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Decreto Rilancio tra il dire e il fare: cosa lo blocca e come sbloccarlo

1° parte

Il decreto Rilancio si fonda su una politica fiscale espansiva che riflette l’elevato grado di espansività della politica monetaria della Bce.

L’espansività del decreto Rilancio viene però frenata dal meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Bce nel quale è presente una strozzatura che impedisce alla liquidità di fluire all’economia reale (famiglie e imprese) per il tramite delle banche. Per capire in cosa consista la strozzatura è necessario risalire alla crisi del 2007-2008.

Quando la crisi finanziaria del 2007 si propagò dall’America all’Europa, la Bce incominciò ad adottare una politica espansiva abbassando dapprima i tassi di interesse portandoli dal 3,75% del 15 ottobre 2008 allo 0,75% nell’11 luglio 2012, e poi lanciando il 6 settembre 2012 l’Outright Monetary Transactions (Omt) con il quale la Bce si impegnava ad acquistare le obbligazioni sovrane (titoli di Stato). Il 5 giugno 2014 la Bce decise di adottare una politica monetaria ultra espansiva facendo confluire il programma Omt nel programma Public Sector Purchase Programme (Pspp), definito anche Quantitative Easing (Qe), con il quale si impegnava ad acquistare dalle banche titoli Abs (Asset backed securities).

Decreto Rilancio

Per incentivare le banche a prestare denaro a famiglie e imprese, l’11 giugno del 2014 la Bce ha tagliato il tasso sui depositi di 10 punti base portandolo da 0% a -0,10% (questo significa che le banche devono pagare la Bce se lasciano denaro inutilizzato depositato presso la Bce). La Bce, per incentivare sempre di più le banche a prestare denaro a famiglie e ad imprese, intervenne ancora con successivi tagli del tasso sui depositi il 10 settembre 2014 (-0,20%), il 9 dicembre 2015 (-0,30%), il 16 marzo 2016 (-0,40%) anno in cui il tasso di interesse fu portato a zero (dopo che era progressivamente passato da 0,75% a 0,50% a 0,25% a 0,15% a 0,05%).

L’economia era entrata nella cosiddetta “trappola della liquidità keynesiana”, una zona in cui la politica monetaria si rivela totalmente inefficace nel muovere l’economia (è come premere sull’acceleratore di una macchina che ha il cambio in folle).

Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria della Bce si rivelava del tutto inefficace per il semplice motivo che non veniva supportata da una politica fiscale adeguata: l’Italia, per esempio, esercitava sin dal 2012, a causa dell’austerità richiesta dall’Europa, una politica fiscale restrittiva che frenava la spesa pubblica e l’intervento dello Stato. Come ogni economista sa, la politica fiscale e la politica monetaria devono procedere di pari passo: se una delle due è espansiva anche l’altra dovrà essere espansiva. Questo nei recenti anni passati, almeno in Italia, non è avvenuto.

Decreto Rilancio

Tornando agli Abs, gli Abs sono titoli derivati, ovvero titoli che poggiano su attività sottostanti (per esempio prestiti alle imprese). In pratica, un Abs è un insieme di prestiti che sono impacchettati in un unico titolo finanziario. Con il Quantitative easing la Bce intendeva sostenere l’economia reale (imprese e famiglie) attraverso le banche mediante l’“acquisto di ABS semplici e trasparenti aventi come attività sottostanti crediti verso il settore privato non finanziario dell’area dell’euro”.

La precisazione della Bce in merito all’acquisto di Abs “semplici e trasparenti” era un invito esplicito alle banche a non inserire negli Abs prestiti rischiosi e deteriorati, memore del fatto che il collasso della Lehman Brothers nel 2008 e il salvataggio a cascata delle banche di mezzo mondo da parte dei governi erano stati causati proprio dagli Abs che avevano come sottostante i mutui subprime concessi a debitori con un basso reddito e un basso livello di solvibilità. Infatti, quando la banca americana (la Fed) alzò progressivamente i tassi di interesse passando dall’1% del 20 giugno 2004 al 5% nel 29 giugno 2006, i debitori non riuscirono più a rimborsare le rate dei mutui che negli anni erano aumentate. Di conseguenza gli Abs che erano agganciati ai mutui subprime persero di valore, causando miliardi di perdite nei portafogli delle banche e degli investitori che li detenevano in portafoglio.

Jean Pierre Mustier, Ad di Unicredit

Desta certamente meraviglia che la Bce abbia voluto utilizzare come mezzo per agevolare il credito alle famiglie e alle imprese proprio gli Abs che sono stati la causa del collasso del sistema creditizio e finanziario.

Poiché il Quantitative easing non stava fornendo all’economia reale il sostegno che si voleva (cioè fare arrivare liquidità a famiglie e imprese), la Bce decise il 18 settembre 2019 di tagliare nuovamente il tasso sui depositi di 10 punti base portandolo da -0,40% a -0,50% (è significativo osservare che in risposta a ciò il 10 ottobre 2019 l’Amministratore Delegato di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, in qualità di presidente della Federazione bancaria europea – l’equivalente dell’Abi italiana – affermava: “I tassi negativi verranno trasferiti ai clienti con depositi ben al di sopra di 100mila euro a partire dal 2020”. Occorre aggiungere che molte banche hanno risposto alla politica di tassi negativi della Bce incrementando le spese e le commissioni facendo pagare ai loro clienti anche 10 euro mensilmente sotto la voce “canone mensile”).

La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata venerdì 5 giugno 2020.

Claudio Maria Perfetto

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