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Riapertura scuole post Pasqua: servirà il tampone e chi lo farà?

Il tema interessa moltissime famiglie esauste dalla DAD che non viene più considerata ‘scuola’, come dimostra lo sciopero che si è tenuto venerdì scorso, 26 marzo, in 60 città italiane. Abbiamo avuto il piacere di intervistare in quell’occasione nel corso della Manifestazione tenutasi a Torino sia una ragazzina di 10 anni, per comprendere il punto di vista di chi quotidianamente affronta la DAD, sia un genitore alle prese con la gestione di tre figli, di cui due in DAD, e lo smartworking, per comprendere la DAD vista dai genitori. La situazione è chiaramente complessa e le famiglie sempre più desiderose di un ritorno alla normalità.

Ecco perché abbiamo deciso di interfacciarci con un esperto nel settore per comprendere cosa ne sarà della scuola dopo Pasqua e soprattutto per provare a capire cosa ci aspetterà, tamponi settimanali per garantire la presenza in sicurezza oltre alle classiche misure già adottate dai precedenti protocolli o quali sono le intenzioni del Governo? Su questo insieme complesso di tematiche abbiamo avuto l’onore di confrontarci con Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo del MIUR, giudice esperto presso il Tribunale dei minori di Milano, componente dell’Osservatorio minori di Regione Lombardia. Provinciali é autore di articoli redatti per diversi quotidiani e riviste nazionali, ha altresì pubblicato molti libri, a seguito del nostro confronto ci ha concesso la pubblicazione di questo suo elaborato scritto proprio in data 26 marzo a seguito della Conferenza Stampa tenutasi dal Presidente Draghi alla presenza del Ministro della Salute Speranza. Poco d’aggiungere al testo, che ci pare davvero interessante e soprattutto ricco di spunti di riflessione che collimano perfettamente con i dubbi di genitori, insegnanti e studenti.

Rientro a scuola dopo Pasqua: sicuro o cosa ci aspetta?

“Nella Conferenza stampa del 26/3 u.s. alla presenza del Ministro della Salute On.le Roberto Speranza il Presidente Mario Draghi ha anticipato alcuni orientamenti da sottoporre alla Conferenza Stato Regioni per poi essere tradotti in scelte operative per la riapertura delle scuole dopo le vacanze Pasquali.

Dimenticando tuttavia entrambi che l’O.M. 12 marzo u.s. del Ministro della Salute prevedeva 15 gg di chiusura degli istituti di ogni ordine e grado nelle zone rosse, fino ad oggi appunto.

Il che significa che mentre scrivo queste righe – nonostante una mattinata passata al telefono con il Ministero per acquisire informazioni certe circa eventuali decisione prese– non risulta ancora esser stata effettuata una scelta in ordine alla prosecuzione degli effetti dell’O.M. ovvero alla riapertura delle scuole delle zone rosse. Da oltre un anno siamo abituati ad un incalzante avvicendamento di decisioni che hanno prodotto alcuni risultati e molto disorientamento.

Ha ragione il Presidente del CENSIS Prof De Rita quando afferma che la gestione politica della lunga fase pandemica si è caratterizzata in una ricorsa continua degli eventi e in una prevalenza della comunicazione – rapsodica, frammentata, sincopata, contraddittoria rispetto alla certezza delle informazioni che i cittadini meritavano, in una alternanza tra ragioni di opportunità (assecondare le richieste della gente) e vincoli suggeriti dalla scienza, spesso orientata in direzione opposta.

Sarebbe stata più lungimirante una decisione che inglobasse i due ultimi giorni di marzo nell’Ordinanza del Ministero della salute: più logico pensare da subito ad un periodo continuativo con le vacanze pasquali per trovarsi pronti alla riapertura del 7 aprile. Riaprire senza preavviso comporta difficoltà oggettive (aule, pulizia, mense, refettori, trasporti ecc) a cui i dirigenti scolastici avrebbero preferito far fronte in anticipo”.

Riapertura scuole: ancora troppa confusione

Vedremo gli sviluppi ma il metodo delle comunicazioni all’ultimo minuto aggiunge confusione a confusione, come se non ce ne fosse già abbastanza, tra vaccini carenti , difficoltà oggettive nella loro somministrazione, carenze logistiche a livello procedurale, lentezza delle operazioni, dubbi sulle forniture (al punto di spingere il Presidente Draghi a minacciare azioni legali verso le case farmaceutiche).

Che la mutazione genetica del virus fosse il vulnus principale del piano vaccinale lo si è metabolizzato in ritardo rispetto ai dubbi avanzati da alcuni scienziati : ad esso si aggiungono gli arrugginiti meccanismi di funzionamento degli apparati, le logiche corporative, i distinguo, i sospetti non fugati alimentati in modo strumentale dal fanatismo dei no vax , nonostante le evidenze scientifiche.

Si ha come l’impressione che dietro questa gigantesca operazione vaccinale ci siano interessi prevalenti rispetto alla tutela sanitaria dei cittadini: non si contano le segnalazioni di episodi paradossali di persone che hanno dovuto spostarsi di parecchi chilometri da casa per sottoporsi alla vaccinazione, nonostante la presenza nei paraggi abitatiti di strutture pubbliche sanitarie a cominciare dal medico di base sotto casa.

