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Shakespeare potrebbe essere l’italiano John Florio, raccontato in una fiction

E se il “vero” Shakespeare fosse stato uno studioso di origini siciliane? Ad esempio un certo John Florio, figlio di Michelangelo (Michel Agnolo), un erudito in esilio, scappato all’inquisizione da Messina, e nascosto a Venezia e a Verona, prima di arrivare a Londra? Lì nasce John, sfrutta la cultura classica paterna, facendosi accogliere dal conte di Southampton insieme con un giovane attore, Will di Strafford, con cui convivrà.

S’ipotizza che solo un uomo molto istruito avrebbe potuto scrivere le opere shakespeariane che il mondo conosce, anche perché ci si domanda come poteva Shakespeare conoscere nei dettagli Messina, Venezia, Verona, Padova, città italiane in cui ha ambientato molti suoi scritti. Il mistero che da sempre ruota attorno al drammaturgo inglese semi-analfabeta, di cui restano poche tracce a parte una lista di possibili alter ego, oltre a dubbi di scrittori illustri quali Mark Twain, Charles Dickens, Harry James, non ha fine. Inoltre, si sa che Florio è l’autore del dizionario inglese-italiano, che regala al vocabolario inglese migliaia di nuovi vocaboli. Inoltre, già alcuni anni fa era stato pubblicato “Il segreto di Shakespeare”, scritto da Roberta Romani e Irene Bellini, con la prefazione di Roberto Giacobbo, ricco di preziosi dati raccolti nel tempo da ricercatori colti e appassionati.

A provare a dare una spiegazione all’identità di Shakespeare è il regista italiano Stefano Reali, il quale sta preparando una fiction, prodotta in Spagna: «Non esiste – dice – una smoking gun ma una serie stringente di indizi che hanno sostanza di prova. Florio conosce la novellistica rinascimentale italiana, il greco e il latino che l’attore di Stratford non conosceva. Poi il giallo si infittisce. Conosciamo il testamento olografo di Florio che lascia l’utilizzo dei suoi manoscritti al conte di Pembroke, la cui famiglia ne ha negato fino a oggi l’accesso. Il professor Panzieri ha chiesto il permesso a Tony Blair e alla regina Elisabetta II, ma senza successo. Il brand Shakespeare per gli inglesi vale alcuni miliardi di sterline ed è impensabile che vi rinuncino. Persino gli scrittori elisabettiani, contemporanei di Shakespeare fanno riferimento alla possibile frode, ma nessuno poteva sospettare che era così facile fare soldi con il teatro».

Il regista Stefano Reali

Reali prosegue affermando che il filosofo Giordano Bruno consigliò a Florio e a Shakespeare di costruire un teatro più capiente e smontabile, il “Globe”: «E quando il successo crebbe a dismisura, dopo la morte dell’autore e dell’attore, i Pembroke pubblicarono il first-folio, capirono che potevano dare in affitto le opere in loro possesso ai kingsman, e nacquero così le royalty, il diritto d’autore».

L’immagine in alto è tratta dalla pagina Facebook Shakespeare Birthplace Trust

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Simona Cocola

Giornalista pubblicista torinese, ha iniziato a collaborare per la carta stampata nei primi anni dell'università, continuando a scrivere, fino a oggi, per diverse testate locali. Ha inoltre lavorato in una redazione televisiva, in uffici stampa, ha ideato una rubrica radiofonica, ed è autrice di due romanzi.

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