L’aquila, animale sacro a Giove, divenne il cuore pulsante delle legioni romane a partire dalla riforma militare di Gaio Mario. Da quel momento, come ci racconta Sallustio, l’aquila non fu più un semplice ornamento militare, ma l’insegna ufficiale, un simbolo di unità, potere e protezione divina. L’uomo incaricato di portarla era chiamato aquilifer, il “portatore di aquila”, e la sua funzione era così centrale da diventare un vero punto di riferimento in battaglia.
Ma l’aquila romana era molto più di un segno distintivo. Essa incarnava la forza di Roma stessa, il favore degli dei, la missione di civiltà e dominio affidata al popolo romano. Perdere l’aquila in battaglia era un disonore immenso, ritenuto segno di collera divina. Non è un caso che Roma si impegnò con ogni mezzo per recuperare le aquile perdute: basti ricordare la disperazione dopo la disfatta di Teutoburgo o la missione voluta da Augusto per riavere le insegne sottratte a Carre, un evento celebrato perfino sull’armatura dell’imperatore nella celebre statua di Prima Porta.
Il De Bello Gallico di Cesare ci tramanda un episodio che sintetizza al meglio la sacralità e la forza simbolica dell’aquila. Durante lo sbarco in Britannia, l’aquilifer della decima legione, per incitare i commilitoni, si lanciò per primo nelle acque gelide e ostili, gridando: “Seguitemi, soldati, se non volete consegnare la nostra aquila al nemico!” Quel gesto trascinò tutta la legione all’attacco. Era chiaro: l’aquila era Roma, e Roma non poteva essere abbandonata.
Simbolo da essa derivato fu l’aquila bicefala. La quale, in età bizantina e medievale, assurse a rappresentare la Nuova Roma (Costantinopoli) e le due metà dell’Impero, riunificate da Giustiniano dopo la caduta della parte occidentale. L’aquila a due teste richiamava il simbolo arcaico di Giano bifronte e il concetto di unione fra passato e presente, fra Oriente ed Occidente.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, l’aquila (singola o bicefala) venne utilizzata diffusamente quale simbolo araldico e come richiamo all’antica grandezza della Roma imperiale. Partendo da Carlo Magno, primo imperatore del Sacro Romano Impero, l’aquila, simbolo di potere, si ritrova negli stemmi delle maggiori dinastie europee, dagli Asburgo ai Bonaparte; e non solo, essa è tuttora inclusa nello stemma della Germania, in quello della Russia e in molteplici stati dell’Europa orientale.
Molti gli eredi ideali. Noi italiani siamo gli eredi diretti di quella stessa tradizione latino-italica. L’aquila, simbolo di potere, di coraggio e di legame con il divino, non rappresenta solo un ricordo storico, ma un segno vivo della nostra identità. In quell’animale fiero e maestoso rivivono i valori di ordine, determinazione e senso di appartenenza che hanno costruito il nostro popolo attraverso le gesta eroiche dei nostri Avi e Patres. Guardare all’aquila romana significa guardare alle nostre radici e comprendere che l’Italia di oggi, pur cambiata e moderna, resta figlia di quell’antica Roma che unì popoli, culture e destini sotto un’unica insegna sacra.
L’aquila non è dunque soltanto un simbolo del passato. È un richiamo alla forza della nostra storia e al dovere di esserne dei degni eredi.