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Georgia: scontri a Tbilisi, 240 feriti “C’è lo zampino di Mosca”

TBILISI. Almeno 240 persone, tra cui 80 poliziotti, sono rimaste ferite a Tbilisi negli scontri davanti al Parlamento georgiano e in viale Rustaveli: lo riferisce il Primo Canale della tv georgiana citando il ministero della Salute. La presidente georgiana Salomé Zurabishvili ha accusato la Russia ‘nemica e occupante’ e una non meglio specificata quinta colonna filorussa’ di essere dietro i disordini scoppiati ieri. Per Mosca invece responsabili sono ‘le forze politiche radicali georgiane’.

A provocare le proteste è stata la presenza in Parlamento del deputato comunista russo Serghiei Gavrilov per la riunione dell’Assemblea dei deputati dei Paesi cristiano-ortodossi. I manifestanti ritengono un oltraggio che si sia seduto sullo scranno del presidente dell’organo legislativo georgiano. Russia e Georgia hanno rotto le relazioni diplomatiche dopo la guerra lampo del 2008, che vide le truppe russe arrivare alle porte di Tbilisi. Da allora, Mosca riconosce l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, due repubbliche separatiste della Georgia divenute ormai di fatto degli Stati satellite della Russia. La presidente georgiana Salomé Zurabishvili ha interrotto la sua visita in Bielorussia, dove stamattina avrebbe dovuto incontrare il premier di Minsk, Serghiei Rumas: lo sostiene l’agenzia Interfax citando una fonte. Nella notte si sono registrati disordini con decine di feriti davanti al Parlamento a Tbilisi per la presenza di un deputato russo nell’edificio che ospita l’organo legislativo georgiano.

L’ufficio stampa del governo bielorusso non ha commentato la situazione ma ha confermato che Zurabishvili non era presente all’incontro in programma stamattina. La Georgia è uno dei territori dell’Europa orientale un tempo parte dell’Unione Sovietica. Nel 1991 ottenne l’indipendenza, a cui seguirono i primi conflitti separatisti nelle regioni dell’Abcasia e dell’Ossezia del sud, che si autoproclamarono indipendenti. Le tensioni portarono a un primo conflitto tra il 1991 e il 1992, che coinvolse da una parte l’esercito georgiano e dell’altra i secessionisti osseti appoggiati dalla Russia. Il conflitto riprese con maggiore violenza nella notte tra il 7 e l’8 agosto del 2008, assumendo i toni di una vera guerra tra Russia e Georgia. Secondo la Georgia l’intervento del proprio esercito nell’Ossezia del sud era stato necessario per mettere fine ai continui attacchi sui civili georgiani da parte delle milizie secessioniste dell’Ossezia: la popolazione di appena 70 mila persone è composta per un terzo da georgiani e due da osseti, con una piccola minoranza russa di circa il 3%. Ma la versione della Georgia di una provocazione russa con attacchi di artiglieria il 7 agosto non è mai stata avallata neanche dai suoi alleati occidentali. L’esercito russo si schierò in difesa dei separatisti e non si limitò a intervenire nell’area contesa ma si spinse fino a occupare la città di Gori e di Poti, costringendo l’esercito georgiano a ripiegare per difendere la capitale. L’indipendenza dell’Ossezia del Sud non è mai stata ufficialmente riconosciuta da nessun paese, tranne la Russia a partire dall’agosto del 2008.

Lungo il confine tra Ossezia del Sud e Georgia si trovano ancora 5mila soldati russi, dieci volte in più rispetto a quelli presenti prima della guerra. Il conflitto causò la fuga di circa 200 mila persone, in larga parte di etnia georgiana. Altri 50 mila erano ancora senza tetto a causa del conflitto del decennio precedente. Dei 38.500 civili osseti che lasciarono l’Ossezia del Sud per trovare riparo nella Federazione Russa, la maggior parte ha fatto rientro nel proprio territorio. Poche persone vivono ancora nei villaggi intorno al confine, che furono distrutti dall’avanzata dell’esercito russo di quei giorni. Mentre la maggior parte è costretta ad abitare in rifugi temporanei, senza avere accesso né a un lavoro né all’assistenza sanitaria.

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