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La poesia di Amanda Gorman che ha stregato Biden e la First Lady

Durante la cerimonia di insediamento del neopresidente democratico Joe Biden c’è un particolare momento che ha focalizzato l’attenzione del mondo intero. Non si tratta delle straordinarie esibizioni di star internazionali del calibro di Lady Gaga, che ha cantato l’inno nazionale con appuntata sul petto un’enorme colomba simbolo di pace, o quella di Jennifer Lopez, bensì la declamazione di una poesia da parte di una giovane afro-americana. La talentuosa ragazza è Amanda Gorman, poco conosciuta fuori dai confini statunitensi fino a ieri, che ha letteralmente incantato tutti con un componimento poetico scritto di suo pugno intitolato “The Hill We Climb“, che tradotto in italiano vuol dire “La collina che stiamo risalendo”.

La poesia richiama tutto il popolo americano all’unità nazionale in un periodo senza precedenti contraddistinto dalla pandemia, da numerosi morti e da una divisione politica senza precedenti. Inoltre ha dichiarato di aver scritto il testo a seguito delle violenze di Capitol Hill e l’assalto al Congresso. Ha tratto ispirazione dai discorsi di Abramo Lincoln e di Martin Luther King, dalle opere di grandi poeti laureati del passato come Robert Frost, Maya Angelou, Elizabeth Alexander e Richard Blanc. Ci sono anche alcuni richiami allo stile di Toni Morrison, scrittrice punto di riferimento per la Gorman, e alla musica rap. Attivista per vocazione, in questa e un po’ in tutte le sue opere si concentra su temi come l’oppressione, la razza, l’emarginazione il femminismo e la diaspora africana.

La 23enne di Los Angeles ha cominciato a scrivere poesie per superare problemi di udito e alcuni difetti di linguaggio che l’hanno tormentata sin da bambina, particolare che la accomuna al presidente neoeletto Biden, come ad esempio la pronuncia della “r”. Amanda ha saputo trasformare questo ostacolo in un punto di forza, costringendola di continuo a correggere le sue frasi e quindi ad affinare il suo modo di declamare versi, che oggi in molti apprezzano.

Alla tenera età di 16 anni è stata nominata Youth Poet Laureate di Los Angeles e, pochi anni dopo, mentre studiava sociologia ad Harvard, è diventata la prima National Youth Poet Laureate, considerato come una sorta di premio Nobel per i giovani scrittori statunitensi. Con l’esibizione del 20 gennaio, la giovane è entrata nella ristretta cerchia di poeti intervenuti in chiusura delle cerimonie di insediamento presidenziale: come Robert Frost per John F. Kennedy, Maya Angelou per Bill Clinton e ultimo prima di lei Richard Blanco per Barack Obama.

A scegliere Amanda Gorman come ospite d’eccezione per la cerimonia di inaugurazione è stata la nuova Fist Lady Jill Biden, insegnante e scrittrice, che l’aveva ascoltata recentemente durante una lettura alla Library of Congress e a cui va dato il merito di aver regalato al mondo intero uno spettacolo intenso e commovente.

Amanda Gorman
Amanda Gorman

“The Hill We Climb” (La collina che stiamo risalendo) – Amanda Gorman

Quando arriva un nuovo giorno ci chiediamo:
dove possiamo trovare la luce in questa ombra senza fine?
Dobbiamo guardare la perdita che portiamo dietro
Dobbiamo aspettare
Abbiamo sfidato la pancia della bestia
Abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace
Nelle norme e nelle nozioni di ciò che è “giusto” ma che non è sempre giustizia

Eppure l’alba è nostra prima che lo sapessimo
In qualche modo lo facciamo, in qualche modo abbiamo resistito e assistito
a una Nazione che non è spezzata
Ma semplicemente incompiuta
Noi, i successori di un Paese e del tempo
In cui una magra ragazza nera
Che discende da schiavi e cresciuta da una madre single
Può sognare di diventare Presidente

Solo per ritrovarsi a recitare per uno di loro
E sì, siamo tutt’altro che raffinati
Tutt’altro che incontaminati
Ma ciò non significa che non ci stiamo sforzando di formare un’unione che sia perfetta
Ci sforziamo di forgiare un’unione con uno scopo
Per comporre un Paese impegnato nei confronti di tutte le culture, colori, personaggi e condizioni dell’uomo

