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Mimose? No, lettere di licenziamento da Burberry

ROMA. Burberry a Roma taglia il personale. La griffe del lusso lodinese ha comunicato il liceziamento collettivo dei dipendenti, per la quasi totalità donne, della boutique all’interno del Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino. Una doccia fredda per le commesse di Burberry nella giornata dell’8 marzo alle prese con lettere di licenziamento e proteste.

“Burberry augura buon 8 marzo alle commesse con un licenziamento collettivo. Un vero e proprio attacco alle donne e alle lavoratrici” – tuona Francesco Iacovone, del Cobas nazionale parlando di “comunicazione assurda” da parte della griffe.  Sulle venti dipendenti di Fiumicino, tra boutique al Terminal 1 e al T3, sono nove quelle che dovranno lasciare il posto di lavoro: il T1 sarà infatti presto sottoposto a lavori di ristrutturazione e in quell’occasione lo store di Burberry cesserà la propria attività “mandano a casa le lavoratrici che già hanno subito il trauma dell’incendio al T3”. “Quella di Burberry è una comunicazione assurda – denuncia Iacovone – visto che la multinazionale ha molti punti vendita nella Capitale e potrebbe tranquillamente reimpiegare le lavoratrici negli altri store. Invece no: ha deciso di mandarle ad ampliare la sacca di disoccupazione femminile, vera piaga di questo Paese”. Ma il timore dei licenziamenti varca la soglia di Fiumicino:

“Il problema è che potrebbero ricadere su tutto il perimetro di Roma” – sostiene Iacovone. Poi l’attacco alla casa madre: “Questa azienda non è nuova ad atteggiamenti lesivi della dignità dei lavoratori: dallo scandalo della boutique di via dei Condotti, fino al questionario shock che chiedeva ‘razza’ e orientamento sessuale dei dipendenti.  E’ ora di mettere un argine a tanta arroganza e allo spregio che Burberry mostra in ormai troppe occasioni” – ha ribadito il sindacalista. La protesta delle lavoratrici di Burberry. Intanto nella boutique di Fiumicino le lavoratrici sono in protesta, una mobilitazione che non si fermerà: “Abbiamo l’obiettivo – dichiarano i Cobas – di far rientrare questi licenziamenti e di fermare lo strapotere delle multinazionali del commercio che continuano a drenare i nostri territori restituendo nulla in cambio”. “

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