BOLOGNA. Due infermieri e un operatore socio sanitario (due uomini e una donna tra i 30 e i 40 anni) sono stati licenziati dall’Azienda Usl di Bologna. Sono accusati di aver dormito in una stanza mentre erano di turno nel reparto di medicina dell’ospedale Maggiore. Il provvedimento è arrivato dopo un’inchiesta interna di cinque mesi, partito dalla segnalazione di alcuni dipendenti.
Questi i fatti. La notte fra il 14 e il 15 gennaio, un anziano paziente suona il campanello, nel reparto di medicina dell’ospedale Maggiore. Ha bisogno di andare in bagno ma non arriva nessuno. Passano i minuti e decide di telefonare al centralino dell’ospedale. L’operatore che alza la cornetta dirotta la telefonata al pronto soccorso: Qui non c’è nessuno, si sentono dire i colleghi del reparto d’emergenza. Preoccupati, si chiedono cosa fosse successo in reparto e decidono di andare a controllare.
“Ho avuto paura che si fossero sentiti male tutti e tre”, dichiara a verbale uno dei dipendenti intervenuti. Invece la scoperta è stata ben diversa: in una stanza adibita a magazzino per il personale, due infermieri e un Oss dormivano durante il turno di guardia. L’inchiesta interna è partita subito. Sono stati ascoltati medici, infermieri, pazienti. I racconti coincidevano tutti. La difesa dei tre (“Non stavamo dormendo, ma seguivamo le notizie al cellulare”), non ha convinto la direzione che li ha licenziati.
“Quello che è successo è molto grave, tutti e tre avevano abbandonato i pazienti – dichiara la direttrice generale dell’Ausl Chiara Gibertoni -. Non ci sono ombre sull’accaduto, agli atti dell’azienda risultano coerenti tutte le testimonianze. I dipendenti devono svolgere una sorveglianza attiva durante l’orario di lavoro“. Per i sindacati, invece, il provvedimento è sproporzionato. “Devono essere sanzionati – dice Gaetano Alessi, segretario Fp-Cgil – ma buttarli in mezzo a una strada è un provvedimento eccessivo”.