E così solleviamo lo sguardo non su ciò che sta tra noi
ma su ciò che sta davanti a noi

Poniamo fine ad ogni divisione perché sappiamo che per mettere al primo posto il nostro futuro,
Dobbiamo prima mettere da parte le nostre differenze

Mettiamo giù le nostre braccia
così da poterle allungare l’una verso l’altra
Cerchiamo di non danneggiare nessuno e vogliamo armonia per tutti
Lascia che il globo, se non altro, dica: “È vero”
Anche se ci addoloravamo, siamo cresciuti
Anche se ci siamo fatti male, abbiamo sperato
Anche se siamo stanchi, abbiamo provato che saremo per sempre legati insieme, vittoriosi
Non perché non conosceremo mai più la sconfitta
Ma perché non semineremo mai più la divisione
Le Scritture ci dicono di immaginare che ognuno si siederà sotto la propria vite e il proprio fico
E nessuno li spaventerà
Se vogliamo essere all’altezza del nostro tempo
La vittoria non sta nella lama
Ma in tutti i ponti che abbiamo creato

Questa è la promessa di radura
La collina che scaleremo
Se solo sapremo osare
Perché essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo,
è il passato in cui camminiamo e il modo in cui lo ripariamo

Abbiamo visto una forza che avrebbe distrutto la nostra Nazione piuttosto che condividerla
Distruggerebbe il nostro Paese se significasse ritardare la democrazia in questo sforzo quasi portato a termine
Ma mentre la democrazia può essere periodicamente ritardata, non può mai essere definitivamente sconfitta
In questa verità, in questa fede confidiamo, perché mentre guardiamo al futuro la storia ha i suoi occhi su di noi
Questa è l’era della giusta redenzione, lo temevamo sin dall’inizio
Non ci sentivamo preparati per essere gli eredi di un’ora così terrificante
Ma al suo interno abbiamo trovato il potere di scrivere un nuovo capitolo, di offrire speranza e risate a noi stessi
Quindi, mentre una volta abbiamo chiesto: “Come avremmo potuto sconfiggere la catastrofe?”
Adesso affermiamo: “Come potrebbe prevalere la catastrofe su di noi?”
Non torneremo indietro a ciò che era ma ci trasferiremo su ciò che sarà
In quello che sarà un Paese ferito ma integro,
benevolo ma audace,
feroce e libero
Non verremo respinti o interrotti dall’intimidazione
perché sappiamo che la nostra inattività e inerzia
saranno l’eredità della prossima generazione
I nostri errori diventano i loro fardelli
Ma una cosa è certa: se uniamo la misericordia al potere,
e il potere con il diritto,
allora l’amore diventerà la nostra eredità
e cambierà il diritto di nascita dei nostri figli

Quindi lasciamoci alle spalle un Paese migliore di quello che ci hanno lasciato
Con ogni respiro dal mio petto martellato di bronzo,
innalzeremo questo mondo ferito in un mondo meraviglioso
Ci alzeremo dalle colline dorate dell’ovest,
Risorgeremo dal nord-est spazzato dal vento dove i nostri antenati realizzarono per la prima volta la rivoluzione
Risorgeremo dalle città Del Lake Rim degli stati del Midwest,
Risorgeremo dal sud soleggiato
Ricostruiremo, riconcilieremo e recupereremo ogni angolo conosciuto della nostra Nazione,
ogni angolo di quello che chiamiamo “il nostro Paese”,

Il nostro popolo, bello e vario emergerà malconcio e stupendo
Quando arriverà il giorno usciremo dall’ombra della fiamma ardente e senza paura
La nuova alba sorgerà mentre la libereremo
Perché c’è sempre luce,
Se solo fossimo abbastanza coraggiosi da vederla
Se solo fossimo abbastanza coraggiosi da abbracciarla
.

Amanda Gorman

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Carlo Saccomando

Classe 1981, giornalista pubblicista. Poco dopo gli studi ha intrapreso la carriera teatrale partecipando a spettacoli diretti da registi di caratura internazionale come Gian Carlo Menotti, fondatore del "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, Lucio Dalla, Renzo Sicco e Michał Znaniecki. Da sempre appassionato di sport lo racconta con passione e un pizzico di ironia. Attualmente dirige il quotidiano "Il Valore Italiano".

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