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17 ottobre: Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire

Ignazio è il terzo Vescovo di Antiochia, in Siria, cioè della terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto: San Pietro ne è stato il primo Vescovo di Antiochia, mentre Ignazio rappresenta il suo degno successore: un pilastro della Chiesa primitiva così come Antiochia è uno dei pilastri del mondo antico.

Ignazio non è cittadino romano e pare che non sia nato cristiano. Anzi la sua conversione avviene in età matura. Ciò non toglie che egli sia uomo d’ingegno acutissimo e pastore ardente di zelo. I suoi discepoli dicono di lui che è ” di fuoco “. E non soltanto per il nome, dato che ignis in latino vuol dire fuoco. Mentre è vescovo ad Antiochia, l’imperatore Traiano dà inizio alla sua persecuzione, che priva la Chiesa degli uomini più in alto nella scala gerarchica e più chiari nella fama e nella santità. Arrestato e condannato ad bestias, Ignazio è condotto, in catene, con un lunghissimo e penoso viaggio, da Antiochia a Roma dove vengono allestite feste in onore dell’imperatore vittorioso in Dacia. I martiti cristiani servono da spettacolo, nel circo, sbranati e divorati dalle belve.

Durante il suo viaggio, da Antiochia a Roma, il vescovo Ignazio scrive sette lettere, che sono considerate non inferiori a quelle di San Paolo: ardenti di misticismo e sfolgoranti di carità. In queste lettere il vescovo, avviato alla morte, raccomanda ai fedeli di fuggire il peccato; di guardarsi dagli errori degli Gnostici; soprattutto di mantenere l’unità della Chiesa.

Di un’altra cosa poi si raccomandava, rivolgendosi particolarmente ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non tentare neppure di salvarlo dal martirio. A chi s’illude di poterlo liberare, implora: “Voi non perdete nulla, ed io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l’altare è pronto! Uniti tutti nel coro della carità, cantate: Dio s’è degnato di mandare dall’Oriente in Occidente il Vescovo di Siria! “

Infine, prorompe in una di quelle immagini che sono rimaste famose nella storia dei Martiri: “Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo”.

Nell’anno 107 viene sbranato dalle belve verso le quali dimostra grande tenerezza. “Accarezzatele – scrive -, affinché siano la mia tomba e non facciano restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno”.

Le sue ossa vengono raccolte da alcuni fedeli e ricondotte ad Antiochia, dove sono sepolte nel cimitero della chiesa fuori della Porta di Dafne. A seguito dell’invasione saracena, le reliquie vengono ricondotte a Roma e lì sepolte nel 637 nella basilica di San Clemente al Laterano dove tuttora riposano. Una parte del cranio è custodita nella chiesa di Sant’Ignazio d’Antiochia, situata nella periferia sud di Roma. La Chiesa cattolica celebra la sua festa il 17 ottobre o il 1º febbraio nella forma straordinaria, quella copto ortodossa il 2 gennaio (24 Kiahk).

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Alessio Yandushev Rumyantsev

Sacerdote cattolico, nato a San Pietroburgo nel 1973, attualmente vive a Roma dove svolge il suo servizio pastorale ed accademico. Dottore in Teologia e professore. Ha compiuto gli studi in genetica a San Pietroburgo, in filosofia in Liechtenstein e in teologia alla Pontificia Università Lateranense e alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. È cappellano della Facoltà di Economia dell'Università La Sapienza. Collabora con le riviste teologico-filosofico-storiche "Traditio viva" e "Folia petropolitana" in qualità di redattore e traduttore.

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