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Omicidio Khashoggi cinque condanne a morte, ma i mandanti?

ISTAMBUL. Una sentenza apparentemente dura ma che in realtà non colpisce i mandanti del crimine, chi ne orchestrò l’esecuzione. Cinque persone sono state condannate a morte in Arabia Saudita per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul nel 2018. Lo ha annunciato la procura di Riad. Nessuna accusa per Saud al Qahtani, stretto consigliere ed ex responsabile per la comunicazione sui social media del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Secondo le indagini condotte dagli esperti dell’Onu c’erano “prove credibili” di responsabilità individuali del principe e del suo consigliere.

«Non copritemi la bocca. Così mi soffocherete». Sarebbero state queste le ultime parole del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre del 2018. A rivelarlo il giornale turco Daily Sabah che ha trascritto le registrazioni ottenute dei servizi di intelligence di Ankara, e finite nelle mani delle autorità turche, poco dopo l’omicidio della voce scomoda per il regime saudita. Trascrizioni integrali, parzialmente diffuse nei mesi scorsi, che rafforzano ulteriormente la tesi che a premeditare l’esecuzione del giornalista sia stato proprio il principe coronato saudita Mohammed bin Salman, ma che conferma anche molti dettagli sulla morte dell’uomo, già contenuti in un rapporto dell’Onu divulgato lo scorso giugno. Fatto a pezzi prima di essere trasportato fuori dal consolato, il corpo di Khashoggi non è mai stato ritrovato.

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