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Novant’anni fa nasceva con Mondadori il giallo italiano

La paura fa novanta… Anche il giallo. Infatti, nel settembre 1929 quattro romanzi dell’identica collana fecero la loro comparsa in libreria: La strana morte del signor Benson (S.S. Van Dine), L’uomo dai due corpi (E. Wallace), Il mistero delle due cugine (A.K. Green) e Il club dei sucidi (R.L. Stevenson). Si presentavano con una copertina di cartone rigido giallo con immagini d’effetto rinchiuse in un esagono rosso (ben presto destinato a trasformarsi in cerchio e logo inesausto e segno di riconoscimento inconfondibile). Avevano tutti lo stesso prezzo di copertina: cinque lire e cinquanta centesimi. È l’incipit di una grande avventura di Mondadori che è alla base dell’epopea del “giallo”. Un colore che è diventano un contenitore di concetti, ma soprattutto sinonimo di una nuova forma di comunicazione di un genere letterario le cui radici affondavano nel cosiddetto gotico ottocentesco.

I primi gialli Mondadori furono accompagnati da una campagna pubblicitaria non proprio rassicurante: infatti lo slogan dichiarava che “Questo libro non vi farà dormire!”… Un’indicazione che non frenò l’ascesa di quell’iniziativa destinata a diventare un grande successo editoriale: un milione e messo di copie vendute dopo i primi settantacinque numeri. Il progetto dei gialli era stato affidato a Luigi Rusca, un dirigente Mondadori, e Danilo Lebrecht, scrittore, traduttore e soprattutto grande collezionista di libri polizieschi.

Il cosiddetto poliziesco ebbe la sua genesi e affermazione verso la metà del XIX secolo, in linea con il pensiero, ma soprattutto il metodo analitico del positivismo. Il passaggio dalla filosofia e cultura del periodo alla pagina del romanzo fu un’operazione in fondo lineare, condotta senza grandi sforzi e trovando una risposta da parte dei lettori che guardavano al dominio del ragionamento induttivo, come al sistema di approccio più idoneo per far fronte alle istanze che scaturivano nel mondo scientifico, ma anche nella società. Una società che risentiva del contraccolpo inferto dall’industrializzazione, dall’accentuarsi delle suddivisioni sociali, dalla povertà che costringeva alcune categorie a vivere ai limiti della sopravvivenza, spesso in sobborghi dominati dalla miseria e dal crimine.

In genere si tende a porre l’origine del poliziesco nel 1841, cioè quando venne pubblicato, sul “The Granham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine” il già indicato racconto The Murders in the Rue Morgue di E.A. Poe., a cui faranno seguito: The Purloined Letter e The Mystery of Marie Roget. A esso si riferirà Arthur Conan Doyle, quasi settant’anni dopo con A Study in Scarlet che consacrerà la nascita di Sherlock Holmes.

Ritornando a quello che può essere considerato il periodo d’oro del giallo italiano (1930-1940), ricordiamo che le prime copertine furono realizzate da Alberto Bianchi, poi sostituito da Giorgio Tabet e dopo la guerra da Ugo Monicelli: quest’ultimo oggi potrebbe rientrare nella categoria detta “spoiler” (termine anglosassone per indicare qualcosa o qualcuno che rivela informazioni atte a porre in evidenza aspetti salienti di un romanzo, film, ecc.). Infatti, le copertine di Monicelli avevano la prerogativa di illustrare così bene gli aspetti principali del romanzo da lasciar trasparire “chi fosse l’assassino”…

All’inizio degli anni Cinquanta le copertine, non solo dei gialli ma anche dell’innovativo “Segretissimo”, furono affidate Carlo Jacono. Quattro anni dopo la sua comparsa in libreria il giallo approdò nelle edicole: per un numero maggiore di lettori fu amore a prima vista, come confermarono le vendite.

Durante il ventennio, seguendo un’imposizione che è trasversale alle dittature, furono dettate alcune regole: una percentuale non inferiore al quindi per cento doveva essere costituita da autori italiani; i criminali meglio fossero stranieri e soprattutto che alla fine fossero arrestati. Furono adottati alcuni stratagemmi per aggirare le regole: molto diffuso l’utilizzo degli pseudonimi, oppure l’ambientazione in altri Paesi, espediente usato, per esempio, da Giorgio Scerbanenco. Quando fu mandato in edicola uno dei capolavori di Agatha  Christie (1935), Assassinio sull’Oriente Express, si optò per un titolo meno esplicito: Oriente Express.

Per far fronte alla richiesta di giallisti autoctoni, vennero reclutati autori che non sempre erano tagliati per il giallo: della gran parte si è persa memoria, ma qualcuno è entrato nella storia del genere: per esempio Alessandro Varaldo e Augusto De Angelis. Vi fu chi ritenne il giallo diseducativo: non mancarono delinquenti che cercarono attenuanti sostenendo di essersi ispirati ai gialli per attuare le loro imprese criminali…

Ma l’opposizione fu anche di carattere letterario. Già dopo una decina d’anni dall’esordio, il periodico “Omnibus” Alberto Savinio perentoriamente scriveva: “la letteratura plebea che in principio fu detta poliziesca e poi, dal colore dei libri, gialla, soddisfa i gusti più bassi degli uomini”… Oggi il giallo Mondadori è presente in edicola con dodici numeri all’anno; giunge a una vendita che si assesta intorno alle centocinquantamila copie, di queste l’ottanta per cento è acquistato in cartaceo, appunto in edicola, mentre il rimanente venti per cento è relativo al segmento e-book.

(ha collaborato Massimo Centini)

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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