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Renzi e il nuovo disordine partitico: inopportunità, opportunismo ed opportunità

Il popolo italiano attende, nella sua trasudata pazienza, la sistemazione o risistemazione degli affari tecnici del governo nel neonato 2021. I cittadini che onorano il Paese con il lavoro, lo studio, le idealità e le matericità creative infatti non aspettano i calcoli poltronisti ed a-poltronisti, in un sistema che dalle montagne fa spuntare topolini. La mossa di Renzi, per quanto alcune sue critiche possano corrispondere ad effettive nonché tragiche esigenze del tessuto produttivo di ricchezza nel Paese, si è configurata come una mossa forzatamente influente, come a voler muscolarmente sottolineare importanze di ago della bilancia partitica nelle maggioranze. La mossa quindi può essere salutata, non da meno, come una mossa poco responsabile dato il momento di contagi da Covid-19 in infelice riaumento.

Le inefficienze possono essere affrontate con durezza di critica propositivia sì, nella dialettica della politica, ma senza creare colpi di scena personalisti: soprattutto in alcuni momenti “pungenti”. In quest’alba del 2021 si ha bisogno di organizzare altre “punture” prima che giunga il crepuscolo. Sicuramente si ha bisogno di punture vaccinali e non di iniezioni d’ennesimi personaggi alle cariche, con tutte le trafile e tempistiche inevitabili da affrontare.

Le statistiche mostrano che malgrado a destra ci sia una voglia sempre confessata di elezioni, evidentemente per ragioni di schieramento e di opportunismo, nel Paese regna sovrana una voglia di stabilità all’insegna delle misure concrete da programmare, per garantire una idonea neo-normalità all’orizzonte. I giuochi di palazzo diventano quindi giochetti ed anzi giochettini agli occhi ed in barba degli italiani che vivono altre quotidianità, fuori dai palazzi.

Renzi
Matteo Renzi

In questo momento già critico aprire ulteriori crisi per dar da pensare ad altro e non alle impellenze del tanto da fare, con la coscienza in mano, risulta un atto di astigmatico sub-coraggio autoreferenziale. A Renzi piace sperimentarsi negli ondivaghi contesti della politica. La sua curiosità in questo momento ha prevalso rispetto ad un più opportuno senso di critica nella stabilità, e non al di là degli equilibri già faticosamente stabilitisi nell’arco costituzionale.

Si è votato nel 2018, il Paese era illuso da ricette di cambiamenti moralmente alternativi nella politica, il Paese si è trovato poi di fronte alla realtà con prospettive più disincantate, ed in questo bagno dorato di realismo tornare indietro alle post-ideologie o alle ideologie sbiadite oltre che anacronistico sembra impossibile. Così chi vorrebbe un Pd in stile Ds si dovrà trovare di fronte ad un più corposo meccanismo politico nazionalpopolare a sinistra. Chi voleva il radicalismo liberale dovrà fare i conti con i veterani del centro-destra che tanto alternativi non sono in tema di cultura europeista federalista. Chi voleva ricette radicali per le finanziarie e per i nuovi diritti civili dovrà sgomitare in un centro politico in senso stretto che ha perso la propria ragione storica, all’interno della dissoluzione delle economie ideologiche in Parlamento, in cui tutto si fa centro con qualche punta di ultroneità di sinistra o destra che sia. Il tutto scorre. Tocca scorrere, ma tocca prima decidere se scorrere accanto o nel fiume.

A Renzi ora resta d’intraprendere la strada del c.d. polo liberale, in quel centro non centrista che a dire il vero non è molto esteso e non genera molti seguaci, e quindi con i liberali radicaleuropeisti e con gli azionisti calendiani. Ma a Renzi ciò – si sa – non basta, e in un’intervista a Tagadà nell’estate 2020 l’ex premier ha sfogato la sua vera voglia di ritornare ad essere presidente del Consiglio e leader di una forza politica popolare.

Il premier Giuseppe Conte (Twitter)

La sinistra sfrutterà la leadership di Conte per estendere i propri consensi e bacini elettorali agli ex rammaricati che hanno votato i Cinque Stelle nel 2018?

Zingaretti lascerà il posto a Conte o a qualche altro personaggio che sappia portare in piazza e al voto le masse di neo-oppressi post-Covid, qualora si dovesse arrivare ad elezioni come vorrebbe la destra?

Sdoganate le tante creature giuridiche ibride, funzionalmente pubbliche ed al contempo strutturalmente private, la nuova sinistra popolare potrà ripensare a dirigere gli assetti gestionali della produttività del Paese all’interno di un disegno regolatorio, più libero ma al contempo più controllato per la tutela delle ragioni della comunità? Sul piano internazionale si potrà acquistare e soprattutto vendere con tutti ed in particolare con i più amici, ma sapersi guardare bene in casa nel promuovere i nostri prodotti italiani sui corpi e sulle tavole degli italiani?

Si deve pervenire ad una stagione sociale, dopo il Covid, in cui dalla corteccia politica si deve passare a valorizzare la linfa, e ci si deve occupare solo di essa, con chi avrà la finezza ed il coraggio di scollarsi dalle sedie della corteccia.

Luigi Trisolino

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