli, passo passo fino alla destinazione conclusiva e all’incontro con Christie’s. Cerutti ha tenuto a difendere la reputazione dei proprietari finali, giurando sulla loro “buona fede”.

Ed elogiandoli, anzi, per aver in ultimo accettato di rendere oggetti che in principio ritenevano “legittimamente” di poter far battere all’asta, così da favorire un epilogo a lieto fine di quella che l’amministratore delegato ha definito “una grande storia”. Una storia la cui importanza non sta tanto nel valore commerciale, complessivamente limitato rispetto a quello culturale, delle opere ritrovate. Quanto nel dimostrare – secondo le parole di Bonisoli – che “un mercato etico dell’arte è possibile”; che una realtà come Christie’s prende sul serio i principi che proclama; che si può collaborare “in modo efficace con entità private”, oltre che con gli Stati con cui l’Italia ha già sviluppato intese bilaterali per la “restituzione reciproca” di arte trafugata. Un obiettivo, ha proseguito il ministro, che passa attraverso scambi d’informazioni sempre più digitali (e la graduale digitalizzazione dell’intero patrimonio italiano). E si avvale del ruolo leader internazionale svolto in questo ambito dal Nucleo Tutela dei carabinieri: forte d’un database ad hoc senza pari in cui sono ormai tracciati 1,2 milioni di oggetti sparsi per il mondo e di un’esperienza d’indagine e di studio che il 3 maggio prossimo compirà 50 anni, mezzo secolo esatto dalla fondazione datata 1969.

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