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L’euro digitale potrebbe minacciare i nostri risparmi?

Perché mai l’euro digitale dovrebbe minacciare i nostri risparmi? Per intenderci, i risparmi giacenti nei depositi bancari, sui conti correnti, che sono dell’ordine di 1700 miliardi di euro circa.

Supponiamo che lo Stato abbia intenzione di effettuare un prelievo forzoso dai conti correnti per recuperare una parte di risorse con cui far fronte ad eventuali emergenze economiche (come quella, per esempio, generata dalla pandemia ancora in corso). Se la voce si dovesse spargere, i cittadini si cautelerebbero prelevando i contanti, nascondendoli magari sotto il materasso.

Supponiamo invece che le banche, per evitare le perdite causate dai tassi negativi che la Bce applica sui depositi che esse detengono presso la Bce stessa, abbiano intenzione di applicare anch’esse tassi negativi (diciamo di -0,50%) sui depositi dei loro clienti (il che vuol dire, per esempio, che chi ha 5000 euro sul conto corrente dopo un anno se ne ritroverebbe 4975, cioè 25 euro in meno, una bazzecola, certo, ma pur sempre una perdita). Se la voce si dovesse diffondere, i clienti ricorrerebbero ai ripari prelevando i contanti, nascondendoli magari nei cassonetti delle tapparelle.

L’idea di applicare i tassi negativi alla clientela era balenata, per esempio, all’Amministratore Delegato di Unicredit, Jean-Pierre Mustier (che ricopre anche la carica di presidente dell’Abi delle banche europee), il quale ha dichiarato che I tassi negativi verranno trasferiti ai clienti con depositi ben al di sopra di 100mila euro a partire dal 2020”.

Mustier si riferiva al fatto che, poiché le banche commerciali pagano un tasso negativo pari a -0,50% sui depositi che esse hanno presso la Bce, sarebbe stato opportuno trasferire tale onere alla clientela. Lì per lì le banche commerciali erano un po’ preoccupate di ricorrere a tali mezzi, temendo di poter perdere clienti pronti a trasferirsi altrove. Hanno quindi optato per una soluzione più morbida: incrementare le spese e le commissioni.

euro digitale

Con l’euro digitale non ci sarà via di scampo: il cliente non potrà prelevare alcunché per trasferirlo altrove, dal momento che l’euro digitale (che andrà col tempo a sostituire la moneta cartacea) non potrà uscire dal circuito economico digitale, non potrà uscire dalla rete digitale. Pertanto, lo Stato potrà applicare in qualsiasi momento il prelievo forzoso e le banche potranno applicare in qualsiasi momento i tassi negativi.

L’idea della moneta digitale (ma più specificamente l’idea della criptovaluta) risale agli anni ’80 e l’ha avuta David Chaum, un informatico e crittografo americano ritenuto l’inventore del denaro digitale. Egli fu anche il fondatore negli anni ’90 di DigiCash (Digital Cash), che produceva una criptovaluta basata su un sistema centralizzato di cui DigiCash aveva il monopolio e il controllo. Tale criptovaluta veniva venduta poi ai privati che la utilizzavano per effettuare scambi e acquisti.

Studi sulla moneta digitale furono condotti in maniera indipendente, sempre negli anni ’90, da un altro informatico (l’autore di questo articolo) con l’obiettivo di esplorare la possibilità di eseguire esperimenti di economia utilizzando il Centro di Elaborazione Dati come laboratorio reale (in proposito fu pubblicato l’articolo su internet nel 2001 col titolo “Può l’economia avvalersi della sperimentazione in laboratorio?”).

Verso il 2008-2009, invece, in piena crisi finanziaria mondiale, entrò in scena il bitcoin, una criptovaluta parallela alla valuta tradizionale, decentralizzata, indipendente da strutture centrali (banche o governi).

Tirando le somme: a chi concedere la propria fiducia per la gestione della moneta digitale? Alla banca col suo euro digitale? Allo Stato con la sua eventuale lira digitale? Alla “rete internet” con le sue criptovalute?

Certo i clienti di una banca non avranno alcuna possibilità di incidere sulle politiche gestionali dell’euro digitale, perché non hanno la possibilità di cambiare il Consiglio di Amministrazione della banca. I cittadini, invece, avrebbero la possibilità di incidere sulle politiche gestionali della lira digitale, in quanto possono cambiare il governo attraverso le elezioni politiche. Per quanto riguarda l’affidarsi alla “rete internet” è bene conoscere le regole del gioco, perché c’è il rischio di rimanere impigliati nella rete (perdere soldi).

Claudio Maria Perfetto

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