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Scuola, studenti e adulti al confronto

Lo dico subito, anticipando dunque le conclusioni del ragionamento e della riflessione, nel confronto gli adulti sono soccombenti. Risultano così non tanto per un mio segreto desiderio di ‘captatio benevolentiae‘ nei confronti degli studenti e dei giovani in generale. Sono arrivato a questa conclusione guardando in faccia alla realtà e soprattutto tenendo conto del comportamento in generale degli uni e degli altri.

Per dare qualche concreta prova del percorso che mi ha portato a questo risultato, ho esaminato il modo di agire dei giovani e degli adulti in tre momenti: quello della pandemia, delle condizioni climatiche e quello delle novità scolastiche, con particolare riferimento all’alternativa scuola-lavoro e agli esami di stato.

La pandemia

Come è noto da due anni la società tutta sta vivendo un’emergenza tragica, collegata alla diffusione del Coronavirus e delle le sue tragiche conseguenze, emergenza che ha indotto le varie autorità governative ad adottare provvedimenti in diversi casi riduttivi delle libertà individuali. Si prenda in esame, per esemplificare, quanto è capitato in Italia: di fronte a queste regole restrittive, sono sorte associazioni o gruppi di opinione per indurre a non rispettare tali indicazioni.

Il loro messaggio era rivolto a tutti, ma in modo particolare ai giovani, sui quali strumentalmente volevano far leva per invitarli a reagire, a vivere, a non lasciarsi sfuggire il futuro, gustando il piacere del presente. Di fronte a questo ossessivo messaggio, i giovani hanno dimostrato di avere una maturità ammirevole, perché non solo hanno lasciato cadere nel vuoto questi appelli, ma si sono anche impegnati nell’accettare metodi didattici nuovi, mai sperimentati in modo massiccio fino a quel momento. Mi riferisco ad esempio alla didattica a distanza.

I giovani studenti hanno accettato un simile metodo, consapevoli che questo era il metodo dell’emergenza. Hanno poi scelto di contestarlo quando hanno avuto il timore che potesse, da metodo dell’emergenza, divenire metodo ordinario di insegnamento. In buona sostanza quindi, con un senso civico eccezionale, hanno scelto di chiudersi in casa e di rispettare tutte le indicazioni.

Non solo. A tempo debito hanno dato anche il buon esempio accettando l’invito al vaccino. Questa loro linea di condotta ha creato molto risentimento nella categoria degli adulti, che sostanzialmente ha ignorato comportamento dei giovani. Una prova di tutto questo si trova nell’esaminare le presenze nei salotti televisivi, quelli che vogliono creare opinione per intenderci. Se si guardano i partecipanti, si scopre che i giovani non sono mai stati chiamati a contribuire a valutare la situazione attuale. Se qualche presenza c’è stata – e quindi mi è sfuggita – per queste presenze vale il classico adagio “una rondine non fa primavera”.

Come si può pertanto vedere per quanto riguarda la pandemia, molto più alto è il grado di maturità, con conseguenze anche sociali, dei giovani rispetto agli adulti.

La questione climatica

Un altro tema merita di essere preso in considerazione e quindi esaminato per evidenziare il comportamento dei giovani rispetto a quello degli adulti. Appare subito molto evidente la diversa collocazione delle due categorie. I giovani, gli studenti quindi, hanno preso molto sul serio la complessa ed articolata situazione climatica. Avvertono nella sostanza che la questione rappresenta il problema più grave del secolo XXI.

Intuiscono e sentono che le conseguenze, che possono derivare dalla degenerazione climatica, saranno molto più pesanti delle conseguenze derivate dal Coronavirus. Non è un caso se gli studenti, condividendo le tesi di Greta, hanno riempito ieri le piazze e sono pronti, oggi e domani, appena comunque sarà possibile, a tornare a gremirle. Del resto sono profondamente consapevoli della gravità conseguente al surriscaldamento terrestre e per questo si sentono responsabili di dover agire per fermare tutto ciò che può danneggiare.

Se i giovani sono preoccupati – e a giusta ragione – gli adulti invece non sanno fare le scelte giuste, pur avendo gli strumenti di governo per poter agire. Con molta efficacia qualche analista politico italiano ha detto, riferendosi ovviamente all’attività politica italiana – ma con le dovute trasposizioni, il tutto vale anche a livello internazionale – che il Parlamento si occupa più delle nuove elezioni che non delle nuove generazioni.

Oggi infatti dobbiamo registrare che i governanti – le persone adulte dunque – non sanno adottare i provvedimenti indispensabili per mantenere nei limiti accettabili il clima. Riescono nella sostanza a fare riunioni a livello internazionale che si concludono con l’approvazione di documenti che non vanno oltre alla dichiarazione di intenti, che, a priori, tutti i sottoscrittori sanno di non poter attuare.

Spesso addirittura, di fronte a situazioni che richiederebbero interventi nell’immediato futuro, i termini entro operare e concludere con effetti almeno sufficienti sono indicati con distanza di decenni. Non si dimentichi infatti che molte volte le date per la conclusione degli interventi a tutela del clima si aggirano intorno al 2050. Tutto questo sta a dimostrazione che negli adulti vi è una scarsa conoscenza, ma soprattutto coscienza, della gravità del problema.

