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Saman, intercettazione chiave della madre: “Noi siamo morti sul posto”

Noi siamo morti sul posto“. Queste le parole pronunciate da Nazia Shaheen, madre di Saman Abbas, riferendosi a lei e al marito in una conversazione con l’altro figlio, intercettata a fine agosto 2021. Si tratta di un’intercettazione chiave che potrebbe definitivamente far luce sulla vicenda legata alla scomparsa della diciottenne pachistana scomparsa il 30 aprile 2021 da Novellara, in provincia di Reggio Emilia.

La dichiarazione, estrapolata da una conversazione via Whatsapp del 30 agosto 2021, è contenuta nel maxi faldone del processo che inizierà a febbraio 2023 a Reggio Emilia e che, dopo le indagini dei carabinieri e della pm Laura Galli, vede imputati per omicidio cinque familiari della ragazza: i due genitori, attualmente latitanti in Pakistan sui quali pende un mandato di cattura internazionale e una richiesta di estradizione da parte del governo italiano, i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, e lo zio Danish Hasnain, questi ultimi tre arrestati tra Francia e Spagna.

Il fratello minore di Saman: il teste chiave dell’indagine

L’intercettazione è avvenuta a seguito della chiamata del fratello minorenne di Saman all’utenza pachistana usata dai genitori, fuggiti in Pakistan il primo maggio, la mattina dopo il presunto omicidio della figlia avvenuto la notte fra il 30 aprile e il primo maggio. Il giovane è uno dei testimoni chiave per gli inquirenti: sentito in incidente probatorio il 18 giugno 2021, ha accusato i familiari del delitto, in particolare ha indicato lo zio Danish come l’esecutore materiale dell’uccisione della sorella.

Uno dei cugini in carcere avrebbe raccontato le modalità dell’uccisione

Particolare sul quale converge in parte pure il racconto di uno dei due cugini indagati, Ijaz, a un compagno di cella in carcere. Un racconto in un contesto carcerario che gli stessi inquirenti prendono con cautela, ma secondo il quale gli ultimi istanti della vita della ragazza sarebbero stati questi: Saman tenuta ferma dai cugini Ijaz e Nomanhulaq mentre lo zio Danish la strangolava con una corda. Poi l’aiuto di una sesta persona, non identificata, per finire la giovane, infilare il corpo in un sacco, caricarlo in bici, smembrarlo e gettarlo nel Po.

Saman

Il contenuto dell’intercettazione

Il giovane parla con la madre di altri due familiari, non indagati, che secondo lui avrebbero istigato il padre nell’organizzazione dell’omicidio della sorella. Il giovane è arrabbiato nei confronti dei due – uno zio e un cugino – ritenendoli responsabili moralmente per la fine di Saman e lasciando trasparire sentimenti di vendetta. La madre cerca invece di calmarlo chiedendogli di “lasciarli stare“.

E il giovane cita una frase riportata di questi familiari “‘Se era mia figlia, anch’io facevo così con lei’. Io non ho dimenticato niente. Li raddrizzerò questi due“. A quel punto la madre ribatte: “Tu non sai di lei?“, probabilmente riferendosi ai comportamenti di Saman, “Davanti a te a casa… noi siamo morti sul posto, per questo tuo padre è a letto e anche la madre (parla di sé in terza persona, ndr) a letto“, “Anche di lei non è che non sai, da costretti è successo quello che è successo, anche tu lo sai, figlio mio non sei bambino, sei giovane anche e comprendi tutte le cose“. E poi in passaggi seguenti: “Tu sei a conoscenza di tutto“, dice al figlio, “Pensa a tutte le cose, i messaggi che ci facevi ascoltare la mattina presto, pensa a quei messaggi, pensa e poi di’ se i tuoi genitori sono sbagliati“. “Ora mi sto pentendo, perché ho detto“, risponde il ragazzo.

La condanna a morte dopo aver visto la foto di un bacio

Dalle indagini emerge un altro elemento importante ai fini della ricerca della verità: secondo un cugino sentito dai carabinieri di Reggio Emilia sarebbe stata una fotografia a sancire la condanna a morte della ragazza da parte dei familiari. L’immagine, condivisa sui social dalla giovane, mostra Saman e il fidanzato baciarsi per le vie di Bologna. Il primo a vederla fu il fratello minorenne che la mostrò ai familiari, scatenandone l’ira.

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