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Scuola, giusto proporre l’obbligo scolastico da 3 a 18 anni in Italia?

Nei giorni scorsi al Meeting di Rimini il segretario del PD, Enrico Letta, in un intervento mirato a presentare il programma del suo partito, da attuare in un eventuale futuro governo, ha introdotto, parlando di politiche educative, un tema che gli ha anche procurato qualche contestazione della platea che lo ascoltava. L’argomento, oggetto anche del disappunto dei suoi ascoltatori, era il seguente: la modifica del periodo dell’obbligo scolastico.

Secondo l’oratore sarebbe opportuno introdurre una fascia di istruzione obbligatoria che va dai 3 ai 18 anni. Di conseguenza diventerebbe vincolante la frequenza scolastica dalla scuola materna alla fine della scuola secondaria superiore. Per la verità Letta ha parlato di 18 anni – probabilmente è stato un modo di dire – ma questa età non può essere accettata per un motivo molto semplice. L’allievo a 18 anni non frequenta l’ultimo anno di un corso superiore, ma frequenta il quarto anno. Si renderebbe allora, in un’ipotesi del genere, indispensabile ridurre da cinque a quattro i corsi della secondaria superiore.

Ritengo però questa riduzione impraticabile in tempi brevi, conoscendo la tempistica delle riforme in Italia, in modo particolare nel settore scolastico. Più ragionevole, e quindi meritevole pertanto di attenzione, precisare meglio la data finale dell’obbligo scolastico, sostituendo con 19 anni i 18 anni della proposta Letta.

Considerazioni sulla proposta

Da un punto di vista generale la proposta sostanzialmente contiene una serie di elementi positivi. Innanzitutto rientra nel contesto, ormai accolto da tutti gli studiosi in materia di educazione, perché è da tutti considerata valida la tesi in base alla quale l’educazione e la formazione dell’individuo non valgono solo per un certo periodo, quello dell’infanzia e dell’adolescenza, ma coinvolgono la persona durante tutta la sua esistenza.

La proposta Letta, accettando questa impostazione, che finora per buona parte è lasciata alla libera scelta della persona, vuole incidere sul percorso educativo, rendendo obbligatoria una fase dello stesso, quello che va dai tre ai diciotto (meglio diciannove anni) della vita umana. Mi sembra, tra tutte le altre cose, che quest’ipotesi non stravolga la vita degli italiani.

Le statistiche dicono che oltre il 90% dei bambini dai 3 ai 5 anni frequenta le scuole materne. Il problema, se si vuole esaminare in modo serio la questione è un altro. Del 90% di bambini che frequentano la scuola d’infanzia non tutti sono iscritti alle strutture statali. Un numero importante di bambini frequenta scuole paritarie con conseguente onere del pagamento delle rette. Diventando obbligatoria la frequenza e avendo riconosciuto lo Stato alle scuole non statali le stesse prerogative delle scuole statali, in quanto entrambe le istituzioni sono state inserite nel sistema pubblico dell’istruzione, deve essere riconosciuta la copertura della spesa che le famiglie sostengono, anche se scelgono di iscrivere i propri figli ad una struttura paritaria.

Il problema in buona sostanza non è di natura didattica, ma è essenzialmente e solo economico. Si tratta di reperire le risorse finanziarie per coprire gli oneri derivanti dall’introduzione dell’obbligo scolastico a 3 anni.

Per quanto riguarda poi l’innalzamento dell’obbligo a 18/19 anni, personalmente sono favorevole perché, con un’opportuna revisione dei programmi, senza però stravolgere gli impianti complessivi, è possibile creare dei percorsi educativi che sicuramente, oltre a fornire una positiva educazione, possono andare anche nella direzione di ridurre il fenomeno della dispersione scolastica.

Per inciso aggiungo anche che l’introduzione di questo nuovo periodo di educazione potrebbe anche generare al legislatore qualche altra opportunità. Mentre scrivo queste considerazioni penso ad esempio che sia quanto mai utile far cadere la differenza terminologica, per la quale esistono dei percorsi denominati “licei” e altri percorsi chiamati “istituti”.

Possono i corsi essere tutti definiti “licei” anche perché oggi i licei, e in particolare quelli classici, non hanno più la funzione che ad essi era stata assegnata al momento della loro istituzione. Erano infatti stati creati perché dovevano servire per preparare la classe dirigente del Paese. Chi frequentava il liceo classico doveva acquisire quella preparazione culturale di base che un futuro componente della classe dirigente prima di accedere – prerogativa esclusiva – all’università doveva possedere. Oggi questa visione è superata e di conseguenza, con qualche modifica alle materie per adeguare i contenuti didattici, il tradizionale liceo classico può diventare un corso di scuola media superiore come tutti gli altri.

Chiamare tutti i percorsi “licei” può essere utile al fine di formalizzare una situazione che già nella realtà esiste.

obbligo scolastico

Qualche riflessione sulle critiche alla proposta

Non sono mancate a questa proposta le critiche. Anzi, sono piovute numerose. Ritengo però che nella maggior parte dei casi siano state fatte non in conseguenza di precisi elementi didattici ed economici, ma solo per acquisire consenso elettorale avendo avvertito negli ascoltatori di Rimini qualche reazione negativa o addirittura ostile.

Qualche esponente politico militante nell’area contraria al PD, avvertito il malumore molto esplicito dell’assemblea che ascoltava il politico Letta, subito si è precipitato a comunicare alla stampa il suo dissenso, sostenendo tra l’altro che tale proposta costringeva i giovani a stare in aula fino a 18 anni, senza ovviamente presentare motivazioni per togliere valore all’idea.

In effetti l’innalzamento dell’obbligo non vuole essere un’occasione per tenere inchiodati gli studenti in un’aula, ma vuole essere invece una seria opportunità di formazione, per cercare di ridurre – come abbiamo già detto – anche il fenomeno della dispersione che ha percentuali superiori sia alla media europea che a quella degli stati dove l’obbligo scolastico raggiunge i 18 anni.

Una seconda critica che è stata mossa è quella collegata alle strutture scolastiche, che sarebbero insufficienti. Anche questa contestazione non ha un puntuale fondamento. Guardando i provvedimenti governativi, si ricava che sono stati fatti investimenti molto importanti e di conseguenza saranno molte le strutture scolastiche che si realizzeranno ed andranno ad incrementare di molto il patrimonio edilizio delle scuole. Il problema a mio avviso ha un’altra caratteristica, che invece merita di essere sottolineata. La questione che deve essere affrontata seriamente è quello delle risorse finanziare.

Come prima ho accennato, diventando il percorso scolastico obbligatorio, tutti gli oneri passano a carico dello stato. Su questo aspetto del problema devono essere poste tutte le attenzioni del caso.

obbligo scolastico

Considerazione conclusiva

Se si supera il problema delle risorse, la proposta di allungare l’obbligo scolastico, con l’anticipo a 3 anni e la conclusione a 18/19 anni, mi sembra una proposta sulla quale si possa riflettere per verificarne la fattibilità. Forse, anzi senza forse, l’argomento va ripreso in un altro momento. Molte volte le proposte fatte nel periodo elettorale sono soggette a valutazioni solo di convenienza politica o meglio partitica. Dopo le battaglie elettorali gli argomenti possono essere ripresi con serenità e valutati con la correttezza scientifica che un progetto come questo richiede.

Personalmente, non essendo direttamente coinvolto nella tenzone politica, affermo che la proposta è meritevole di attenzione e non deve essere liquidata con battute, che forse dimostrano la poca preparazione in materia di chi le fa.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

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Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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