• PASSEGGIATE NEL MISTERO

Torino, l’obelisco di piazza Savoia e il mostro di via della Consolata

Il tratto di strada tra piazza Savoia e via della Consolata a Torino è uno tra gli itinerari più caratteristici per percepire l’essenza del capoluogo piemontese. Un’atmosfera parigina accompagna il visitatore tra palazzi storici, pregiati portoni che celano insospettabili ed eleganti cortili, frammenti di storia, piccole botteghe e locali da riscoprire.

Sia piazza Savoia che via della Consolata, come nella più caratteristica tradizione torinese, raccontano fatti curiosi, segreti e misteriosi. Nel bel mezzo della piazza si erge la sagoma inconfondibile di un obelisco alto ventuno metri con una stele in marmo di Baveno.

Siamo nel quartiere Centro Ovest alla confluenza di via Garibaldi, via della Consolata vie del Carmine e Corte d’Appello. Il nome piazza Savoia non è dedicato alla dinastia ma all’omonima regione francese. La piazza era un tempo conosciuta anche come “dle Plate” ossia, in dialetto torinese, piazza degli stracci perché in essa si vendevano, appunto, gli stracci.

L’obelisco nasconde un piccolo segreto o meglio, una curiosità storica.

piazza Savoia via della consolata
Obelisco, Piazza Savoia – Torino




Il monumento fu terminato nel 1853 su progetto del pittore Luigi Quarenghi per celebrare l’abolizione del foro ecclesiastico avvenuta grazie alla legge Siccardi del 9 aprile 1850. Sull’obelisco spicca un motto:

“La legge è uguale per tutti”.

La sottoscrizione per la costruzione dell’obelisco avvenne su iniziativa del giornale La Gazzetta del Popolo a cui si unirono altri giornali liberali dell’epoca. Sulla superficie della costruzione sono indicati anche tutti i Comuni che parteciparono di propria tasca all’edificazione del monumento. Nel 1945, durante la battaglia per la liberazione di Torino dai nazifascisti, alcuni colpi di mortaio colpirono l’obelisco che subì i colpi rimanendo in piedi; successivamente venne restaurato.

L’obelisco nasconde un segreto. Sotto la stele il municipio di Torino fece seppellire una cassa contenente: i numeri 141 e 142 della Gazzetta del Popolo stampati nel 1850 con gli articoli inerenti la costruzione dell’obelisco stesso; monete preziose; un chilo di riso, una bottiglia di vino Barbera e dei grissini torinesi. Una sorta di piccola e curiosa scatola del tempo.

Piazza Savoia via della Consolata
Piazza Savoia, Torino (Facebook)

Al numero civico 1 di via Della Consolata è situato il pregevole palazzo Paesana di Saluzzo. Nel 1902, in aprile, in occasione di alcuni lavori di restauro, venne ritrovato negli infernotti (le cantine) del palazzo il cadavere di una bambina di appena 5 anni. Si trattava di Veronica Zucca figlia dei proprietari del caffè Savoia, scomparsa il 12 gennaio dello stesso anno. Inizio estate 1903, stessa via stesso palazzo: scompare improvvisamente Teresina Demarca di 5 anni.

Che cosa era successo?

Nel caso della prima bambina, Veronica Zucca, dopo brevi e superficiali indagini, i sospetti caddero su Carlo Tosetti, uomo di fiducia del marchese di Paesana. Quell’uomo era il cocchiere del marchese e aveva libero accesso agli infernotti. A carico del Tosetti non furono però rinvenute prove e venne quindi rilasciato. La vicenda fu però parecchio traumatica per l’uomo che trascorse il resto della sua vita in solitudine e morì in povertà dimenticato da tutti.

Quando scomparve la seconda bambina, Teresina Demarca che abitava al quinto piano di palazzo Paesana di Saluzzo, tutti intuirono che c’era una correlazione tra i casi e si iniziò a parlare del mostro di via della Consolata. Le ricerche partirono subito dagli infernotti dove infatti fu ritrovata Teresina. La bimba era malconcia, ferita da tre coltellate ma viva. Forse qualcosa aveva spaventato l’aggressore che costretto a fuggire aveva lasciato in vita la propria vittima.

Cortile del palazzo Saluzzo di Paesana, in via della Consolata – Torino (Facebook)

Nel frattempo gli investigatori vennero a conoscenza di un fatto che si rivelò cruciale per le indagini. Nello stesso giorno in cui era scomparsa Teresina uno degli addetti alla raccolta della spazzatura chiese al portiere dello stabile le chiavi della cantina. Il portiere acconsentì senza problemi perché era convinto che l’uomo dovesse pulire i sotterranei. L’addetto alle pulizie si trovò rapidamente: si trattava di un giovane di 23 anni, un tal Giovanni Gioli, un ragazzo descritto come “uno con il cervello da bambino”.

Gioli confessò subito sia l’omicidio di Veronica che l’aggressione a Teresina. Si giustificò dicendo che faceva brutti sogni, vedeva acqua, tanta acqua e un’ombra “un fantasma mi correva dietro e mi faceva paura. Scappavo ma è come se non riuscissi a muovermi. Una notte sono anche caduto dal letto”. Il giovane andò a processo e, forse vista la sua grave infermità mentale, i giudici decisero di comminargli una pena non eccessiva: 24 anni e 2 mesi ai quali avrebbero dovuto seguire 3 anni di vigilanza speciale. L’imputato si dimostrò soddisfatto della sentenza, sorrise e disse: “Uscirò a quarantotto anni”. Quando venne trasferito dall’aula di tribunale al carcere delle Nuove fu a stento salvato dalla folla inferocita che lo voleva linciare.

Gian Luca Marino

Fonti bibliografiche:

R. Rossotti – Torino esoterica – Newton & Compton Editori

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