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Coronavirus e ripresa economica: perché una moneta parallela potrebbe essere la soluzione più vantaggiosa per l’Italia

L’Italia dovrà farcela da sola. Ciò non significa diffidare della solidarietà dei Paesi europei; vuol dire affidarsi, piuttosto che ai prestiti, alle risorse di cui l’Italia dispone.

Dal 2012 al 2018 il debito pubblico italiano è cresciuto da 1.989 miliardi a 2.380 miliardi di euro, cioè dal 123% del Pil al 134% del Pil. Il debito pubblico italiano è aumentato nonostante sia stato conseguito ogni anno l’avanzo primario (ovvero, ogni anno lo Stato ha speso meno di quanto ha incassato con le tasse).

Il ricorso ai prestiti europei (tramite la Bce, o il Mes, o gli Eurobond, o i Coronabond, o i Recovery fund) farà necessariamente lievitare il debito pubblico italiano (si stima intorno al 150% del Pil) e l’Italia si troverà, quando l’emergenza sarà superata, ad affrontare il difficilissimo impegno di ridurre il debito pubblico (impegno che già oggi si rivela di difficile attuazione nonostante il godimento di un avanzo primario).

italia moneta parallela

Il Governo italiano potrebbe emettere Btp da offrire alle famiglie italiane, un modo, questo, per fare entrare in circolo i loro risparmi che si aggirano attorno ai 1.400 miliardi di euro (peraltro, una parte di quei risparmi entrerà lo stesso in circolo, anche senza acquistare Btp, perché le famiglie ne hanno bisogno per tirare avanti). Comunque, anche ricorrendo ai prestiti delle famiglie italiane il debito pubblico lieviterebbe.

Il debito attinge risorse dal futuro, ne anticipa la disponibilità nel presente, ma nel futuro quelle risorse dovranno essere rese a chi le ha prestate. Per restituire il prestito ricevuto, dopo che l’emergenza sarà superata, lo Stato potrà agire in due modi: aumentando l’imposta sui redditi, oppure applicando una patrimoniale (tassa sulla casa o prelievo dal conto corrente).

Qui emerge un paradosso: le famiglie italiane, avendo prestato i soldi allo Stato, avranno contribuito ad aumentare il debito pubblico e pertanto, a causa di ciò, si vedranno tassare gli stipendi, oppure gli immobili, oppure i conti correnti.

Ci sarebbe un altro modo per lo Stato di ottenere le risorse di cui ha bisogno: attingere risorse dal passato. In altre parole dal proprio Patrimonio (che, tra l’altro, è pubblico, e quindi appartenente ai cittadini italiani).

Per certi versi l’Italia già segue questa pratica, cioè vendere il proprio Patrimonio attraverso le privatizzazioni, aderendo quindi in pieno alle ragioni del libero mercato così strenuamente sostenute e difese dall’Unione europea. Ora si tratterebbe, ai tempi del coronavirus, di vendere il Patrimonio dello Stato non solo per ridurre il debito pubblico ma anche per trovare nuove risorse per aiutare le famiglie e le imprese, e per sostenere la ripresa economica.

In sostanza, si tratterebbe di trasformare in liquidità solo i beni di natura immobiliare – le imprese di importanza strategica nazionale partecipate dallo Stato non verrebbero quindi coinvolte – e, una volta fatto, di rendere tale Patrimonio non più vendibile o trasformabile in liquidità.

Tale liquidità si tradurrebbe in moneta digitale di Stato, da utilizzare per i pagamenti di imposte, tasse, contributi, pensioni, ticket sanitari. La moneta digitale di Stato verrebbe utilizzata anche per trasferimenti alle famiglie, assieme a “buoni spesa digitali” da spendere presso negozi di alimentari, farmacie, edicole e quant’altro. La moneta digitale di Stato circolerebbe solo sul territorio nazionale, parallelamente all’euro, e i buoni spesa digitali avrebbero una scadenza legata al periodo dell’emergenza economica: ciò indurrebbe la gente a far circolare la moneta, alimentando così gli scambi e quindi i consumi e la produzione, cosa che invece potrebbe non accadere qualora lo Stato accreditasse i bonus in euro direttamente sui conti correnti dei cittadini, i quali potrebbero divenire più propensi a risparmiare (e quindi a non spendere), oppure ad acquistare beni dall’estero invece che in Italia (la moneta digitale favorirebbe, inoltre, il turismo in Italia).

La moneta digitale di Stato, gestita dallo Stato (attraverso la Cassa depositi e prestiti), agganciata a risorse reali (Patrimonio dello Stato) eviterebbe all’Italia di indebitarsi e alle famiglie italiane di impoverirsi.

Claudio Maria Perfetto

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