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Sulle famiglie la pressione fiscale nei primi tre mesi è salita al 38,0%

ROMA. La pressione fiscale nei primi tre mesi del 2019 è risultata del 38,0%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ il dato più alto dal 2015. Lo rileva l’Istat, precisando che anche in questo caso vale solo il confronto annuo, tra stessi trimestri. Nel primo la pressione fiscale, come sempre si osserva, mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno. Nei primi tre mesi del 2019 il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. Un aumento che arriva dopo due cali consecutivi. Torna così a segnare un nuovo massimo dal 2012, ma resta ancora sotto il picco pre-crisi, toccato nel 2007 (-5,7%). Lo rileva l’Istat parlando di “un marcato recupero” del reddito che, “grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto”.

pressione fiscale

I consumi delle famiglie nei primi tre mesi del 2019 sono cresciuti in termini nominali dello 0,2%, frenando su base congiunturale (erano aumentati dello 0,6% alla fine del 2018). Lo rileva l’Istat. Invece, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Nel primo trimestre del 2019 il rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 4,1%. Lo rileva l’Istat, evidenziando come l’incidenza dell’indebitamento sia “scesa lievemente” rispetto allo stesso periodo del 2018. L’Istat diffondendo il dato ricorda che il deficit mostra un andamento stagionale e che il confronto può essere fatto solo su base annua. Per continuare a spendere, e a generare una dinamica espansiva dei consumi che pure c’è stata, gli italiani hanno dunque dovuto fare inevitabilmente ricorso a quella parte delle entrate familiari che fino a poco tempo fa tendevano ad accumulare e a mettere da parte.

Con un’inversione di tendenza, obbligata dalla diminuzione del reddito, non di poco conto. Quei risparmi da popolo «formica» hanno tradizionalmente sostenuto le famiglie anche nei momenti meno rosei dell’economia e, in contrapposizione alla crescita del debito publico, hanno ridotto al minimo il debito privato degli italiani, costituendo un baluardo di resistenza persino nel giudizio delle agenzie di rating e nell’esposizione italiana sui mercati finanziari.


Nel mondo dei consumatori cresce intanto l’allarme per la condizione delle famiglie. Secondo Confesercenti il potere d’acquisto è ancora di 2 miliardi di euro inferiore rispetto al 2011. «In sette anni – denuncia l’associazione – le famiglie non sono riuscite ancora a recuperare quanto perso durante la recessione». L’Unc (Unione nazionale consumatori) parla di «paese che arretra», mentre il Codacons chiede al governo di intervenire per rilanciare la capacità di spesa.

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