• STORIA

Il Natale in trincea del 1914: quando la guerra si fermò

Soldati in trincea che si combattono, si uccidono, e poi all’improvviso, allarmando non poco i rispettivi Stati Maggiori, decidono di sospendere le attività belliche…non solo ma di incontrarsi con il nemico in quel lembo di terra, terra di nessuno nel gergo militare fra le due trincee per farsi gli auguri di Natale e scambiare, o condividere quelle poche cose inviate dalla famiglie per farli sentire meno soli, meno lontani il giorno della Natività.

Era il 25 dicembre di cento anni fa quando soldati inglesi, francesi, scozzesi e tedeschi uscirono spontaneamente allo scoperto in alcune zone del fronte occidentale per andare a salutare e a fare gli auguri ai «nemici» senza che ci fosse, da parte dei comandi, alcun via libera. Anzi, proprio il contrario. Quando la notizia si diffuse grazie alle lettere dei soldati alle famiglie, i vertici militari di entrambi i contendenti si affrettarono a proibire altre iniziative simili, anzi il generale Horace Smith Dorrien, comandante del secondo corpo d’armata della Bef, la forza di spedizione britannica in Francia, arrivò a minacciare la corte marziale per chi si fosse reso colpevole di fraternizzazione. Il nemico era da uccidere, nessuna fraternizzazione, nessun contatto, nessuna umanizzazione.

Avversari che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno, sono un esempio pericoloso con le Nazioni che incominciavano a capire che la guerra sarà tutt’altro che una parata veloce e indolore…Ben presto milioni di morti , carestie ed epidemie piegarono le economie di molte Nazioni oltre che riempire camminamenti, trincee e campi di battaglia di cadaveri.

Ma quella tregua spontanea , in un tratto imprecisato fra Verdun e la Somme inglesi, scozzesi e prussiani verso le otto e mezzo di sera, circa, avevano cessato il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno incominciarono a urlare auguri di Buon Natale verso le trincee inglesi e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni britannici timidamente prima e poi più fiduciosi uscirono dalle trincee e si incontrarono con i prussiani a metà strada. Messi davanti al fatto compiuto gli ufficiali non poterono che concordare un cessate il fuoco sino alla mezzanotte, ma il clima istauratosi fece si che la tregua durasse sino alla mezzanotte del 26 Santo Stefano.

Tutti i soldati uscirono dai ricoveri per scambiarsi souvenir, bottoni, tabacco, gallette e sigarette. Parecchi tedeschi parlavano inglese. Grandi falò sono rimasero accesi tutta la notte e il silenzio surreale fu rotto da canti natalizi. Era un avvenimento destinato ad entrare nella Storia. Venne anche improvvisata un Inghilterra-Germania di calcio con un grande tifo da entrambe le parti. Possiamo solo immaginare come fosse commovente vedere uomini fino a quel momento nemici feroci stavano insieme intorno a un albero in fiamme a cantare le canzoni di Natale. La dimostrazione che i sentimenti umani sopravvivono persino in questi tempi di uccisioni e morte.

Titoli sensazionali uscirono sui giornali venuti a conoscenza dell’evento grazie alla corrtispondenza dal fronte: Il Manchester Guardian del 31 dicembre 1914 titolava: «Tregua di Natale al fronte — I nemici giocano a calcio — I tedeschi ricevono un amichevole taglio di capelli». E il 6 gennaio lo stesso quotidiano strillava: «Nuove notizie sullo straordinario armistizio ufficioso — I Cheshires, un’unità inglese, cantano Tipperary, a un pubblico di tedeschi». Fu sui quotidiani britannici che fu raccontata la vicenda della partita di calcio giocata nella terra di nessuno da inglesi e tedeschi in una zona imprecisata del fronte, che sarebbe finita 3-2 per i tedeschi. Oggi questo episodio che ha commosso milioni di persone viene ricordato come icona di pace e prevalsa dei sentimenti umani, ma allora fu fumo negli occhi per i vertici militari che diedero disposizioni rigide in merito “ogni contatto con il nemico è da considerasi tradimento e collaborazionismo” insomma un lasciapassare per il plotone d’esecuzione…mentre ai giornali venne imposto di non dare più spazio a notizie simile e venne stretta ancor più la censura sulla corrispondenza da e per il fronte.

La guerra continuò, certo, e diede il risultato di milioni di morti…inutili assalti alla baionetta per conquistare pochi metri di terreno, interi battaglioni falciati da mitragliatrici o uccisi dai gas. Nessuna guerra si sarebbe più combattuta così nessuna guerra avrebbe avuto un tributo di vite così alto. Eppure quel piccolo grande episodio è rimasto, con i suoi protagonisti anonimi, forse neppure sopravissuti al conflitto ma di sicuro diventi immortali nell’animo di chi spera in un mondo senza trincee e cumuli di cadavere. Un mondo dove le cose si rivolvano con una partita di calcio.

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Giuseppe Muri

Giornalista pubblicista dagli Anni Ottanta, si occupa di cronaca e di costume. Ha lavorato per un lungo periodo nelle redazioni di testate locali piemontesi. Appassionato di storia, ha svolto alcune inchieste legate a fatti importanti che hanno caratterizzato il Novecento italiano.

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