Forse il compito che attende il Presidente Draghi e il Generale Figliuolo è piò ostico del previsto, anche la loro abnegazione e la loro lungimiranza sono garanzie circa un buon esito, se la burocrazia opprimente che si frappone alla complessa procedura cederà il passo al buon senso, alla competenza e all’umanità.

In sede di conferenza stampa il Presidente Draghi ha prestato particolare attenzione al mondo della scuola, esprimendo in modo netto la priorità di questo tema nell’agenda di governo, al punto da anticipare una apertura dei nidi, delle scuole dell’infanzia , della scuola primaria e della prima classe delle secondaria di primo grado subito dopo le vacanze pasquali.

Non mancando di immaginare una serie di cautele che si renderanno necessarie sul piano del controllo sanitario e della profilassi, per evitare il pericolo di contagi“.

Rientro a scuola: servirà il tampone, ma soprattutto chi lo farà?

Tra le previsioni annunciate c’è l’effettuazione del tampone rapido alla popolazione scolastica (quotidiana?) con la segnalazione di casi di contagio che comporterebbero il PCR al rientro, il periodo di isolamento e contumacia, la momentanea chiusura delle lezioni nella classe o nel plesso interessato.

Ma a chi sarebbe affidato questo compito di verifica tramite tampone sugli alunni: pare che si pensi agli insegnanti stessi, ipotesi che solleva dubbi di legittimità poiché si tratta pur sempre di un controllo invasivo che richiede cautele e competenze sanitarie.

Non pare il caso di sollevare l’antico vezzo italico del “non mi spetta”, “non mi tocca”, però pensare che gli insegnanti possano o debbano svolgere una mansione solitamente affidata agli infermieri suscita qualche perplessità. Qualcuno riesce ad immaginare tempi, modi e difficoltà del momento dell’accoglienza scolastica degli alunni 3/6 anni- ad esempio- pur se in spazi preventivamente strutturati?

Non sono infrequenti le situazioni in cui il personale scolastico si adopera per facilitare la somministrazione dei farmaci in orario scolastico ma questo in genere avviene previ accordi di rete con le strutture sanitarie di zona e protocolli operativi che attivano una sorta di mini-scudo protettivo nei confronti di docenti e ausiliari, che svolgono un compito non compreso nelle loro ordinarie mansioni.

In Lombardia – ad es. si realizzò la prima intesa a livello nazionale tra ufficio scolastico regionale, scuole delle autonomie e ASL per la somministrazione dell’insulina agli alunni diabetici.

Sono fattispecie operative che una volta superate le difficoltà iniziali procedono in modo ordinario, con la collaborazione di tutti, per tranquillizzare alunni e famiglie.

Sono buone pratiche che fanno onore alla scuola e aiutano gli alunni in difficoltà. Nell’ipotesi di accertamento a mezzo tamponi rapidi vedo difficoltà diverse e più onerose in termini di responsabilità.  Toccherebbe in sostanza ai docenti “certificare” l’esito del tampone, prendendone magari nota nel registro di sezione o di classe, con ulteriori complicazioni in caso di utilizzo del registro elettronico.

Un errore di lettura del risultato potrebbe essere compromettente sul piano della valutazione del singolo alunno e della diffusione di un focolaio di contagio. La delicatezza del compito suggerisce prudenza. Sarebbe opportuno un piano profilattico realizzato in collaborazione con le strutture sanitarie di zona, si tratta di superare le pastoie della burocrazia e di operare nella correttezza e nel rispetto delle funzioni e dei compiti, senza forzature.

Questa proposta fa venire in mente – con nostalgia – quando i singoli istituti potevano contare sulla presenza del medico scolastico e di una o più assistenti sanitarie. Avere a disposizione queste figure nel contesto di una scuola sarebbe oggi la soluzione al problema posto da una operazione che richiede una specifica competenza professionale.

Non si capisce perché queste figure così preziose e rassicuranti siano state espunte dall’organizzazione della scuola, magari per ragioni di risparmio di spesa pubblica o per far posto ad altre voci di bilancio pubblico non altrettanto utili e ora più che mai necessarie.

Sarebbe un’idea riprendere in considerazione questa presenza istituzionalizzata in ogni contesto scolastico: o con i fondi del MES e con quelli del Recovery sarebbe un modo per rendere più sicure e vigilate le nostre scuole sul piano della necessaria profilassi sanitaria. Considerato che il virus non deflette, che si prevedono tempi lunghi per uscire dai pericoli ricorrenti dei contagi specie in ambito comunitario. E – di conseguenza – per tutelare la popolazione scolastica e rendere davvero prioritaria, con azioni concrete, l’intenzione di aprire e tenere aperte le scuole e consentire un ordinato svolgimento delle attività didattiche in presenza. Come tutti chiedono e vorrebbero.

Ringraziamo moltissimo il Dott Provinciali per questo elaborato e vi invitiamo a confrontarci sui dubbi da lui esposti, che poi, inutile negarlo, sono gli stessi a cui sono esposti quotidianamente i genitori leggendo le notizie sui giornali che anticipato o ipotizzano il rientro dei ragazzi in presenza solo a determinate condizioni. Quando si tornerà ad una scuola ‘normale’? Quando si tornerà a dare maggior peso alla socializzazione dei ragazzi piuttosto che al resto, si chiedono i genitori affranti?.

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Erica Venditti

Erica Venditti, classe 1981, dal 2015 giornalista pubblicista. Dall'aprile 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.

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