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DCA il mostro di cui nessuno parla: Fabiana e la sua testimonianza

In questi giorni sto scrivendo spessissimo di palestre, in quanto ritengo doveroso, nel mio piccolo, provare a dare spazio ad una categoria profondamente colpita dai riflessi economici della pandemia in atto, e ieri sera mentre ero solita guardare le pagine facebook che trattano l’argomento mi sono imbattuta in una foto che ha catalizzato la mia attenzione. Generalmente tutti mettono un ‘prima’ ed un ‘dopo‘ per fare comprendere al gruppo i successi del proprio allenamento costante e metodico che sta proseguendo in casa affinché i frutti di un lavoro di anni non venga meno, ma la foto del ‘prima’ e ‘dopo’ che ho visto mi ha emozionato.

Mi sembrava più che altro un vero e proprio ritorno alla vita così come la didascalia che l’accompagnava, che così citava: “ Non smettete mai di credere in voi stessi e amarvi! +30 kg di vita “. L’autrice del post é Fabiana Negrini, che ho deciso di provare a contattare e che mi ha fatto scoprire un mondo di cui non ero minimamente a conoscenza.

Insieme abbiamo deciso di dare luce a quelli che sono i DCA, disturbi del comportamento alimentare, da cui lei, dopo anni di lotta e forza di volontà, ha deciso di uscirne vincendo la propria battaglia. Sotto troverete una breve descrizione di cosa sono i DCA, e la lunga intervista che mi ha gentilmente rilasciato, mettendosi completamente a nudo.

DCA, cosa sono e chi colpiscono?

Iniziamo col dire cosa sono i DCA, si tratta dei disturbi del comportamento alimentare o più semplicemente disturbi dell’alimentazione, si tratta di patologie che sono caratterizzate da quella che può essere definita un’alterazione delle abitudini alimentari, che sfociano in un’ eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo. I DCA insorgono prevalentemente nel corso dell’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile, ma anche molti ragazzi ne sono affetti. Tra i comportamenti tipici del disturbo del comportamento alimentare vi sono: “la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica”.

Facendo un’accurata analisi su internet ho scoperto che tra i principali disturbi dell’alimentazione vi sono : l’anoressia e la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata, i disturbi della nutrizione e i disturbi alimentari sottosoglia, che é una categoria che viene usata per descrivere quanti pur avendo un disturbo alimentare decisamente significativo non soddisfano ancora i criteri per una diagnosi piena. Il problema grosso di chi soffre di DCA é , come ci spiegherà poi bene Fabiana, il non chiedere aiuto, non pensare mai di avere bisogno di altri, il chiudersi completamente in sé stessi, fino al punto, a volte, di arrivare alla morte. Fabiana, per fortuna, alla fine si é salvata, ma é stata ad un passo dal non farcela, una frase mi ha colpito nel suo racconto, ma soprattutto ha permesso a lei di rinascere, quella che ha sentito con le proprie orecchie quando i medici l’hanno ricoverata in rianimazione Non sappiamo se supererà la notte’. La mattina seguente, quando si é scoperta ancora viva, ci spiega, ha deciso che era giunto il momento di ‘riprendersi in mano la sua vita’, sia lodato, ci verrebbe da aggiungere, vedendo la bellissima ragazza che é diventata oggi e quanta forza di volontà le ha dato questa dolorosa esperienza.

Il prima ed il dopo di Fabiana, da cui é scaturita la mia decisione di cercarla e mettermi in contatto con lei:

DCA

Dai DCA alla palestra ‘sana’: la rinascita di Fabiana, l’intervista

Ciao Fabiana, ci racconti come é nata quella ‘vocina’ di cui parli tu nei tuoi post su Facebook che ti ha indotto a smettere di mangiare al punto quasi di morire? Che cosa porta una persona a ridursi ‘pelle e ossa’, credi l’inizio di tutto nasca da un rapporto ‘sbagliato’ con lo specchio e dunque una questione estetica, il non piacersi, oppure credi il problema sia più profondo, qualcosa che nasce nella mente?

«Certo con piacere, anzi ti ringrazio di questa opportunità, parlarne é un modo per salvare altre vite o almeno per provarci, chissà che qualcuna leggendomi possa trovare una nuova forza per ‘rinascere’, la vita é un bene troppo prezioso per sprecarla così, ma quando ci sei dentro non capisci. Allora questa la mia storia, ho iniziato a stare male verso la fine del 2014, senza accorgermene mi sono allontanata pian piano da tutti e da tutto concentrandomi sempre di più sulle calorie degli alimenti e i loro macro nutrienti. Iniziai a saltare la cena e ad estraniarmi, perché mi sentivo perennemente in colpa con me stessa e ‘di troppo’».

