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Hong Kong, la protesta arriva sino all’aeroporto

HONG KONG. Oltre 1.000 dimostranti vestiti di nero hanno invaso oggi l’area arrivi dell’aeroporto internazionale di Hong Kong, uno dei più trafficati al mondo, dove hanno accolto i passeggeri cantando lo slogan “Non ci sono rivolte, c’e’ solo tirannia!“.  I residenti di Hong Kong protestano da oltre un mese, chiedendo soprattutto riforme democratiche e il ritiro di una controversa legge che prevede l’estradizione in Cina per i presunti colpevoli di reati, ma anche elezioni dirette, la fine dell’attuale legislatura ed un’inchiesta sul presunto abuso di potere da parte della polizia. La Cina “continentale” considera particolarmente minacciose le proteste che stanno scuotendo Hong Kong, dato soprattutto il livello di integrazione internazionale della città.

hong kong protesta

Pechino teme infatti che tale apertura al resto del mondo possa favorire le spinte centrifughe che attraversano Hong Kong sin dalla sua “cessione” da parte del Regno Unito. La Cina si trova oggi di fronte a un dilemma: qualsiasi compromesso troppo poco stringente potrebbe creare un precedente che rischierebbe di estendersi alle relazioni tra Pechino e altre regioni contese come Macao, Taiwan, Tibet, Xinjiang e Mongolia interna.

D’altra parte, altrettanto rischioso sarebbe agli occhi di Pechino far finta che nulla sia successo, poiché proprio in queste regioni le proteste di Hong Kong potrebbero trovare facili emuli. Inoltre, Pechino sta oggi investendo sulla realizzazione della “Greater Bay Area”, una zona economica e finanziaria che comprenderebbe anche Hong Kong e sarebbe in grado di rivaleggiare con le baie di San Francisco e Tokyo. A questo scopo, è necessario che Hong Kong sia ulteriormente integrata con la terraferma: non è un caso, infatti, che collegamenti terrestri come quello con Zhuhai nel Guangdong siano già stati prontamente realizzati.

Un marea di gente vestita di nero ha inondato l’aeroporto internazionale di Hong Kong, mentre assistenti di volo e personale dell’aeroporto organizzano un nuovo raduno #extraditionbill che condanna la polizia per la sua immobilità durante gli attacchi subiti nella metropolitana di Yuen Long. (Twitter @EricChueungwc)

Hong Kong rimane legata a doppio filo con Pechino, che nonostante l’interconnessione globale della città, ne è la principale destinazione dell’export, intercettando circa la metà del suo commercio totale per il 2018. I piani di Pechino, però, sembrano rivolti a un unico scopo: una sempre maggiore integrazione di Hong Kong nella Cina continentale. Al di là della legge sull’estradizione, gran parte della tensione che in queste settimane attraversa Hong Kong nasce infatti proprio dalle incognite che gravano sul futuro della sua fragile democrazia, che, seppur imperfetta, deve oggi confrontarsi con un destino incerto: cosa comporterà infatti il completamento della transizione di Hong Kong nella Cina continentale non è ancora stato chiarito. Ed è proprio questa incertezza che continuerà a fomentare le proteste.

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