• SCUOLA

Scuola, dall’edilizia all’architettura scolastica: l’ambiente di apprendimento

È evidente la necessità un cambiamento di mentalità in chi è chiamato a progettare un edificio scolastico: all’architetto progettista si chiede una competenza nuova ed una preparazione che non può prescindere dalla conoscenza della nuova concezione dell’educazione.

Un capitolo significativo del Rapporto Bianchi è dedicato alle strutture scolastiche, vale a dire agli edifici. Ritengo molto interessanti le considerazioni portate avanti dal documento perché servono a mettere in evidenza la necessità di una nuova mentalità, che deve riguardare chi è chiamato a pensare e a progettare gli spazi dove si attua l’educazione dei giovani, spazi che devono avere tutte le caratteristiche per far sì che la scuola come organismo possa raggiungere tutti gli obiettivi che si propone.

Un cambiamento di mentalità

Appare subito evidente la necessità un cambiamento di mentalità in chi è chiamato a progettare un edificio scolastico. In un passato ancora non lontano, all’architetto era affidato il compito di ideare una scuola nel rispetto di alcune regole elementari: garantire la dovuta luminosità alle aule, impostare le aule nel rispetto del rapporto metri quadrati e numero degli allievi, fornire le dovute indicazioni per gli impianti di riscaldamento, individuare le aree per i servizi.

Il risultato di questo tipo di progettazione, che poteva essere senza problemi duplicata all’infinito, era la creazione di aule sostanzialmente isolate dal contesto urbano, all’interno delle quali gli studenti e gli insegnanti potessero svolgere la loro attività. Nella sostanza, i muri delle aule rappresentavano dei veri e propri “confini” e nello spazio da questi delimitato gli alunni trovavano il loro ambito vitale.

In molti casi l’architetto progettista non conosceva neppure il territorio dove doveva essere realizzato il plesso scolastico. Oggi non può essere più accettato questo modo di agire. All’architetto progettista si chiede una competenza nuova ed una preparazione che non può prescindere dalla conoscenza della nuova concezione dell’educazione, la quale ipotizza che questa avvenga in un ambiente aperto al territorio e alla comunità all’interno della quale questa funzione trova la sua realizzazione.

L’architetto pertanto, nel suo importante ruolo di progettista, ha da fare un attento studio dei luoghi dove l’opera deve essere realizzata, perché questo progetto, con le sue caratteristiche, deve essere in sintonia con le caratteristiche edilizie dei luoghi nei quali è inserito. L’allievo non deve avvertire che l’edificio scolastico è un qualcosa di diverso, da un punto di vista delle caratteristiche architettoniche, dagli edifici che stanno intorno. È questa una specificità importante che deve essere tenuta in considerazione nel momento in cui si dà avvio alla progettazione.

Ma tutto questo non è ancora sufficiente, per impostare in termini corretti il lavoro progettuale. A chi studia l’edificio da realizzare devono essere infatti ben presenti anche la salvaguardia paesaggistica, i fattori identitari e tipologici, le tecniche e le tradizioni locali, le caratteristiche della mobilità. Al complesso gruppo di elementi appena elencati , è opportuno aggiungere, per cogliere fino in fondo la nuova cultura legata all’architettura del nuovo ambiente dell’apprendimento, due sottolineature prese dal più volte citato Rapporto.

La prima: “Se un edificio deve essere un organismo, una struttura viva e dinamica, sensibile a fattori endogeni ed esogeni, va pensato con tale attenzione, prendendosi cura del suo metabolismo e comprendendone le modalità di funzionamento”. La seconda: “Se la scuola è un luogo anche di benessere fisico, cognitivo, culturale e sociale”, l’edificio deve essere il risultato indiscusso di una attenta regia e di una continua osservazione dell’uso degli spazi.

Come conclusione di tutte queste osservazioni, si deve dire che il risultato progettuale può essere accettabile se il progettista ha saputo cogliere gli aspetti dinamici del processo educativo e ha saputo fare sintesi di tutte le stimolazioni che sul processo educativo possono cadere. Non è un caso se in questi decenni si è passati da una impostazione che aveva privilegiato l’architettura scolastica, come arte idonea alla realizzazione di spazi chiusi ben definiti, ad una impostazione che ha dato e dà enfasi all’architettura scolastica, in quanto arte della progettazione dell’ambiente di apprendimento. Sono queste espressioni indici di una aggiornata ed implementata mentalità e, soprattutto, punti di riferimento di un percorso dello studio delle problematiche dell’educazione.

edilizia scolastica
Gli interni del nuovo edificio scolastico nel quartiere di
Merezzate a Milano (Twitter).

