TOKYO. Il ministro giapponese dell’Ambiente Yoshiaki Harada ha detto che per la Tepco l’unica opzione disponibile per smaltire l’acqua radioattiva trattata nella centrale nucleare di Fukushima n.1 è quella di rilasciarla nell’Oceano Pacifico. Lo riferiscono i media giapponesi. “Non abbiamo altra opzione che liberarla e diluirla”, ha aggiunto Harada in una conferenza stampa precisando di parlare a titolo personale ma che della questione se ne occuperà il governo. Sono passati esattamente 8 anni da quando, l’11 marzo 2011, un violento tsunami devastò le coste del Giappone, causando circa 20mila vittime e danni irreparabili alla centrale di Fukushima, dando così il via a quella che viene considerata la più complessa crisi nucleare dopo Chernobyl (1986).
E stando alle ultime stime, ancora oggi i livelli di radiazioni sia nelle zone di esclusione che nelle aree aperte, sarebbero altissimi, da 5 a oltre 100 volte più alti del limite massimo raccomandato. Ma non solo: questi livelli rimarranno tali ancora per decenni. Vale a dire, quindi, un significativo rischio per i cittadini, lavoratori e bambini. Un terremoto di magnitudine 9 scosse il Giappone e scatenò un enorme tsunami, che arrivò ad allagare anche la centrale nucleare lasciandola senza energia per raffreddarne i reattori nucleari. In assenza, quindi, di un ricircolo di acqua di raffreddamento, i noccioli raggiunsero temperature di migliaia di gradi e si fusero, liberando gas di idrogeno. La conseguente esplosione di questo gas distrusse quattro degli edifici, in cui erano situati i reattori e liberò nell’ambiente grandi quantità di materiale radioattivo .