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Curare l’Hiv è possibile? Il caso del paziente londinese

La notizia della rivista scientifica “Nature” è di quelle che fanno sperare. Un uomo a Londra sembra sia stato curato dall’Hiv, il virus che causa l’Aids, per la seconda volta da quando è scoppiata l’epidemia legata a questo parassita. Il merito è di un trapianto di cellule staminali che il paziente londinese, sieropositivo da 16 anni, ha subito. Quando nel 2012 iniziò la terapia antiretrovirale, gli fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin in stato avanzato, motivo per cui nel 2016 fu eseguito il trapianto di staminali di un donatore con una specifica mutazione genetica che rendeva le cellule resistenti all’Hiv, cambiando in questo modo il sistema immunitario del paziente londinese.

Un primo tentativo di cura attraverso le staminali fu sperimentato su un paziente di Berlino circa dieci anni fa, ma, dal momento che la terapia era decisamente aggressiva, venne sospesa. Infatti, come affermato da alcuni ricercatori, questo tipo di trapianto comporta rischi, e spesso fallisce. La massima cautela è quindi doverosa nei confronti del paziente inglese, in quanto il test risale a 18 mesi fa, ed è presto per parlare di cura.

Numerose forme di Hiv si servono del gene Ccr5, utilizzato dal virus per entrare nelle cellule da infettare. Ci sono però alcune persone portatrici di una particolare mutazione di questo gene, che le protegge dall’infezione, come il donatore sopra citato, il quale possedeva due copie del Ccr5 mutato, risultando così resistente al virus. I ricercatori dello University college e dell’Imperial college di Londra, guidati da Ravindra Gupta, hanno fatto sospendere la terapia antiretrovirale al paziente londinese 16 mesi dopo il trapianto, e 18 mesi dopo, a 35 dal trapianto, non hanno riscontrato traccia del virus nell’uomo. Un tale risultato dimostra, secondo gli studiosi, come il caso di remissione del paziente di Berlino non sia stato un’anomalia, e offre nuovi elementi per lo sviluppo di una terapia di questo tipo.

Negli anni i progressi della ricerca hanno coinvolto, tra gli altri, anche studiosi italiani. Nel 1996 i ricercatori italiani Antonio Siccardi e Alberto Clivio individuarono un nuovo bersaglio molecolare per farmaci antivirali sul virus dell’Aids. Nel 1998 Peter Kwong e Wayne Hendrickson, entrambi ricercatori della Columbia University di New York, lavorarono al progetto sulle foto del virus mentre contagiava una cellula umana. Nel 2008 fu scoperto da un gruppo di ricercatori italiani coordinati da Cesare Peschle dell’Istituto Superiore di Sanita’, con uno studio pubblicato dalla rivista NatureCell Biology, un interruttore unico capace di spegnere sia le metastasi tumorali che l’attivita’ del virus. L’interruttore in questione era un piccolo frammento di Rna chiamato miR-146a, che regolava l’attivita’ di un recettore fondamentale per diversi processi all’interno della cellula. Nel 2015 venne fotografata la struttura del nucleo dei linfociti e scoperte le “tane” dove l’Hiv si nascondeva fino a diventare ‘invisibile’. La ricerca fu compiuta all’Icgeb di Trieste da ricercatori guidati dal professor Mauro Giacca.

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Simona Cocola

Giornalista pubblicista torinese, ha iniziato a collaborare per la carta stampata nei primi anni dell'università, continuando a scrivere, fino a oggi, per diverse testate locali. Ha inoltre lavorato in una redazione televisiva, in uffici stampa, ha ideato una rubrica radiofonica, ed è autrice di due romanzi.

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