Fare scuola e non andare a scuola

È bene che gli architetti progettisti si facciano carico dei cambiamenti culturali in atto, perché in questo modo contribuiscono concretamente allo sviluppo della cultura educativa. Mi sembra allora anche opportuno richiamare qui alcuni concetti che, secondo quanto si legge nel Rapporto Bianchi, aiutano a passare dall’architettura dell’edilizia scolastica all’architettura di ambienti di apprendimento.

Il primo: interfacce invece di muri. È opportuno incominciare a pensare al progetto di una scuola dove i muri non siano confini ma interfacce, cioè “sistemi di scambio tra dentro e fuori, superfici dinamiche e interattive”. A guardarli bene non sono strumenti per chiudere dentro gli alunni e le loro attività, ma “sono filtri, polmoni, fronde che fanno respirare e garantiscono un metabolismo dell’edificio e garantiscono il benessere sia sensoriale, sia cognitivo di chi vi abita dentro”.

Un secondo motto: una scuola che fa del fuori il dentro. Il perimetro dell’edificio non deve essere il confine, la frontiera che blocca. La scuola è aperta alla comunità e di conseguenza l’edificio deve permettere lo scambio di esperienze tra l’interno e l’esterno, perché la fusione di queste esperienze favorisce il processo educativo.


Una terza espressione: una scuola in cui le materie sono anche il materiale da costruzione. L’architetto deve progettare pensando ad un edificio in cui “i pavimenti raccontano geometrie e formule matematiche, dove i materiali sono chimica e fisica da toccare, dove le finestre parlano di climatologia e questioni ambientali, dove i muri raccontano storie antiche e sussurrano letteratura […] Un edificio costruito ed arredato con i contenuti delle attività didattiche diffusi nell’ambiente, alla portata degli studenti per ragionare”.

Un’ultima frase che colpisce: una scuola che sappia venire a patti con la comunità. Poiché in Italia oggi le istituzioni scolastiche sono diffuse sul territorio, ma sono chiuse dentro i propri muri, con i propri cortili, le proprie torri di riferimento, la progettazione deve garantire delle strutture che possano dialogare con il territorio, partecipando alla vita della comunità e viceversa. Una didattica non solo a distanza ed in presenza, ma anche in luoghi diversi, collegati dal filo del conoscere e del sapere.

L’esterno dell’edificio scolastico nel quartiere di
Merezzate a Milano

Un curioso acronimo per i nuovi ambienti dell’apprendimento

Per chiudere questa riflessione sulla progettazione e sul ruolo dell’architetto, mi sembra utile richiamare un acronimo presente nel Rapporto, nel capitolo relativo alla progettazione. Questo acronimo è C.A.M.P.U.S. e sta ad indicare un percorso idoneo a fare sintesi dei vari elementi che compongono un’attività educativa, che possa considerarsi attuale e quindi rispondente alle nuove istanze del mondo scientifico, producendo anche un ampliamento dei tempi e dei luoghi per l’apprendimento.

Ecco le componenti dell’acronimo:

  • “C” di computing. Le nuove tecnologie possono essere strumento per uno sviluppo di una didattica in grado di stimolare creatività ed innovazione.
  • A” di arte. Le istituzioni scolastiche possono realizzare un modello organizzativo flessibile, perché la scuola possa diventare un laboratorio permanente del sapere artistico e dell’espressione creativa.
  • M” di musica. È ormai appurato ed acquisito che l’educazione musicale mette in moto una feconda interazione tra i due emisferi del cervello umano e che in questo modo concorre a migliorare, in generale, le capacità di apprendimento. Ancora oggi, nonostante molti progressi, resta molto da fare.
  • “PU” di vita pubblica (Pubblic Life). Questa conoscenza ha come obiettivo quello di far acquisire consapevolezza e responsabilità in tutte le dimensioni della vita pubblica.
  • “S” di sport. È importante lo sport perché questo tipo di attività produce un coinvolgimento totale a livello fisico, intellettuale ed emotivo.

Considerazione conclusiva

Alla luce di tutte le riflessioni proposte ora, appare molto chiaro il nuovo ruolo che compete all’architetto, progettista di un edificio scolastico. Nella progettazione il professionista è chiamato a tenere in considerazione tutte le esigenze, è chiamato a proporre un edificio che possa essere un vero “ambiente di apprendimento”.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

Tags

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

Articoli correlati