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Scuola: la visione di Bianchi, ministro dell’Istruzione del governo Draghi

Chi scrive un saggio su un articolato argomento, introducendo proposte concrete da un punto di vista operativo, corre il rischio, se viene coinvolto nell’attività collegata al suo scritto, di essere chiamato a sperimentare le ipotesi descritte nel suo lavoro. Questo rischio certamente corre il nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, perché nel suo saggio ‘Nello specchio della scuola‘ delinea sette percorsi per far uscire l’istruzione “dalla situazione della crisi in cui si trova”.

Non è un caso se questo testo viene considerato oggi il documento programmatico del nuovo titolare del ministero di Via Trastevere. Del resto già nell’estate scorsa Bianchi, presiedendo la task force nominata dalla ministra Azzolina, aveva sostanzialmente scritto il rapporto che con questi stessi punti doveva puntare a far uscire la scuola dalle difficoltà in cui si trovava e si trova. Per capire come si muoverà il neo titolare del dicastero, mi sembra utile esporre brevemente i punti del suo scritto e, nello stesso tempo, richiamare alcuni passi del documento ministeriale, del quale ha la paternità.

In questa mia riflessione cercherò di sintetizzare i sette argomenti fondamentali della sua ricerca e del suo libro, che diventeranno la logica premessa del suo programma. Approfondirò, in successivi scritti, i vari punti al fine di far conoscere quella che, secondo Bianchi, deve essere la scuola del futuro, tenendo presente che il futuro è già cominciato perché la pandemia, piaccia o non piaccia, ha già travolto l’esistente e lo ha reso passato remoto.

Una premessa: qualche cenno biografico sul ministro

Diciamo subito che Bianchi è un uomo di scuola perché ha passato la sua consistente attività professionale ad affrontare “questioni scolastiche”. Economista della scuola di Romano Prodi, vede nella scuola un’istituzione fondamentale per lo sviluppo della società, istituzione fondamentale che però deve avere un forte legame con il territorio. Si è occupato e si occupa del settore istruzione sia come operatore, sia come politico.

Nella prima veste è tuttora docente universitario ed è stato anche rettore dell’università di Ferrara. Ha avuto durante il suo rettorato nella città estense la possibilità di confrontarsi con problemi importanti collegati alla didattica e alla sua efficacia e, nello stesso tempo, ha anche affrontato il non facile percorso per il recupero delle risorse economiche per finanziare in modo efficacie i progetti educativi meritevoli di priorità.

Nella seconda veste, quella politica, è stato per dieci anni assessore all’istruzione nella giunta regionale dell’Emilia Romagna ed ha avuto in questa veste la possibilità di cogliere fino in fondo le difficoltà oggettive che si incontrano nel costruire le linee programmatiche dell’istruzione, per quanto di competenza regionale. Si può aggiungere di più: ha avuto anche l’opportunità di verificare il difficile e fragile rapporto che esiste tra la programmazione regionale e quella nazionale. Del resto sta emergendo, anche in conseguenza delle questioni sanitarie attuali, una serie di criticità nel rapporto stato-regioni, che non erano state assolutamente previste nel periodo in cui furono varate le norme in materia di competenza concorrente che tanti malumori oggi hanno suscitato.

Per usare un termine tanto caro al diritto del lavoro, Bianchi non solo ha un curriculum di rilevante spessore, ma ha acquisito esperienze professionali articolate, grazie alle quali può entrare al ministero con l’autorevolezza del caso e il dovuto bagaglio di competenze.

I suoi punti programmatici

Dalla lettura del suo saggio ‘Nello specchio della scuola‘ e del rapporto che ha presentato alla ministra che lo ha preceduto, si possono ricavare i suoi sette punti programmatici, sui quali imposterà il suo lavoro. Mi sembra anche opportuno fare una sottolineatura. Forse – il forse è d’obbligo, quasi scaramantico – questa volta il progetto si potrà realizzare perché, dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio Draghi e del presidente della Repubblica Mattarella, si ricava che la scuola rappresenta una vera e convinta priorità dello Stato e quindi il Ministro non sarà lasciato solo nella sua titanica opera di riforma dell’istruzione.

Guardando, infatti, le esperienze dei suoi predecessori, si ricava non solo l’idea, ma la certezza che il titolare del dicastero di via Trastevere è stato lasciato solo nelle sue scelte; l’attività del ministro dell’istruzione richiede, invece, l’appoggio della presidenza del consiglio, del ministero dell’economia, del ministero dei trasporti in primis e di altri ministeri per attività complementari.

1) Una scuola aperta e inclusiva

Il primo punto del progetto educativo del ministro è quello che prevede una scuola aperta ed inclusiva. Aperta ed inclusiva in due direzioni: quella personale e quella territoriale.

