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Addio ad Amos Oz, sostenitore della «soluzione dei due stati»


Un grande autore, un grande intellettuale. A 79 anni ci ha lasciati, ucciso dal cancro, lo scrittore e saggista israeliano Amos Oz. Era nato a Gerusalemme il 4 maggio 1939 e la sua adolescenza era stata segnata dal suicidio della madre, ma anche dall’intransigenza del padre, un militante nella destra ebraica. All’atmosfera familiare Amos si era ribellato, entrando nel kibbutz Hulda e cambiando il cognome originario Klausner in Oz, che in ebraico significa “forza”. Dopo gli studi in letteratura e filosofia all’università ebraica di Gerusalemme e poi a Oxford, negli anni Sessanta aveva aderito al movimento pacifista Shalōm ‘akhshāv (Pace ora), insieme ad altri intellettuali e scrittori come Abraham Yehoshua e David Grossman. Docente di letteratura ebraica all’Università Ben Gurion del Negev, Amos Oz è stato un sostenitore della «soluzione dei due stati» del conflitto arabo-israeliano.

A darne l’annuncio su Twitter la figlia Fania: “Il mio amato padre è spirato a causa di un tumore, poco fa, dopo un rapido deterioramento, nel sonno ed in pace, circondato dalle persone che lo amavano. Rispettate la nostra privacy. Non potrò rispondervi. Grazie a tutti quanti lo hanno amato”.

Tra i libri che ne hanno decretato il successo a livello internazionale non si può dimenticare Una storia di amore e di tenebra, in Italia tradotto per Feltrinelli nel 2002. Nel libro narra insieme la storia della sua famiglia e la vicenda storica della nascita di Israele (un libro diventato anche film, nel 2015, per la regia di Natalie Portman, e uscito in Italia con il titolo Sognare è vivere). I suoi titoli sono tanti, molti altri romanzi, non ultimo Giuda, uno tra i più densi, molti saggi. Soprattutto era fiero di Contro il fanatismo, che definiva come la tendenza degli estremismi a voler cambiare gli altri, una malattia che sì attecchiva nella sua terra ma si espandeva dovunque, compresa l’Europa, continente verso cui conservava il risentimento di un figlio di profughi. Amos Oz non si è mai scordato da dove veniva ed ha sempre scritto della commedia umana all’ombra del confine. La sua è stata davvero una storia di amore e di tenebre. E anche di bellezza, poesia, coraggio. Altri titoli: il romanzo Finché morte non sopraggiunga (Feltrinelli, 2018), il romanzo Tocca l’acqua, tocca il vento (traduzione di Elena Loewenthal) e il saggio Cari fanatici.

Amos Oz premiato nel 2016 in Piemonte

Nel corso degli anni ha ottenuto per i suoi numerosi romanzi molti riconoscimenti, tra cui il premio Bialik (1986), il Prix Femina (Parigi, 1989), il premio Israele (1998), assegnato nonostante le proteste della destra israeliana. Tra gli altri riconoscimenti letterari, il Premio Príncipe de Asturias de las Letras e il Premio Bottari Lattes Grinzane nel 2016. Quest’ultimo riconoscimento gli fu consegnato in Piemonte con la seguente motivazione: “Capace di spaziare dalla forma del romanzo epico a quella della fiaba tenera, dalla saggistica politica a quella linguistica, Oz è raffinato e profondo scrittore degli incontri: tra generazioni, tra popoli, tra religioni”. Nei suoi lavori, ricordava la giuria, “ha rievocato i tentativi ingenui e disperati di Israele di costruire nei kibbutz una società perfetta e ha esplorato senza pregiudizi, ma con trepidazione e ansia di giustizia, le vicende che da decenni la vedono impegnata in un sanguinoso conflitto con i Palestinesi e i Paesi vicini, schierandosi, come recita il titolo di una raccolta di saggi, contro ogni fanatismo”.

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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