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Gestione rifiuti: Lazio, Campania e Sicilia le Regioni peggiori

Carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica.” Questi i principali risultati dell’analisi “Le emergenze rifiuti in Lazio, Campania e Sicilia” illustrata da Fise Assoambiente nel corso fiera ambientale Ecomondo, in corso di svolgimento a Rimini dal 5 al 8 novembre.

Dagli ultimi dati Ispra e Fise Assoambiente emerge come le Regioni Lazio, Campania e Sicilia siano sull’orlo di una vera e propria emergenza ambientale “caratterizzate da un’endemica incapacità da parte dei governi locali di pianificazione di una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti.”

Nello specifico la gestione della frazione organica, in media oltre il 40% delle differenziate di queste Regioni, viene spesso affidata ad impianti di altre Regioni per l’incapacità di gestirla sul territorio. Gli unici impianti presenti utilizzano processi tradizionali che danno vita principalmente a compost e ammendanti vari; mentre è molto marginale l’utilizzo di tecnologie più innovative per la produzione di biogas, biometano e recupero energetico.

rifiuti lazio campania sicilia

Inoltre i rifiuti non differenziati (in media oltre la metà) vengono gestiti preliminarmente da impianti di trattamento meccanico-biologico tradizionali, quasi esclusivamente come tappa intermedia verso lo smaltimento in discarica o l’incenerimento e non come elemento dell’economia circolare. Sono molto scarsi, infatti, i quantitativi di carta, plastica, vetro e materiali ferrosi ad essere recuperati in queste strutture e successivamente avviati a riciclo.

Conseguenze che fanno lievitare i costi di gestione alle stelle, moltiplicano le inefficienze e l’inquinamento, quest’ultimo determinato sopratutto dal continuo trasporto dei rifiuti. “Tutto in barba alla circular economy e con l’emergenza alle porte”.  

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La situazione nel Lazio

Secondo il report nel Lazio vince “il turismo dei rifiuti“, conseguenza dell’assenza di un’adeguata e moderna impiantistica di riciclo, recupero energetico e smaltimento. Mediamente ogni abitante laziale produce 502 chilogrammi di rifiuti l’anno, di questi quasi il 46% (circa 230 kg/ab/anno) viene raccolto in modo differenziato. La frazione organica rappresenta circa il 40% della differenziata: solo il 36% dell’umido raccolto viene trattato in Regione, il resto (64%) viene inviato fuori.

Mentre i rifiuti raccolti in modo indifferenziato, il 54%, vengono avviati a impianti trattamento meccanico-biologico, ma solo come passaggio preliminare alla discarica (circa 41% dell’indifferenziato) e incenerimento fuori Regione (36,5%). Dalla somma di questi due ultimi dati emerge che circa il 77% viene smaltito o incenerito, senza alcuna valorizzazione dei beni nel recupero di materia.

Assoambiente in merito alla situazione in essere prevede che: “Nei prossimi 6 mesi la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, accentuando ulteriormente lo stato di emergenza. Di fatto la Regione non pianifica impianti sul proprio territorio, ma affida i propri rifiuti a impianti di riciclo, valorizzazione energetica e discarica di altre Regioni, con evidenti diseconomie e forte impatto ambientale.

La situazione in Sicilia

La Regione sembra puntare quasi esclusivamente sul fattore discarica, ricorrendo a periodici ampliamenti delle volumetrie autorizzate: la gestione dei rifiuti in Sicilia (457,5 kg/ab/anno) è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%): circa 1,7 milioni rispetto al totale gestito di 2,3 milioni. Solo il  22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale.

Il 76% dei quantitativi di frazione organica viene trattato da impianti di compostaggio a tecnologia non complessa e negli impianti di trattamento meccanico-biologico passa addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica. Il recupero di materia resta un’ipotesi residuale.

Riciclo plastica e rifiuti organici

La situazione in Campania

La sospensione dell’emergenza rifiuti in Campania (439,5 kg/ab prodotti ogni anno), uscita dalla fase più critica qualche anno fa anche grazie alla realizzazione di un termovalorizzatore di dimensioni medio-grandi ad Acerra, appare solo momentanea e decisamente fragile. Dietro l’angolo potrebbe nascondersi una nuova emergenza.

La raccolta differenziata negli anni è cresciuta gradualmente, arrivando al 53%, ma l’assenza di un efficiente sistema di riciclo a valle delle raccolte è ben palesata dall’export dell’88,5% dei quantitativi di frazione organica (50% delle raccolte differenziate) verso altre Regioni d’Italia. La quasi totalità dei rifiuti indifferenziati passa dagli impianti di trattamento meccanico-biologico per poi essere incenerito (nel 73% dei quantitativi) o finire in discarica (ca. 6%).

Il calo dello smaltimento in discarica (6% complessivo) negli ultimi anni è dovuto, più che a un reale crescita dell’opzione riciclo, a una carenza impiantisca nella Regione che determina l’invio verso impianti di smaltimento localizzati in altre regioni.

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