Quando la scuola è inclusiva a livello personale, è sempre arricchente per tutti, a cominciare dagli allievi diversamente abili, per arrivare a tutti gli altri studenti, coinvolgendo in questo arricchimento i docenti. Viene a questo proposito ribadito un concetto significativo da un punto di vista sociale: si deve passare da un vago ed astratto diritto allo studio ad un personalizzato diritto all’apprendimento. In altre parole deve essere riconosciuta la prerogativa dell’apprendere ad ogni allievo tenendo conto della sua situazione personale.

Di conseguenza l’inclusione deve prevedere la possibilità per tutti gli allievi del raggiungimento della stessa meta, con, se necessari, percorsi diversi. Per quanto riguarda il territorio, si deve riorganizzare tutta l’attività per mettere le varie realtà territoriali nella condizione di utilizzare tutte le sperimentazioni, a partire da quelle più evolute che si sono realizzate in determinate località del territorio nazionale.

2) Una scuola che prepari alle nuove competenze del XXI secolo

Un’analisi non necessariamente approfondita mette in evidenza la trasformazione economica e sociale della nostra era, che utilizza nuovi strumenti di comunicazione e di analisi. Nasce, quindi, la necessità che ogni persona sia in grado di possedere la conoscenza dei nuovi mezzi operativi. Questa nuova situazione comporta una rapida modifica dei percorsi scolastici sia del primo ciclo di istruzione che del secondo.

3) Un percorso essenziale, idoneo ad integrare la cultura scientifica, la cultura umanistica e le tecnologie digitali

È necessario promuovere una cultura matematica e scientifica in stretto legame con la cultura umanistica. Grazie alle nuove tecnologie digitali, da considerarsi come vere risorse, sarà possibile rafforzare ed integrare anche la didattica in presenza, nel rispetto delle peculiari caratteristiche degli allievi.

In questo contesto due sottolineature: una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla fascia di età da 0-6 anni, perché deve essere curata con la dovuta sensibilità e con la necessaria professionalità la formazione della persona, che proprio in questo fondamentale periodo della vita richiede una presenza educativa adeguata e mirata. Analoga attenzione va dedicata con urgenza alla “scuola superiore di primo grado, che appare uno dei punti più delicati della scuola italiana”.

4) Una scuola che valorizzi un’autonomia responsabile e solidale

È questo un punto fondamentale del progetto Bianchi. Il ministro è convinto che ogni struttura scolastica debba essere titolare di autonomia, intesa come possibilità di organizzare la propria attività, tenendo conto di tutte le esigenze presenti nel contesto territoriale dove opera. Il legame tra scuola e territorio deve pertanto diventare sempre più stretto.

Il punto di partenza di questo percorso è il “Patto educativo di comunità” che permette lo sviluppo dei precitati legami. Meritano di essere, inoltre, prese in considerazione le esperienze già attuate, che si possono ben essere considerate buone prassi.

5) Ambienti di apprendimento e didattiche capaci di superare le “gabbie del Novecento”

È anche questo un capitolo molto importante, perché riguarda quella che Bianchi chiama “l’architettura scolastica”. Secondo il ministro, lo spazio dell’apprendimento va legato al tempo dell’appartamento. L’aula non deve essere il solo luogo per imparare e apprendere.

Va rivisto il piano dell’edilizia scolastica ed è necessario ridisegnare, da un punto di vista educativo, le scuole, garantendo da un lato la totale sicurezza e dall’altro le possibilità di una organizzazione degli edifici in base alle esigenze educative, perché “gli spazi didattici devono essere aperti alle opportunità formative e assicurare sia un servizio alle comunità locali (compresi i genitori e gli altri alunni), sia una didattica più flessibile e personalizzata che superi le «gabbie del Novecento»”. Con immagine molto efficace si vuole passare dall’edilizia scolastica all’architettura scolastica.

6) Una scuola capace di integrare il diritto alla salute e quello all’educazione

Le recenti vicende hanno messo in evidenza l’opportunità della presenza nella scuola di figure professionali sanitarie. Viene riproposta – dico riproposta perché qualche decennio fa già era presente nelle scuole – la figura del medico scolastico, con il compito di collaborare per quanto riguarda gli aspetti della salute.

7) Personale sempre più formato e qualificato

È questo l’ultimo punto con un contenuto fondamentale: la formazione e l’aggiornamento del personale, che rappresenta un serio investimento, purtroppo fino ad oggi largamente trascurato. Questo aggiornamento potrebbe essere utile per costruire una più completa professionalità del personale docente e, magari, si potrebbe passare dall’ “andare a scuola” al “fare scuola.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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