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Assassinarono due turiste scandive, tre condanne a morte

MAROCCO. Tre condanne a morte e un ergastolo per i quattro principali imputati: si è concluso così in Marocco il processo per il duplice omicidio di Imlil, dove lo scorso dicembre due turiste scandinave vennero uccise e decapitate. La sentenza è stata emessa da una Corte di Salè, che ha così accolto le richieste dell’accusa per gli esecutori materiali. Le due giovani, Louisa Vesterager Jespersen, studentessa danese di 24 anni, e la sua amica Maren Ureland, norvegese di 28, furono uccise e decapitate mentre facevano campeggio alle pendici del monte Toubkal, a 70 chilometri da Marrakech. Il duplice delitto sconvolse l’opinione pubblica. I condannati a morte sono il presunto capo di un gruppo jihadista, Abdessamed Ejjoud, e due suoi compagni.

In Marocco l’ultima esecuzione risale al 1993. Un centinaio di condannati alla pena capitale si trovano nei bracci della morte. Oltre alle tre pene capitali comminate ad altrettanti imputati, il processo per l’uccisione e la decapitazione di due turiste scandinave nel dicembre scorso in Marocco, svoltosi a porte chiuse, ha portato a condanne di altri 21 imputati, da cinque anni di reclusione all’ergastolo. Gli imputati hanno età comprese tra i 20 e i 31 anni. A vario titolo tutti sono stati ritenuti complici dei principali indagati, e cioè di Abdessamad Ejjoud, considerato il cervello della cellula terrorista, autore materiale del delitto di una delle due ragazze, Younes Ouaziyad, che ha ammesso di aver ucciso l’altra studentessa, e Rachid Afatti, che ha filmato la scena. A loro tre è stata comminata la pena di morte. Abderrahim Khayali, il quarto uomo, l’autista che si è allontanato al momento del delitto, ha avuto l’ergastolo. A vario titolo i 24 erano tutti accusati di “costituzione di banda per preparare e commettere atti terroristici, omicidio premeditato, possesso d’armi, tentativo di fabbricare esplosivi, nel quadro di un progetto collettivo che voleva portare grave attentato all’ordine pubblico”. Tra i colpi di scena del processo, anche la ‘chiamata in causa della responsabilità di Stato’, obbligato ad ‘assicurare protezione a cittadini e turisti’, avanzata dalle parti civili per indennizzare le famiglie delle due vittime. Era la notte tra il 16 e il 17 dicembre quando a una settantina di chilometri da Marrakech, le due studentesse scandinave Louisa Vesterager Jespersen, danese di 24 anni e la sua amica Maren Ureland, norvegese di 28, furono uccise alle pendici del monte Toubkal. Le due ragazze, da sole e senza l’accompagnamento di una guida, stavano tentando la scalata alla cima più alta del Nord Africa. Raggiunte nella notte, al bivacco di fortuna, da quattro uomini, furono uccise e decapitate. I loro corpi sono stati trovati la mattina seguente, da un pastore, a poca distanza dalla tenda, nella piana dove si erano accampate

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