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Elezioni presidenziali in Iran: Raisi il Presidente senza popolo

L’ultraconservatore Ebrahim Raisi è stato recentemente eletto come 13esimo Presidente della “Repubblica” di una teocrazia dittatoriale al potere in Iran da più di 40 anni.

Chi è Ebrahim Raisi:

Raisi ha percorso tutta la carriera all’interno della magistratura prescrivendo ordini repressivi e supervisionato migliaia di condanne a morte. È entrato nella scena politica iraniana subito dopo la rivoluzione del 1979, un religioso intransigente con pensieri fondamentalisti filo-Khomeini.

All’età di 15 anni è stato chiamato nella magistratura del regime clericale, a età di 20 anni diventato procuratore del tribunale rivoluzionario di Karaj.

Nel 1988, come sostituto procuratore di Teheran, era uno dei quattro giudici che Khomeini nominò per eseguire la sua famigerata fatwa (ordine divino) per massacrare più di 30.000 attivisti politici incarcerati tra cui le donne incinte e minorenni.

Il vice-capo della “Assemblea di Esperti”, e il Procuratore di Teheran capitale nel 1989, nominato da Ali Khamenei la Guida Suprema.

Diventa il capo dell’Ufficio dell’Ispettore Generale dal 1994 al 2004 e vice-capo dell’apparato giudiziario per il decennio successivo. Khamenei lo nominò nel 2014 Procuratore Generale della Corte Speciale per il Clero fino a 2015.

Nel 2016 nominò Raisi diventa capo della fondazione Astan-e Quds Razavi, a Mashhad, la città santa nord-orientale dell’Iran, una delle più importanti fondazioni politiche e finanziarie del regime, che controlla un’enormità ricchezza dei beni, terreni, edifici e capitali.

Ali Khamenei nominò Raisi capo dell’apparato giudiziario nel marzo 2019.

Da allora, Raisi ha diretto le esecuzioni di 251 persone nel 2019, 267 persone nel 2020, e numerose esecuzioni nel 2021.

Denunciato da Amnesty International e da molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani, dal novembre 2019 è iscritto nella blaklist del Tesoro statunitense per innumerevoli di crimini contro l’umanità, per il suo ruolo diretto nelle esecuzioni extra giudiziali, sommarie e arbitrarie di oltre 30mila prigionieri politici durante estate del 1988, in maggior parte simpatizzanti dell’organizzazione Mougiahedin del Popolo (attuale forza principale della resistenza iraniana), per l’uccisione di giovani manifestanti inermi e pacifici durane le rivolte anti regime, soprattutto quella del Novembre 2019 dove sono stati uccisi 1500 manifestanti, tra di loro anche minorenni.

Il candidato prescelto è il favorito dalla Guida spirituale Ali Khamenei che ha il potere e controllo assoluto su tutto e sponsorizzato dai pasdaran, i famigerati “guardiani della rivoluzione” (IRGC), la macchina repressiva del regime che gestisce più del 80% economia del paese, oggi diventato il Presidente ma odiato dal popolo.

Il Consiglio dei Guardiani (controllato dalla Guida Suprema ha il compito di selezionare i candidati sia del parlamento che presidenziali) lo scorso 24 maggio ha escluso tutti i candidati cosiddetti riformisti, o moderati, sono rimasti sette candidati conservatori vicino a Khamenei.

Nonostante brogli e l’orchestrare i voti, è stato il regime a dichiarare che l’affluenza è stata inferiore al 49%, ammettendo apertamente che la maggioranza degli iraniani ha boicottato le elezioni.

A secondo di fonti della resistenza iraniana (oltre 1.200 reporter e osservatori della TV satellitare Simay-e-Azadi) solo 10% aventi al voto hanno partecipato alle elezioni presidenziali di regime.

Con Raisi presidente che ha enorme capacità di reprimere ed eliminare qualsiasi voce di dissidenza, sono infatti recenti l’espulsione e la carcerazione dei diplomatici del regime per reato di terrorismo tramite i tribunali dei paesi occidentali, dà un forte segnale che dimostra il regime è instabile, debole e senza minima legittimità popolare che si trova davanti alle rivolte al livello nazionale in arrivo in una società esplosiva.

L’esercito di affamati, poveri, repressi e schiacciati dalla pandemia Covid-19, frutto di profonda crisi economica derivata dal dilagante corruzione del regime ha determinato un significativo divario tra il potere e il popolo. Dal 2018 ci sono state tre ondate di rivolte in tutto il paese con slogan: abbasso il dittatore, conservatori moderati finito il gioco, viva la Repubblica democratica. Esattamente gli obiettivi che la resistenza iraniana, Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI) da 40 anni sta lottando per realizzali pagando un prezzo carissimo.

“Come da sempre- ha precisato la Signora Mrayam Rajavi Presidente eletta di CNRI, il regime di ayatollah al potere in Iran non è riformabile e la moderazione e riformismo non è altro che un miraggio”.

Raisi è stato eletto con il record di astensione degli iraniani proposta dall’appello lanciato da Presidente Maryam Rajavi, Il boicottaggio nazionale delle farsa elezioni in Iran dimostra al mondo che la comunità internazionale deve fare la sua scelta democratica cioè stare vicino al popolo iraniano e la loro legittima e democratica alternativa, Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana preseduta da coraggiosa e carismatica leader, Maray Rajavi e appoggiando la sua piattaforma di 10 punti per un Iran laico e democratico che porterà la pace e stabilità nella Regione Mediorientale e la convivenza pacifica con il resto del mondo.

Yossef Lesani

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