Del resto, proprio di fronte alle nette posizioni degli studenti e dei giovani, che dimostrano invece di conoscere molto bene i documenti scientifici sulla gravità del problema, i governanti hanno cercato di balbettare qualche risposta. Non è infatti un caso che anche nella formazione governativa italiana sia stato inserito, solo negli ultimi tempi, un nuovo ministero che dovrebbe proprio affrontare le problematiche del clima. Il nome del dicastero è “transizione ecologica”.

Dopo un anno di lavoro per il momento non si è andati oltre alle classiche dichiarazioni di intenti, che tanto clamore suscitano senza però andare oltre questo. Anche su quest’argomento si deve trarre una conclusione che mette in evidenza la maggiore serietà e il maggior impegno del mondo giovanile.

Scuola

Le novità scolastiche

Anche sulle novità scolastiche possono essere fatte diverse considerazioni, che alla fine confermano le valutazioni finora fatte. Guardando l’attività legislativa in materia di scuola e tenendo conto dell’impegno del Parlamento e dei ministri che si sono succeduti in via Trastevere, a prima vista si potrebbe concludere che una sostanziale attenzione nei confronti dei giovani è da registrare.

A questo proposito qualche osservatore è arrivato a sostenere che, proprio per tutti i provvedimenti sia legislativi che amministrativi, molto è stato fatto e di conseguenza non è comprensibile la contestazione studentesca.

Un esame attento della situazione scolastica sia a livello centrale che periferico, porta a qualche conclusione non del tutto positiva, anzi mette in evidenza che non sempre le buone leggi trovino una buona applicazione. Faccio un esempio concreto: mi riferisco in particolare al modulo “Alternanza scuola-lavoro”. Preciso che tratto quest’argomento senza collegarlo ai due studenti che purtroppo sono morti durante la fase dell’alternanza. Sarà la magistratura ad esaminare questo caso e, se ci sono responsabili, si deve agire nei loro confronti con determinazione.

Questo modulo scolastico è stato inserito nell’attività educativa con uno specifico provvedimento legislativo, anche per rispondere ad una precisa indicazione dell’Unione Europea, che in più circostanze ha raccomandato un più stretto collegamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro. La realizzazione concreta di questo segmento didattico richiede una serie di attività a livello dei singoli istituti, attività che spesso non vengono svolte nel rispetto dello spirito della legge, ma vengono interpretate come meri adempimenti burocratici che nella sostanza vanificano gli effetti che invece dovrebbero realizzarsi se le procedure non solo venissero rispettate formalmente, ma fossero vissute come dovrebbero essere vissute.

Per brevità mi limito a qualche esempio di applicazione solo burocratica della normativa che di conseguenza genera criticità. Spesso il progetto non viene costruito in modo corretto, con la contemporanea partecipazione dello studente e dei docenti. In diverse circostanze il tutor non coincide con l’insegnate del settore sul quale viene costruito il progetto e quindi il tutor non ha le competenze professionali, che invece dovrebbe avere per seguire nell’alternanza formazione/lavoro il giovane. In molti casi non esiste un legame puntuale tra gli insegnamenti erogati a scuola e gli approfondimenti da acquisire all’interno dell’azienda coinvolta, quindi lo studente viene adibito a procedure che non hanno nessun collegamento con il profilo professionale previsto dal suo curriculum scolastico.

Sovente lo studente, durante le ore di alternanza, non è seguito da tutor aziendali e non ha neppure contatti con il tutor dell’istituto, sentendosi, in altre parole, come un pacchetto abbandonato ad un “destino barbaro e cinico” e a volte addirittura chiamato a svolgere, all’interno della struttura, compiti che non gli competono.

Di fronte a questi esempi di situazioni –ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo – scatta giustamente la reazione negativa e la conseguente contestazione che può arrivare sino alla piazza. Sarebbe però un errore considerare il modulo di alternanza scuola/lavoro negativo. È negativa una burocratica interpretazione del modulo stesso. Per alcuni versi invece potrebbe e dovrebbe essere l’occasione per gli adulti di domandarsi dove hanno sbagliato. Non solo. Potrebbe essere anche il momento per iniziare un dialogo che sarebbe sostitutivo di quello che è mancato in precedenza e che doveva esserci.

Un nuovo tempo

A mio avviso è iniziato un nuovo tempo di cui tutti devono prendere atto. È questo infatti il tempo nel quale i giovani voglio contare ed essere protagonisti di un presente e di un futuro, che avranno contribuito in modo concreto ad impostare. Oggi i giovani non vogliono più essere in attesa di un futuro, magari preparato in modo errato dagli adulti, ma desiderano gestire anche il presente, sentirsi protagonisti.

Hanno certamente diritto ad un loro spazio. Ritengo che gli adulti debbano lasciare questo spazio alle nuove generazioni, anche perché se ai giovani non verrà lasciato un giusto spazio, sapranno recuperarlo magari anche senza troppe attenzioni per gli adulti.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

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Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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