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Il marocchino che assassinò Stefano Leo chiede il rito abbreviato

TORINO. Ha chiesto il processo con rito abbreviato la difesa di Said Mechaquat, il 27enne marocchino che il 23 febbraio scorso uccise con una coltellata alla gola il commesso Stefano Leo in un vialetto sul lungo Po a Torino. L’avvocato Basilio Foti ha però sollevato anche una questione di legittimità del decreto con cui è stato proposto il giudizio immediato, chiedendone l’annullamento.  Il legale, nell’istanza, osserva che rispetto all’arresto l’accusa è stata modificata: al reato di omicidio sono state aggiunte le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi.

    La circostanza, unita alla mancata emissione dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari, secondo l’avvocato Foti “ha pregiudicato il diritto di difesa dell’imputato”, che non ha potuto far fronte alla nuova accusa chiedendo un interrogatorio o altri accertamenti investigativi. “Si tratta – spiega il legale – di questioni di forma ma anche di sostanza”. Se verranno accolte dal giudice gli atti saranno restituiti alla procura. Il 23 febbraio, giorno in cui ha ucciso Stefano Leo accoltellando alla gola in lungo Po Machiavelli, Said Mechaquat avrebbe dovuto essere in carcere. Il 27enne marocchino era stato infatti condannato, senza sospensione condizionale della pena, a un anno e sei mesi di carcere nel 2015 per maltrattamenti in famiglia nei confronti dell’ex compagna. E la sentenza è diventata definitiva nel maggio 2018 – nove mesi prima dell’omicidio – dopo che l’appello proposto dall’avvocato di Said, Basilio Foti, è stato respinto perché inammissibile: a questo punto il verdetto avrebbe dovuto essere eseguito e Said avrebbe dovuto essere arrestato. Ma così non è stato.

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