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E’ morto Nuon Chea, ideologo del regime dei Khmer Rossi

BANGKOK. Sono trascorsi 40 anni da quando i cambogiani tremavano soltanto a sentire pronunciare il suo nome, poco più di dieci da quando è stato arrestato e appena uno dall’ultima delle due condanne all’ergastolo per crimini contro l’umanità, sterminio, riduzione in schiavitù, torture, persecuzioni per motivi politici, razziali e religiosi. A molti giovani il nome di Nuon Chea, morto a 93 anni, dice poco o niente. Ma durante il regime sanguinario dei Khmer rossi che impose con la forza una società di contadini senza privilegi, né classi, né intellettuali, tutti lo conoscevano come “Brother number 2” (Fratello numero due), gerarchicamente inferiore solo al numero uno Pol Pot.

Nato il 7 luglio 1926 nella provincia nord-occidentale di Battambang, Nuon Chea aveva studiato legge all’Università Thammasat di Bangkok dal 1941 al 1948. Si era unito prima al movimento giovanile del Partito comunista thailandese e poi a quello cambogiano e aveva combattuto nella resistenza contro il potere coloniale francese. Successivamente con Pol Pot organizzò il Partito Comunista di Kampuchea. Dall’aprile 1976 al gennaio 1979 Nuon Chea fu Presidente dell’Assemblea rappresentativa del popolo e Vicesegretario generale del Partito Comunista in Cambogia.

Durante il regime dei Khmer rossi, furono sterminate tra 1,7 e 2,2 milioni di persone, quasi un quarto del popolazione complessiva del Paese. Arrestato molti anni dopo (era il 2007) e condannato a vita per due volte nel 2014 e nel 2018 dallo speciale Tribunale di Phnom Penh imposto dalle Nazioni Unite, “Brother number 2”  aveva espresso “rammarico” ma mai pentimento per i crimini commessi.

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Piero Abrate

Giornalista professionista dal 1990, in passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. È stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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