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Riforma delle pensioni: governo tra l’incudine ed il martello?

La riforma delle pensioni flessibile e strutturale alla quale stanno lavorando governo e sindacati si trova tra l’incudine e il martello.

L’incudine è la sostenibilità del sistema previdenziale. La fascia di popolazione in età lavoro (15-64) ha un trend decrescente, mentre la fascia di popolazione dai 65 anni in su ha un trend crescente. L’aspettativa di vita è in aumento, si vive più a lungo, e quindi si percepisce la pensione per più tempo; mentre le nascite sono in diminuzione (al calo delle nascite si accompagna un tasso di fecondità in diminuzione che oggi è pari a 1,32 figli per donna). Il nostro sistema previdenziale è a ripartizione, e questo significa che le pensioni vengono pagate con i contributi dei lavoratori attivi. Se non si riesce a popolare la fascia di età tra i 15 e i 64 anni (penalizzata dalla bassa natalità) sarà sempre più difficile pagare le pensioni agli aventi più di 65 anni di età (favoriti dall’allungamento della vita).

Riforma delle pensioni

Il martello è la cronica mancanza di risorse. Il governo si trova nel 2020 a dover agire allo stesso modo in cui ha agito nel 2019: sterilizzare le clausole di salvaguardia Iva per il 2021 e fare una manovra in deficit. Nel Documento Programmatico di Bilancio 2020 il governo si è espresso dicendo che la disattivazione dell’aumento Iva per il 2020 sarebbe stata totale, mentre per gli anni successivi sarebbe stata parziale. Questo significa che nel 2021 l’Iva aumenterà. A riguardo l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, guidato da Carlo Cottarelli, precisa che dal 1° gennaio 2021 il governo disattiverà solo 10,4 dei 28,8 miliardi di aumento previsto.

Come realizzare una riforma sostenibile

Il solo modo per realizzare una riforma pensionistica sostenibile, evitando di finanziarla con deficit pubblico o con l’aumento delle imposte innalzando le aliquote Irpef, è quello di ampliare la fascia di popolazione in età lavoro portandola da (15-64) a (15-66) e allungare l’uscita dal mondo del lavoro elevando l’età da 65 a 67 anni. Insomma, sembra proprio non esserci una riforma strutturale alternativa alla riforma Fornero. La flessibilità che si potrebbe introdurre è quella dell’uscita anticipata ma con una penalizzazione (per esempio uscita a 64 anni di età e ricalcolo con il sistema interamente contributivo).

Riforma delle pensioni
Elsa Fornero

Quali sono le alternative alla flessibilità?

Alternative alla flessibilità in uscita ce ne sono, e senza penalizzazioni. Una di queste potrebbe essere fondata sulla possibilità di aumentare la popolazione dei lavoratori attivi inserendovi le macchine (macchine automatiche, robot, intelligenza artificiale). Un modo rapido per aumentare i contributi della popolazione attiva, in presenza di elevata disoccupazione e di produzione stagnante, è quello di introdurre la “contribuzione digitalefacendo versare i contribuiti alle macchine automatiche che sostituiscono l’uomo nel processi di produzione (distributori di banconote, casse automatiche ai supermercati, piattaforme digitali di disintermediazione, come quella per l’home banking, l’home insurance, la consegna di cibo a domicilio, ecc.).

In altre parole, occorre trattare le macchine alla stregua dell’uomo: i contributi digitali andrebbero versati alla stessa maniera in cui i lavoratori e le aziende versano i contributi previdenziali.

Stimolare i consumi

Oltre ad aumentare la popolazione dei lavoratori attivi inserendovi le macchine (robot, automi, piattaforme digitali di ogni genere), occorre stimolare nuovi consumi attraverso il ricambio generazionale consentendo alle persone aventi 41 anni di contribuzione di andare in pensione indipendentemente dall’età, ed estendendo la finestra (62, 38) di Quota 100 a fasce più ampie di lavoratori (per esempio a lavoratori con 60 anni di età e 40 di contribuzione). Le nuove pensioni potranno essere finanziate con i 28 miliardi previsti per evitare l’aumento dell’Iva nel 2021 e lasciando aumentare l’Iva (a causa dell’aumento dell’Iva i consumi correnti si ridurranno, ma la riduzione sarà in parte compensata dai nuovi consumi di nuovi lavoratori).

Sinergia tra riforma delle pensioni e riforma del lavoro

È necessario inoltre coordinare in modo sinergico la riforma delle pensioni con la riforma del lavoro in modo da evitare conflitti sui versamenti contributivi: evitare, per esempio, che mentre sul fronte della riforma delle pensioni si cerchi il modo di incrementare il versamento dei contributi al fine di rendere il sistema previdenziale sostenibile, dall’altro, sul fronte della riforma del lavoro, si consenta ai datori di lavoro di non versare l’ammontare dei contributi previdenziali a loro carico al fine di favorire l’occupazione.

Claudio Maria Perfetto

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