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Mario Monicelli, la vita del maestro della commedia all’italiana

Non tradire la propria natura per essere in pace con se stessi e felici. Questo pensava Mario Monicelli, il regista italiano nato a Viareggio il 16 maggio 1915, che, a detta della giornalista e scrittrice Luciana Castellina, era un ottimista e non si arrendeva mai. La critica, infatti, non fu benevola nei suoi confronti, ma solo inizialmente, ravvedendosi quando il pubblico, al contrario, apprezzò il suo lavoro. Monicelli entra nella commedia all’italiana, di cui fu maestro, nell’adolescenza, accostandosi al cinema a Tirrenia, grazie all’amico Giacomo Forzano, figlio del fondatore degli studi di Pisorno. Una laurea in Storia e filosofia, un ambiente culturale stimolante, conoscenze nel mondo della letteratura e dello spettacolo, contribuiscono ad avvicinarsi al cinema, esordendo come regista nel 1934 con il cortometraggio “Cuore rivelatore”, e in seguito il mediometraggio muto, “I ragazzi della via Paal”, vincitore nella sezione “passo ridotto” della Mostra del Cinema di Venezia. Quest’occasione gli permette, sotto lo pseudonimo di Michele Badiek, di dirigere nel 1937 il suo primo lungometraggio, “Pioggia d’estate”.

"Amici miei" foto di gruppo
“Amici miei” foto di gruppo

L’irriverenza di Monicelli e lo spirito toscano risaltano nei suoi film, tra cui “Amici miei”, che è diventato un cult nel cinema italiano. È nel 1949, insieme a Steno, dirige il film “Totò cerca casa”, secondo incasso della stagione italiana di quell’anno. Da quel momento il suo nome è consegnato alla storia, attraverso oltre 60 titoli con pellicole del calibro di: “I soliti ignoti” con Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò, e Claudia Cardinale, “La grande guerra”, “L’armata Brancaleone”, “La ragazza con la pistola”, “Un borghese piccolo piccolo” e “Il marchese del Grillo” con l’intramontabile carisma di Alberto Sordi, “Speriamo che sia femmina”, “Parenti serpenti”, “Cari fottutissimi amici”.

  • Mario Monicelli
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A proposito di “Amici miei”, ecco cosa scrive in “L’arte della commedia”, a cura di Lorenzo Codelli (edizioni Dedalo Bari 1986), Tullio Pinelli nella prefazione. Confesso che all’inizio quelle sue burbere e taglienti affermazioni di principio mi avevano un po’ sconcertato dico, all’inizio della nostra collaborazione, quando, scomparso con profondo dolore mio  ed i tutti Pietro Germi, la sceneggiatura di Amici Miei, nella sua prima stesura,  era passata a lui. Germi, aggressivamente sentimentale, un po’ alla De Amicis, aveva inteso il film come la storia di una salda onesta, commovente amicizia tra uomini; e con Benvenuti e De Bernardi, fiorentini scanzonati, avevamo dovuto insistere per portare la vicenda su un piano appunto, più scanzonato. Arrivato, al posto di Germi, Monicelli, i ruoli mi sembravano invertiti; cioè non avevamo certo bisogno, noi sceneggiatori, di premere il pedale per introdurre versioni ed episodi di scanzonata ironia, anzi! E il film pilotato da Monicelli come la macchina su quella strada tra Montalcino e Montiano, ha avuto il successo che ha avuto. Perché, e l’ho capito frequentandolo e conoscendolo meglio, dopo quelle sue burbere e taglienti affermazioni di principio, non mai volgari comunque né volutamente ciniche basta uno scherzo che gli vada a genio (e non è facile…) e gli viene fuori un sorriso di una ingenuità infantile disarmata e disarmante; e io penso che proprio questo tipo di sorriso riveli, come i suoi film migliori, la sua natura più vera, quella di un uomo e di un artista onestissimo, nemico della retorica fino a difendersi dai sentimenti chiudendosi come un istrice per terrore del sentimentalismo spietatamente ostile ai compiacimenti dei rapporti sessuali per terrore dell’erotismo; e insomma dotato di qualità umane cui non intende mai rinunciare e alle quali subordina tutte le sue scelte d’autore.

Monicelli sul set "Il marchese del Grillo"
Monicelli sul set “Il marchese del Grillo”

Monicelli era così, dalle testimonianze di chi lo conosceva: burbero, sagace, un temperamento determinato, che non riuscì a reggere, probabilmente, il tumore che lo colpì in vecchiaia, e lo portò al suicidio nel 2010: «Non aspetterò la morte in un letto d’ospedale, con i parenti che mi portano la minestrina», dichiarò in una delle ultime interviste.

Simona Cocola

Immagini tratte dal sito ufficiale di Mario Monicelli

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Simona Cocola

Giornalista pubblicista torinese, ha iniziato a collaborare per la carta stampata nei primi anni dell'università, continuando a scrivere, fino a oggi, per diverse testate locali. Ha inoltre lavorato in una redazione televisiva, in uffici stampa, ha ideato una rubrica radiofonica, ed è autrice di due romanzi.

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