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La responsabilità nei reati ambientali

La Direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004 ha marcato per la prima volta i confini della responsabilità nei reati ambientali stabilendo il principio “chi inquina paga” in forza del quale l’operatore che provoca un danno ambientale o è all’origine di una minaccia imminente di tale danno dovrebbe di massima sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione.

L’art. 27 della nostra Costituzione ha invece affermato che “la responsabilità penale è personale” così intendendo sostenere che la persona fisica che si macchia di un illecito deve rispondere personalmente nei confronti di chi invece domanda e pretende che giustizia venga fatta.

Da ciò si ricava anzitutto che la responsabilità penale non è delegabile né trasmissibile (ad esempio agli eredi per successione) e secondariamente che la responsabilità della persona fisica non si può estendere al soggetto che quella persona rappresenta (Ente, persona giuridica, etc.).

Tuttavia nel corso degli anni l’orientamento delle Corti e il legislatore comunitario hanno saputo superare questo sistema così rigido.

Sono così venuti alla luce gli istituti della delega di funzioni e quello della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

La delega di funzioni in materia ambientale

La delega di funzioni consiste nel trasferimento degli obblighi dal soggetto che vi è onerato per legge ad un altro soggetto specificamente incaricato del loro adempimento in sua vece.

L’istituto è figlio delle pronunce della Corte di Cassazione (diversamente da quanto invece previsto in materia di sicurezza sul lavoro, con il D. Lgs. 81/2008) e non è disciplinato da alcuna norma del nostro ordinamento.

La Suprema Corte ha affermato che “la ratio della previsione della delega trova unanime collocazione nella molteplicità di compiti e di obblighi penalmente sanzionati, nella necessaria conoscenza di specifiche regole tecniche, nella esigenza di protezione dei beni oggetto di tutela in maniera più incisiva e nella dimensione e complessità del fenomeno aziendale” (Cass. Pen., sez. III, n. 1112 del 26 maggio 2004).

reati ambientali

Una soluzione innovativa e moderna: l’HSE manager

In buona sostanza la giurisprudenza ha elaborato una soluzione che consente al soggetto portatore principale di un obbligo di conferire, attraverso un documento formale, ad un altro soggetto con maggiori competenze tutti i poteri di gestione di determinate questioni.

Così facendo ogni responsabilità del primo è stata accentrata sul secondo.

È nata così la figura del HSE Manager (Health, Safety and Environment) che si occupa all’interno del comparto aziendale delle problematiche legate ai temi della salute, della sicurezza e dell’ambiente.

Perché la delega di funzioni operi concretamente e correttamente essa andrà redatta nel rispetto di specifici requisiti oggettivi e soggettivi.

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche: la “231 ambiente” (D. Lgs. n. 121/2011)

L’art. 5 del D. Lgs. n. 231/2001 ha riconosciuto “la responsabilità dell’ente per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio” da quei soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione, di gestione o controllo dello stesso e da quei soggetti che sono sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei precedenti.

La portata dell’introduzione di simile norma, originariamente legata ad illeciti in materia societaria e riferibili alla sicurezza sul lavoro, è stata di forte impatto in quanto per la prima volta si è andati oltre al concetto di responsabilità personale estendendola dalla persona fisica che ha commesso l’illecito a quella giuridica cui quest’ultima era collegata.

A distanza di alcuni anni ai reati già inizialmente individuati dal primo testo ne vennero aggiunti alcuni di natura ambientale (vedasi il D. Lgs. n. 121/2011).

Il provvedimento legislativo prevede che, in aggiunta alle sanzioni cui rischia di andare incontro la persona fisica, vengano comminate anche all’Ente sanzioni di natura amministrativa.

L’esclusione della responsabilità: il modello di organizzazione, gestione e controllo

Le sanzioni amministrative previste dal testo in esame sono quella pecuniaria, quelle interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza (art. 9).

L’art. 7 del D. Lgs. n. 231/2001 consente però di escludere la contestazione della responsabilità amministrativa all’ente nel caso di adozione da parte di quest’ultimo, prima della consumazione dell’illecito, di un “modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

Si tratta di un documento complesso ma fondamentale per provare di aver posto in essere tutte quelle misure idonee alla prevenzione degli illeciti.

Come nel caso della delega di funzioni, anche in questo ambito il modello dovrà possedere, perché venga ritenuto efficace e valido, una serie di requisiti oggettivi e soggettivi.

Sarà quindi un Giudice, nel caso di eventuale contestazione della responsabilità nella causazione di un illecito, a valutare l’esistenza e l’efficacia di tale modello e in caso sussistano i requisiti di legge a riconoscere l’esclusione di ogni responsabilità in capo all’Ente.

Stefano Fioramonti
Avvocato – Giurista Ambientale

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