Cosa vuol dire che ti sentivi ‘di troppo’?

«In casa le cose non andavano bene, i miei genitori litigavano sempre e in qualche modo venivo sempre messa in mezzo. Con mia mamma ho sempre avuto un bellissimo rapporto, con mio padre così così, mentre ora va abbastanza bene. Forse è così che ho iniziato a stare male senza nemmeno rendermene conto. Non do la colpa a loro, ma penso che la situazione e i problemi in casa mi abbiano fatto soffrire molto. Mi sentivo un problema per loro, e mi sentivo inutile perché io volevo essere importante per mio padre e per mia madre, quindi inconsciamente ho deciso di sparire.

Sparire sia in termini di peso ma soprattutto di emozioni, perché l’anoressia in 4 anni mi aveva tolto tutto, mi aveva tolto la capacità di sorridere, di piangere, di esprimere qualsiasi sentimento svegliandomi ogni giorno con il senso di vuoto e pesantezza pensando soltanto al cibo, al peso corporeo, a quanti passi dovevo fare, al movimento, e alle calorie. Dovevo avere tutto sotto controllo».

DCA: il dolore non ha un peso, il problema non é il corpo in realtà

Chi si é accorto per primo che qualcosa non andava?

«Mia madre mi portò subito nel 2015 da una dietologa perché si era resa conto che c’era qualcosa che non andava e non tanto dal peso ma dallo sguardo, perché il dolore non ha un peso. Ma le cose peggioravano in quanto io pensavo di stare bene e non volevo collaborare, così sono arrivata a pesare 39 kg su 167 cm, sono stata ricoverata per la prima volta ad ottobre del 2015 nella struttura di DCA di pietra ligure. Dopo 3 mesi di ricovero ritornai a casa ma stavo peggio di prima: avevo preso un po’ di peso e questo mi terrorizzava ma la situazione in casa era peggiorata, i miei genitori si separarono e mio padre quindi cambiò casa e da lì iniziò la mia discesa».

Cosa é successo?

«Avevo abbandonato tutte le cure dalla dietologa tranne lo psicologo; perdevo peso a vista d’occhio, a scuola prendevo voti altissimi e dovevo essere la figlia perfetta per mia madre in tutto e per tutto. Iniziarono a sfociare nuove sintomatologie, ovvero che cucinavo sempre per tutti ma non per me, nascondevo il cibo, ero diventata una bugiarda, mi facevo i body check in continuazione, mi pesavo sempre, l’iperattività, continua restrizione.. ecc. Ero come una tossico dipendente ma in questo caso per ciò che ‘lei’ mi diceva di fare. La vocina. Arrivata al Luglio 2016 iniziai a sentire che qualcosa non andava. Un giorno ero uscita in centro a Sanremo e per tornare a casa mi ci volevano 20 Min a piedi, ma le mie gambe non reggevano più così decisi di prendere l’autobus, ma non riuscivo a salire il gradino per salire sopra finendo quasi per cadere, perché non riuscivo più a muovere le gambe».

Quindi é qui che hai deciso di chiedere aiuto?

«No macché, ho solo deciso di rimanere a casa, non potevo più badare a me stessa così se qualche mia amica voleva venire a farmi compagnia doveva per forza venire a casa. Non riuscivo a percepire il mio corpo per quello che era davvero, toccavo le mie gambe ma sentivo che c’era sempre qualcosa da togliere. E solo oggi quella sensazione di togliere sempre qualcosa l’ho riversata sul lato fisico mentre in realtà era il peso interiore che mi portavo dentro da anni.

Sono arrivata a pesare 27 kg x 167 cm. Persi completamente la mobilità del braccio sinistro, non sentivo più come prima (come se avessi sempre le orecchie tappate) non riuscivo più a fare le scale, né a lavarmi, a sedermi o mettermi a letto da sola. Dormivo solo 4 ore a notte perché a contatto con il materasso mi facevano male le ossa. Mia madre mi è sempre stata accanto ed è stato brutto vederla soffrire così tanto per me o sentire la notte se respiravo ancora».

Hai mai pensato nelle tue lunghe notti insonni alla morte, e soprattutto non ti spaventava l’idea?

«È brutto da dire ma non ce la facevo più, volevo solo andarmene, ero arrivata ad un livello che non ce la facevo più a vivere così. Forse volevo semplicemente sentirmi importante e sentirmi dire che andavo bene, che non ero un peso. Mia mamma si sentiva impotente, lavorava tutto il giorno e per questo la malattia ‘aveva il via libera ‘ e potevo dire e fare tutto quello che volevo. Dopo un mese che non vedevo il mio psicologo gli inviai un messaggio che non sarei andata alla seduta perché non riuscivo a muovermi da sola, così il pomeriggio venne lui. Ed è grazie a lui se io oggi sono ancora qui, lui sarà sempre il mio angelo custode».

