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Si vive più a lungo saltando un pasto e dormendo bene: la ricetta arriva da Harvard

Saltare un pasto al giorno, mantenere il corpo in esercizio, concentrandosi sulle anche e sulle articolazioni, dormire bene, evitare, per quanto possibile, lo stress. È questa la ricetta per una vita lunga e sana descritta da David Sinclair, docente di genetica presso la Harvard Medical School, nel suo ultimo libro “Longevità – Perché Invecchiamo e perché non dobbiamo farlo”, presentato “virtualmente” in una conferenza scientifica divulgativa sulla longevità sana, presieduta da Camillo Ricordi, scienziato italiano che lavora all’Università di Miami.

“L’età di ognuno di noi – spiega Sinclair – dipende da una serie di fattori, e oltre alla componente anagrafica dobbiamo tenere presente i fattori fisiologici. Esistono una serie di metodi per valutare l’età, uno dei più elementari è verificare la possibilità di alzarsi in piedi da seduti senza utilizzare le mani”.

L’autore spiega che la ricerca e la scienza hanno contribuito enormemente ad allungare le aspettative di vita media. “Diversi studi dimostrano che la componente genetica influenza la nostra aspettativa di vita circa al 20 per cento – continua Sinclair – e il resto dipende da fattori ambientali, comportamentali, fortuiti. Ci sono siti particolari, come nella città di Okinawa, in Giappone, dove le persone sembrano più longeve, il che suggerisce che la componente ambientale possa giocare un ruolo fondamentale nelle aspettative di vita di una persona”.

A livello genetico, lo scienziato spiega che esistono diversi componenti in grado di influenzare la capacità rigenerativa di un organismo. “Non dobbiamo dimenticare – afferma – che l’invecchiamento è un processo naturale, che porta al danneggiamento delle cellule. Grazie ad alcuni composti è possibile invertire il deterioramento cellulare e stimolare la rigenerazione dei tessuti”.

Il team di Sinclair ha sperimentato una tecnica basata sulle cellule staminali pluripotenti e sulla proteina sirtuina 1, o SIRT1, che ha riparato il nervo ottico in un gruppo di roditori durante i test di laboratorio.

Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio del gruppo di ricerca di Sinclair ha condotto una serie di esperimenti per dimostrare la possibilità di invertire il processo di deterioramento cellulare in un campione di topolini, che hanno recuperato la vista dopo che il nervo ottico era stato danneggiato. “Possiamo resettare l’invecchiamento – sostiene l’esperto – dobbiamo ancora assicurarci che si tratti di un processo sicuro per l’essere umano, ma le applicazioni pratiche del nostro studio potrebbero invertire la cecità, restituire la vista, riparare tessuti e potenzialmente invertire l’invecchiamento”.

Lo scienziato sottolinea che le tecniche genomiche volte a migliorare le condizioni e abbassare l’età media di un individuo rappresentano ancora un campo in via di esplorazione. “Quello che possiamo fare attualmente – conclude Sinclair – è concentrarci sul benessere dell’organismo. Seguire una dieta sana, evitare gli eccessi, svolgere attività fisica, e mantenere una buona rete di contatti sociali. Sebbene queste tecniche potranno un giorno essere implementate e diventare realtà, non credo che sarà mai possibile vivere per sempre, ma sicuramente possiamo aggiungere e valorizzare il tempo a disposizione durante l’arco delle nostre esistenze”

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