RIAD. L’Arabia Saudita ha accusato l’Iran di essere dietro agli attacchi ai suoi impianti petroliferi, promettendo di rispondere con “misure necessarie”. Lo ha detto il ministro degli esteri, Adel al-Jubeir, che ha detto che le armi impiegate erano iraniane di di essere pronto a mostrare le prove emerse da un’inchiesta. Lo scrive la Bbc, ricordando che l’Iran nega ogni coinvolgimento. Fin qui tutto sembrerebbe propendere verso una chiara indicazione di un responsabile unico: l’Iran. Ma attenzione a dare una lettura superficiale. Le parole sono importanti: specialmente in uno scenario di guerra e quando a parlare sono potenze mediorientali che si fronteggiano ormai a viso quasi aperto nel caldo scacchiere del Golfo Persico.
Al Malki ha puntato certamente il dito contro Teheran, ma le sue parole vanno lette attentamente. Perché se è vero che il portavoce della coalizione araba ha detto chiaramente che c’è la mano dell’Iran, è anche vero che ha lasciato aperto un curioso spiraglio. Ha ribadito che l’attacco è partito sicuramente da nord, in questo modo volendo smentire pubblicamente la versione data da Houthi e Teheran, ma ha anche detto che il raid sui siti petroliferi è stato “sponsorizzato dall’Iran”. Il che significa che senza una chiara individuazione del sito di lancio e con la sola definizione di “sponsorizzazione” di fatto non è in grado di stabilire, per il momento, la mano dell’Iran. Semmai una regia, più o meno occulta. Ma questo eviterebbe il fatto di aver dichiarato pubblicamente che uno Stato abbia colpito un altro Stato: in pratica un atto di guerra.