DCA serve aiuto: l’angelo custode che mi ha salvato la vita

In che senso devi la tua vita a lui, perché lo ritieni il tuo angelo custode?

«Mi fece ricoverare il 14 luglio, due giorni dopo con una visita iniziale in medicina ma poi venni subito trasferita in rianimazione perché troppo grave. Ho vaghi ricordi di quando mi hanno portato in rianimazione perché ormai sentivo pure io che mi stavo spegnendo. Ricordo bene però che arrivò la mia dietologa arrabbiatissima con il primario e davanti a me e ai miei genitori disse che non sapevano se avrei superato la notte. Mi misero il sondino nasogastrico, gli elettrodi e altri mille cavi attaccati al mio corpo e rimasi lì ad aspettare e a guardare dall’unica cosa che c’era in quella stanza ovvero una piccola finestra. Il giorno dopo io ero ancora lì e non poteva essere un caso, io dovevo riprendere a mia vita in mano».

Quindi possiamo dire che dopo ‘che hai toccato il fondo ‘ sei rinata? E’ esagerato dire che l’incontro ravvicinato con la morte ti ha permesso di riprenderti in mano la tua vita?

«No no é proprio così, é scattato in me qualcosa. Sapevo che sarebbe stato difficile, doloroso, non facile anche perché avrei dovuto chiedere per la prima volta aiuto, però dovevo farlo. Ciò che mi ha spinto a farmi aiutare e a stare meglio è stato riuscire a sognare di nuovo, volevo avere dei progetti nella mia vita, dei sogni, un futuro e imparare ad amarmi come non ho mai fatto.

Ho passato 6 mesi totali di ricovero di cui 3 tra medicina e rianimazione e 3 in una struttura a pietra ligure per i DCA. Se non ci fosse stato il mio psicologo e non mi avesse fatto fare quel piccolo passo io non so dove sarei ora. È stata la cosa più difficile e dolorosa che la vita mi abbia mai portato ad essere, l’anoressia è il mostro con il quale senza accorgermene ho espresso il mio dolore attraverso il mio corpo ma soprattutto il mio triste sguardo. L’anoressia mi ha tolto tanto ma mi ha dato ancora di più».

Puoi spiegarci cosa vuol dire che l’anoressia mi ha tolto tanto ma mi ha dato ancora di più?

«L’anoressia paradossalmente mi ha insegnato a vivere, dopo avermi fatto quasi morire. Non sarei la persona che sono oggi se non avessi lottato così tanto, non avrei le consapevolezze che ho oggi, non avrei la consapevolezza dei sogni che voglio realizzare un domani e soprattutto non saprei quanto conta l’amore che provo oggi verso me stessa. Ho imparato anche una lezione di vita, ossia che prima vengo io, io valgo più di qualsiasi problema, ho imparato che non mi farò mai più mettere i piedi in testa, che prima ci sono io. Perché dobbiamo imparare a volerci bene solo per noi stessi, nel bene e nel male, essere vivi deve essere già un motivo per alzarci ogni mattina e lottare, vivere e soprattutto sorridere alla vita. Il 14 luglio per me è il mio secondo compleanno, il giorno nel quale io ho iniziato a vivere davvero».

Il post anoressia ed il messaggio alla vita

Quale messaggio vorresti emergesse per le ragazze/ ragazzi che stanno attraversando l’anoressia o uno dei disturbi dell’alimentazione?

«Vorrei poter vedere tutte le persone rifiorire come sono riuscita a fare io, vorrei riuscire a mandare più messaggi positivi, ed é quello che sto cercando di fare anche attraverso la mia pagina facebook in cui senza vergogna posto le mie foto per fare capire come ero diventata. Li inviterei a riconoscere di avere bisogno di aiuto e a chiederlo come ad un certo punto ho fatto anch’io, solo così ci si può salvare, da soli é troppo dura. Credo e spero attraverso i miei messaggi ed il mio video su YT che racconta la mia storia di invogliare alla vita quanti credono che non vi sia più ragione per viverla. Tutti meritano una seconda occasione dalla vita».

Grazie di cuore Fabiana per questa tua preziosa testimonianza.

Grazie a te Erica per avermi dato spazio sul vostro giornale

Erica Venditti

Erica Venditti, classe 1981, dal 2015 giornalista pubblicista. Dall'aprile 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.

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