MILANO. Una convergenza senza precedenti di conoscenze mediche, tecnologia e data science sta rivoluzionando il percorso terapeutico dei pazienti oncologici.
Fino ad oggi l’oncologia, dalla pratica clinica agli aspetti socio-sanitari, si è basata sul modello istologico, quindi sulla valutazione della terapia in base alla sede primaria del tumore e sulla tipizzazione istologica. Oggi invece è possibile, proprio grazie all’innovazione tecnologica e diagnostica, identificare le caratteristiche molecolari della malattia, indipendentemente dalla sua localizzazione, aprendo di fatto a una nuova fase in oncologia, che gli esperti definiscono modello mutazionale. Questo nuovo modello introduce un paradigma profondamente diverso, che necessita di un adeguamento anche dal punto di vista della governance sanitaria per diventare sempre più concreto. È questo quanto emerge del documento di consenso “Il nuovo modello mutazionale in oncologia: cosa cambia nella pratica clinica e assistenziale, nella ricerca e nelle procedure regolatorie”. Il volume, edito dal Pensiero Scientifico Editore con il supporto incondizionato di Roche, raccoglie le raccomandazioni condivise da esperti di rilievo a livello nazionale per la corretta gestione del modello mutazionale nella ricerca, nella pratica clinica e assistenziale e negli aspetti regolatori.
Nel documento di consenso gli esperti sottolineano l’impatto della medicina di precisione in oncologia sui processi programmatori e sui modelli organizzativi e sanitari a livello nazionale, regionale e territoriale, e presentano sette raccomandazioni per attuare i processi di cambiamento:
“Il passaggio dal modello istologico a quello mutazionale in oncologia rappresenta una opportunità importante per quei pazienti oncologici, che hanno esaurito le linee di trattamento oggi disponibili o nei casi di tumori rari: attraverso la profilazione genomica dei test Next Generation Sequencing infatti è possibile individuare la specifica mutazione genetica potendo così fornire una soluzione terapeutica mirata – ha dichiarato il dottor Nello Martini, Presidente della Fondazione Ricerca e Salute (ReS) – Dalla stesura e condivisione del documento di consenso ci aspettiamo che sia gli IRCCS oncologici che le reti oncologiche regionali si adeguino rispetto al passaggio al nuovo modello attraverso l’istituzione dei gruppi interdisciplinari”.
La profilazione genomica è un processo integrante della diagnostica oncologica moderna, perché permette di rilevare fattori prognostici e predittivi, ovvero quei biomarcatori di fondamentale importanza nell’identificazione del rischio di recidiva e per la terapia personalizzata. Questa tecnologia può essere applicata a tutte le fasi della malattia, dagli stadi iniziali alle fasi avanzate, ed ha una precisione tale da permettere di verificare le alterazioni nel DNA non solo su tessuto tradizionale, ma anche attraverso la biopsia liquida, cioè mediante il plasma, preservando il paziente da interventi chirurgici a scopo diagnostico e permettendo inoltre di verificare con grande precisione l’insorgere di mutazioni selettive che conferiscono resistenza alle terapie molecolari. Il tumore infatti si sviluppa quando il DNA viene danneggiato o subisce mutazioni che le cellule non riescono più a identificare e riparare. Generalmente, il tumore è classificato in base alla sua localizzazione nell’organismo, come ad esempio il tumore ai polmoni o il tumore alla mammella. Negli ultimi anni invece sono state identificate specifiche mutazioni del DNA e quindi dei geni legate alla crescita del tumore, di conseguenza oggi i tumori possono essere caratterizzati in base alle mutazioni genomiche. Ognuno è diverso e ogni tumore è “unico”: i test genomici individuano le mutazioni del DNA responsabili dello sviluppo dei tumori.