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Il Drago comunista cinese vuole annettersi Hong Kong, finisce la stagione di libertà

PECHINO. Le truppe via via fatta affluire da mesi nei pressi delle città di Hong Kong, le premesse e promesse minacciose e neppure troppo velate fanno intendere che la lunga stagione di libertà e progresso dell’isola stiano volgendo al termine. Il dragone rosso del regime comunista di Pechino spinge per annettersi l’isola.

Con le buone o con le cattive. La Cina infatti stringe la presa su Hong Kong e non annuncia, per la prima volta, il target di crescita per l’anno in corso. Il premier Li Keqiang vara la doppia mossa all’apertura del Congresso nazionale del popolo, la sessione del Parlamento ritardata di oltre due mesi a causa del Covid-19: Li ha assicurato che sull’ex colonia Pechino agirà per “istituire solidi sistemi giuridici e meccanismi di applicazione per salvaguardare la sicurezza nazionale”, in modo che il governo locale possa “adempiere alle sue responsabilità costituzionali”. I mercati finanziari di Hong Kong, prima ancora del fronte democratico, hanno accusato il colpo e la Borsa ha chiuso la peggior seduta dal 2015 (-5,56%). Il Civil Human Rights Front, il gruppo delle proteste di massa del 2019 contro la legge sulle estradizioni in Cina, sta lavorando per la mobilitazione nel weekend. Di parere opposto la governatrice Carrie Lam: “Piena collaborazione per completare al più presto la legislazione pertinente”. Il governo di Taiwan ha chiesto di evitare “grandi turbolenze” a Hong Kong, ma l’isola ribelle è finita nel mirino del premier Li: la Cina si opporrà “con fermezza” dissuadendo “qualsiasi attività separatista in cerca dell’indipendenza”, puntando alla “riunificazione” di Taipei che, questa volta, non è stata corredata dall’aggettivo “pacifica”, come da tradizione. Per il segretario di Stato americano Mike Pompeo, sarà inferto un “colpo fatale” all’autonomia della città: “Siamo a fianco della gente di Hong Kong”, ha aggiunto, parlando di uno dei temi di scontro con Pechino, ormai a tutto campo. E anche l’Ue ha chiesto alla Cina di rispettare l’autonomia di Hong Kong, mentre in una nota congiunta Gran Bretagna, Australia e Canada hanno espresso “profonda preoccupazione” per l’ex colonia.

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