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Iran, la feroce repressione non ferma la protesta popolare

TEHERAN. Da metà del novembre scorso, in seguito alla decisione del governo di triplicare il prezzo del carburante, sono scoppiate delle manifestazioni di protesta in quasi tutte le città iraniane. Tale decisione deriva da una situazione di grave crisi politica, oltre che economica, sociale e l’ampia corruzione radicata.

Per l’ennesima volta gli iraniani, soprattutto i giovani, scendono in piazza contestando il caro vita e la brutale violazione dei diritti umani imposto dal regime teocratico, oppressivo e antidemocratico degli ayatollah. La rivolta popolare si è fin’ora estesa in 191 città con slogan dei manifestanti “ Abbasso il dittatore Viva la libertà”. Le Guardie della Rivoluzione Islamica, i famigerati Pasdaran hanno aperto il fuoco contro manifestanti pacifici, chiudendo Internet nel vano tentativo di nascondere l’entità della loro feroce repressione.

Ed eccolo il risultato della sanguinosa repressione in Iran: 1500 manifestanti morti, 4000 feriti e 12000 arresti. Le proteste tuttavia sono ancora in corso. Questa grave crisi interna, deriva anche l’uccisione di Ghasem Soleimani, il 2 Gennaio 2020, tramite un Drone statunitense in seguito agli attacchi missilistici dei Pasdaran ai siti militari americani alcuni giorni prima in Iraq. Qassem Soleimani, il noto comandante della Forza Quds del Corpo di Guardia della Rivoluzione Islamica (IRGC), il pilastro principale della strategia e la politica estera del regime iraniano nella regione Mediorientale, cioè, espansionismo della rivoluzione islamica attraverso esportazione della crisi , guerra, destabilizzazione e il terrorismo sperando di realizzare il suo obiettivo cosidetto “divino ed ideologico” cioè instaurare lo stato islamico in tutto Medio Oriente e nei territori islamici che finora ha provocato distruzioni, perdita delle vite umane innocenti ed migrazione forzata in quell’area.

L’abbattimento intenzionale del Boeing 737 ucraino effettuato dai Pasdaran, l’8 gennaio, ha sollevato le manifestazioni studentesche e popolari il pomeriggio dell’ 11 gennaio contro il regime e le sue menzogne, clima di tensione finito con una sparatoria della polizia contro la folla. La signora Maryam Rajavi, presidente eletto del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (NCRI), ha incoraggiato gli studenti che sono scesi in piazza per il secondo giorno. “Gli slogan dei manifestanti contro Khamenei (la Guida Suprema) e la Guardia Rivoluzionaria, indicano la volontà del popolo iraniano per il rovesciamento della dittatura religiosa al potere e instaurare la democrazia e l’autorità popolare in Iran. La comunità internazionale deve riconoscere che il popolo iraniano non viene rappresentato da tale regime ma ne è la vittima”.

Yoosef Lesani

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