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Continuano le proteste a Hong Kong, una marcia attraversa la città

HONG KONG. Ancora manifestazioni popolari e una grande mobilitazione per i diritti civili. Migliaia di manifestanti di Hong Kong hanno marciato oggi attraverso una popolare area commerciale per turisti cinesi e fino alla stazione dei treni ad alta velocità West Kowloon che collega la città alla Cina continentale. Obiettivo è spiegare ai cinesi in arrivo – all’oscuro a causa della censura di Pechino – i motivi della loro mobilitazione scaturita dal rifiuto di un contestato progetto di legge che avrebbe consentito le estradizioni in Cina.

Si tratta della prima grande protesta dopo che lunedì scorso centinaia di migliaia di manifestanti hanno sfilato nel centro di Hong Kong e alcuni di loro sono entrati nel parlamento. La polizia ha issato delle barricate all’ingresso principale della stazione per impedire qualsiasi tentativo di entrarvi. Solo i passeggeri con una prenotazione possono accedere alla stazione, mentre secondo i media locali la vendita di biglietti è stata sospesa per i treni del pomeriggio. La protesta a Hong Kong del primo luglio, in occasione dell’anniversario della consegna del territorio alla Cina dopo 156 anni di colonia sotto l’impero Britannico, è solo l’ultimo capitolo . Un’enorme manifestazione di massa che ricorda quella del  che si è già candidata a essere ricordata per la violenza degli scontri di piazza che si è registrata in più occasioni. Il disegno di legge sull’estradizione forzata. La prima scintilla è stata un progetto di legge sull’estradizione forzata. Proposto dalla leader Carrie Lam, a capo dell’esecutivo di Hong Kong, avrebbe consentito al governo di estradare chi fosse sospettato di crimini gravi, con l’obiettivo dichiarato di evitare che la città diventasse la destinazione di decine di potenziali criminali in fuga dal proprio Paese. Il precedente risale all’anno scorso, quando non fu possibile estradare a Taiwan un diciannovenne accusato di aver ucciso una ragazza durante una vacanza a Taipei. Ma per l’opposizione questa legge rischiava di poter essere utilizzata soprattutto per fini politici nei confronti dei dissidenti, con richieste di estradizione che potevano arrivare direttamente dalla Cina, a cui Carrie Lam è ritenuta troppo vicina. Così è scoppiata la protesta. Il primo atto, il 9 giugno. Se la polizia ha detto che i manifestanti non erano più di 240mila, gli organizzatori hanno parlato di un milione di cittadini, praticamente un settimo della popolazione, ovvero una delle più grandi proteste della storia della città. La manifestazione diventa rivolta. Nei giorni successivi la protesta è proseguita finché il 12 giugno, giorno in cui si sarebbe dovuto discutere del disegno di legge, migliaia di persone si sono radunate intorno al Parlamento di Hong Kong tentando anche di forzarne l’entrata. Le forze dell’ordine hanno risposto con lacrimogeni, idranti e spray al peperoncino. Dopo poco, gli scontri hanno preso una piega piuttosto violenta, con l’utilizzo di proiettili di gomma da parte della polizia e di bottiglie incendiarie da parte dei manifestanti.  Molti i feriti e il capo della polizia, Lo Wai-chung, ha fatto sapere che gli scontri sono stati riclassificati come “rivolta”: una classificazione per cui tutte le persone arrestate rischiano fino a 10 anni di carcere. Ma alla fine il Consiglio legislativo ha deciso di sospendere a data da destinarsi il dibattito. 

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