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Crisi di Governo, Conte otterrà la fiducia al Senato? Ne parliamo con il Prof Cazzola

Il dibattito del giorno data la crisi di Governo in atto é chiaramente incentrato sulla fiducia che il Presidente Conte sta cercando di ottenere anche al Senato, dopo aver avuto una netta maggioranza assoluta alla Camera. Sulla questione delicata al fine di rispondere alla domanda che i più si stanno facendo in queste ore: ‘Conte riuscirà o meno ad ottenere la fiducia al Senato?‘ abbiamo voluto chiedere un parere autorevole al Professor Giuliano Cazzola, giusvalorista, eletto deputato nella XVI Legislatura ove è stato vice presidente della Commissione Lavoro e relatore di importanti provvedimenti legislativi. Pubblichiamo il suo minuzioso ed arguto elaborato e lo ringraziamo per la solita disponibilità al confronto che lo contraddistingue.

Crisi di Governo, Cazzola: Conte si appresta ad assicurarsi la fiducia relativa al Senato

Approfitto della cortese ospitalità per consentirmi delle previsioni sull’esito finale di questa crisi ‘’interrotta’’. A mio avviso, dopo aver ottenuto una netta maggioranza assoluta alla Camera, il governo Conte 2 si appresta ad assicurarsene una relativa al Senato. Due voti che gli consentono di proseguire in maniera conforme alle norme e alla prassi costituzionali. Dal Colle più alto hanno fatto sapere all’avvocato Conte (copyright Giorgia Meloni) che la soluzione che si profila e più <<politically correct>> di quella di raccattare qua e là dei sedicenti responsabili – mediante la mediazione di un sensale come Clemente Mastella – allo scopo di arrivare a quota 161.  

Quella di Conte sarà una vittoria di Pirro? Lo vedremo. Di certo è una sconfitta di Renzi, anch’esso travolto dal destino cinico e baro di chiamarsi Matteo. Quello di Renzi è stato, infatti, un ‘Papeete di Natale’ (copyright Andrea Orlando), a cui quello estivo non aveva insegnato nulla. Ma se l’errore al solleone dell’altro Matteo ha rappresentato un colpo di fortuna per il Paese (anche in questo caso va ricordato un pezzo di bravura di Conte quando, col suo discorso al Senato, mise fuori gioco il leader della Lega, ritenuto fino a quel momento invincibile), l’intemerata di Renzi ha messo in pericolo il futuro prossimo degli italiani, rischiando le elezioni anticipate, la vittoria della destra-destra e di conseguenza la consegna nelle mani di Salvini e Meloni del malloppo di 209 miliardi del ex Recovery Fund che, probabilmente, non l’avrebbero neppure voluto.

Purtroppo la realtà è quella che appare evidente. L’Italia non è il Paese a cui è assegnata, nella ripartizione del ‘’tesoretto’’, la quota maggiore, solo perché è stata maggiormente colpita dalla pandemia. Per Bruxelles il nostro Paese è in prima linea nella battaglia contro il sovranpopulismo. Non perché abbia delle tensioni eroiche, ma perché ci si è trovato dopo le elezioni del 2018. Ecco perché l’Europa ha investito su di noi, dopo che la maggioranza giallo-verde si è affondata da sola e in Italia è diventato europeista (sia pure a modo suo) anche il M5S.

Non è un caso che qualche osservatore, un po’ più raffinato di chi non vede più in là del proprio naso, abbia sostenuto che con la caduta della ‘’maggioranza Ursula’’ in Italia era in pericolo tutto l’operazione del Next Generatio Eu. Ve li vedete gli elettori tedeschi – con le loro gatte da pelare – o quelli dei c.d. Paesi frugali a finanziare con le loro tasse un governo Salvini-Meloni? E’ la politica, bellezza! Nell’immediato dopoguerra i finanziamenti del Piano Marshall (il cui ammontare complessivo era sottomultiplo del Recovery) non sarebbero mai andati ad un governo avversario degli USA (anche se per la verità storica fu Stalin ad imporre ai ‘’satelliti’’ di rifiutare lo ‘’sterco’’ del capitalismo, in nome – sic! – della sovranità nazionale).

Renzi è stato il primo a cogliere la necessità di sparigliare la coalizione giallo-verde proprio per questi motivi (ovviamente la ricerca di una sintonia con la Ue, perché non poteva prevedere come tutti lo scoppio della pandemia) oltreché (scusate se è poco) di non consegnare alla destra sovranpopulista la Presidenza della Repubblica. E i fatti gli hanno dato ragione nel quadro politico di allora. Ma quelle priorità non sono venute meno e non c’è nulla di più importante del tenere il più possibile quei fronti. Certo le critiche di Renzi avevano un fondamento. E ha fatto bene a porle. Alzando la voce ha ottenuto dei risultati (anche con la pagliacciata del CIAO) e avrebbe potuto acquisirne ancora per poterseli attribuire nel teatrino della politica. Come Salvini nel 2019, si è mandato a quel paese da solo.

Gli alleati gli avrebbero concesso tutto ciò che chiedeva, tranne che un governo migliore. Non per cattiva volontà o per brama di potere del premier venuto dal nulla; ma perché un governo migliore in questo Parlamento, con queste forze politiche non esiste. Se non c’è il meglio nessuno può prometterlo e darlo. Teniamoci  allora un esecutivo – come l’attuale – che farà i compiti assegnati da Bruxelles, piuttosto che il salto nel buio. Matteo Renzi è un esempio di genio e sregolatezza. Una volta ci azzecca, l’altra sbaglia. In questa circostanza il turno toccava all’errore“.

Ringraziamo il Professore Giuliano Cazzola per l’elaborato e per il tempo dedicatoci e ricordiamo a chiunque volesse riprendere parte delle sue considerazioni é tenuto a citare la fonte.

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Erica Venditti

Erica Venditti, classe 1981, dal 2015 giornalista pubblicista. Dall'aprile 2012 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.

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